Il problema non è solo la giustizia ma chi la usa per fare politica
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Con Diciotti se la cavano, il vero incubo è diciotto.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Caro Cerasa ho assistito al suo confronto, a “8 ½’’, con un Massimo Cacciari più furioso e prorompente del solito nel voler “mettere in politica” la linea di condotta di Matteo Salvini nel caso della nave Diciotti. Sembrava di leggere, nelle parole del filosofo, il testo del salvacondotto che il Cardinale Richelieu rilascia alla perfida Milady nel celebre romanzo di Alessandro Dumas: ‘Per mio ordine e nell’interesse dello Stato il latore della presente ha fatto quel che ha fatto’’. All’autonomia della politica non è concesso, in uno stato di diritto, di avventurarsi impunemente nel campo dei reati penali grazie al “salvacondotto” del consenso elettorale. Ma quello che più mi ha sorpreso, nel dibattito condotto da Lilli Gruber, è stata l’ostinazione con la quale alcuni dei partecipanti sostenevano che, tutto sommato, la magistratura avesse fatto, sbagliando, un regalo a Salvini, garantendogli – nel caso di un voto positivo per l’autorizzazione a procedere – di svolgere una campagna elettorale nei panni della vittima. E’ proprio vero, allora, che gli italiani, se interpellati sulla “grande scelta” che ha cambiato la storia del mondo, salverebbero Barabba.
Giuliano Cazzola
Affermare che un politico non può essere indagato perché un’indagine contro di lui può trasformarsi in un generatore automatico di consensi significa ammettere che nell'esercizio delle sue funzioni un politico può commettere reati senza alcun problema. Nel caso di Salvini mi spiace molto per Cacciari ma indagarlo era un dovere della magistratura perché un ministro che sequestra una nave della guardia costiera chiudendo i porti senza poi averli davvero chiusi è un ministro che sa perfettamente di aver fatto qualcosa che non si può fare. E se Salvini non avesse avuto paura di essere processato e condannato avrebbe fatto il contrario di quello che gli ha suggerito l’avvocato e ministro Bongiorno: si sarebbe fatto processare e ci avrebbe aiutato a non pensare che sulla base di “un preminente interesse pubblico” un ministro può commettere un qualsiasi reato.
Al direttore - Non so se è il segno del nuovo corso ma ieri ho letto su Repubblica un editoriale incredibile di Claudio Tito relativamente all’arresto dei genitori di Matteo Renzi e l’editoriale si concludeva con una frase che forse non avrebbe avuto il coraggio di scrivere neppure il Fatto quotidiano. Rispetto a ciò che avrebbero combinato i genitori di Renzi, “non tutto e non sempre può essere a insaputa di qualcuno”. Per smarcarsi dal renzismo forse bastava anche meno.
Mario Martini
L’ex direttore Mario Calabresi ha provato a trasformare Repubblica nel nuovo Corriere. Il nuovo direttore Carlo Verdelli potrebbe tentare di trasformare Repubblica nel nuovo Fatto, ridando centralità alla questione morale e occupandosi di giustizia con lo stesso stile non proprio misurato e non proprio garantista, diciamo, con cui anni fa seguì la farsa di Calciopoli. In bocca al lupo.
Al direttore - I dati su cui fa leva la richiesta di restrizione cautelare, per sua natura urgente, dei genitori di Renzi sono del marzo 2018 e anche la stessa richiesta di arresto risale a cinque mesi fa ma ha magicamente visto la luce lunedì, in una giornata segnata da un evento di straordinario peso politico. Direttore, è solo un caso?
Luca Maffei
La tempistica è sospetta e quando si parla di indagini sulla famiglia Renzi il legittimo sospetto che ci sia qualcosa in più di una semplice indagine è più che legittimo essendoci oggi per un’altra inchiesta un maggiore dei carabinieri di nome Gianpaolo Scafarto indagato con l’accusa di aver manipolato un informativa col presunto scopo – ritengono il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi – di incastrare Tiziano Renzi. Per il resto il punto centrale non è come funziona la giustizia, o almeno non solo questo, ma è come funziona il circo mediatico-giudiziario e come funziona l’ordalia sanguinaria di giornali e televisioni che, per citare il post di un bravo avvocato milanese, Carlo Cerami, usano la giustizia per demolire persone, per scarnificare carriere, per drogare la pubblica opinione e deviare la vita politica del paese. E anche questa volta sta andando così.