Una Rai faziosa può essere neutrale? Silvana De Mari risponde a Vitiello

Le lettere del 5 marzo al direttore del Foglio Claudio Cerasa

Al direttore - Caro Cerasa, ho apprezzato i toni e lo stile dell’intervista che mi ha dedicato l’ottimo Salvatore Merlo. Tutto bene, tranne due eccezioni. Non ho mai pronunciato la frase: “Meglio una faziosità limpida ed esibita che una terzietà subdola”. La “faziosità”, per uno come me curioso e pronto al dialogo con chiunque, è qualcosa di estremamente lontana. Mi sono solo limitato a fare un ragionamento, molto storico, sul giornalismo italiano, notando come autorevoli colleghi siano transitati in Parlamento o in altre istituzioni sotto diverse bandiere politiche (l’elenco è lungo ma tu lo conosci) e che questo per me non era motivo di scandalo. Secondo, da giovane ho militato nelle organizzazioni giovanili del Msi, le stesse nelle quali hanno militato grandi uomini come Paolo Borsellino. Ma non mi sono mai definito, e tantomeno ritenuto, fascista, bensì di destra. Sono nato nel 1962 e se fossi vissuto durante la Seconda guerra mondiale sarei stato certamente dalla parte di uomini di destra come De Gaulle e Churchill. Grazie ancora.

Gennaro Sangiuliano

   

Caro direttore, essere faziosi non significa non voler dialogare con chi la pensa in modo diverso ma significa molto semplicemente essere animati da uno spirito di parte. Per non praticare la terzietà bisogna essere un po’ faziosi e dire di non essere faziosi significa definirsi un po’ terzisti. Con amicizia gollista dunque le chiediamo: davvero ci sta dicendo di essere neutrale? Un caro saluto.


   

Al direttore - Ho letto con molto divertimento l’articolo di Guido Vitiello che mi cita. Guido Vitiello riconosce che dico il vero, nota che lo dico senza grazia: concordo, la proctologia è meno affascinante del cinema. Dato l’onore della seconda pagina, credo di avere diritto ad alcune precisazioni. Prima precisazione. Non sono salviniana. Non appartengo a nessun schieramento politico. Tengo conferenze per chiunque osi ancora invitarmi. Ho dovuto rinunciare a moltissime conferenze (come Luca di Tolve e come Nausica della Valle, cui è appena stata impedita una conferenza a Biella) per le “pressioni” fatte sui proprietari dei locali dai professionisti dell’indignazione, che però diventano professionisti dell’intimidazione: le nostre conferenze devono essere protette dalla polizia. Perché noi tre siamo così pericolosi? Perché affermiamo che la cosiddetta omosessualità non è né genetica né irreversibile. Cambiare si può. Seconda precisazione. Il mio linguaggio non è da professoressa di liceo, ma da medico: è il linguaggio dogmatico (non fumate ché vi fa male, non state troppo al sole ché vi ustionate), l’unico possibile in campo medico, quando si è in possesso di verità inoppugnabile sulla genesi di danni e si voglia trasmettere l’informazione nella maniera più efficace possibile. Guido Vitiello è rimasto sconvolto guardando delle diapositive: non ha idea di cosa sia guardare una lesione vera, su una persona vera e sapere che quella lesione sarebbe stata evitabile, che è frutto di un comportamento dannoso e reversibile. Terza precisazione. “Io sto al sesso come Davigo sta alla giustizia”. Io non parlo di sesso, parlo di erotismo anale: è pericoloso come pericolosi sono fumo e tossicodipendenza. L’erotismo anale non è sesso, è la sua negazione. Il sesso si fa con gli organi sessuali, detti anche riproduttivi, non col tubo digerente, è la somma di tutti i piaceri, è un piacere sublime, grazie all’orgasmo, complesso evento neurofisiologico per il quale occorrono organi specifici che nel tubo digerente non ci sono e meno che mai nella prostata, e può portare alla nascita di bellissimi bambini e in effetti sarebbe questo il suo scopo biologico. Quello che si fa da soli si chiama autoerotismo, quello che si fa con uno che ci somiglia omoerotismo, e sono la negazione del sesso: chi li pratica se ne accontenta e rinuncia alla sessualità vera, quella dove tutti i partecipanti possono avere un vero autentico orgasmo, che, ripeto nasce solo nei veri organi sessuali (diffidate delle imitazioni), e da cui possono nascere bambini (primo scopo biologico di tutta la faccenda). Quarta precisazione: mi si accusa di essere cattolica. In effetti questo è vero, cattolica dura e pura, messa in latino e rosario, come Chesterton e Guareschi. E’ già un crimine? Concludo ringraziando il Foglio e il professor Guido Vitiello docente di cinema per la spettacolare pubblicità: persone che non mi avevano mai sentito nominare mi stanno contattando. Mi raccomandano di non mollare. Tranquilli. Non mollerò. Continuerò a dire che cambiare si può e che ne vale la pena.

Silvana De Mari

  

Risponde Guido Vitiello: Sorvolando su qualche imprecisione nella replica di Silvana De Mari – non mi sono mai sognato di riconoscere che “dice il vero”, non ho scritto che è salviniana, non l’ho “accusata” di essere cattolica (a proposito, ma Bergoglio non era un antipapa?), l’ho semplicemente riferito, e soprattutto non ho mai visto una diapositiva di lesioni anali in vita mia né intendo cominciare oggi – sono felicissimo di averla divertita: è il piacere sublime della presa per il culo, il vero autentico orgasmo. La terza precisazione, tuttavia, è rivelatrice. Quando Giuseppe D’Avanzo scrisse che con il metodo Travaglio si poteva infangare anche Travaglio, lui in risposta cacciò fuori assegni ed estratti conto della sua famigerata vacanza in Sicilia per dimostrare che non gli era stata pagata da personaggi in odore di mafia: sia che fingesse di non capire il senso dell’obiezione di D’Avanzo, sia che non la capisse davvero, restava intrappolato nella sua ossessione questurina. Ecco, mutatis mutandis (e no, non mi riferisco al cambio di culottes), discolparsi dall’accusa di fissazione anale con una disquisizione sul tubo digerente mi sembra appartenere allo stesso circolo vizioso (nessun riferimento al circolo Mario Mieli). Anche dalle idee fisse guarire si può. E ne vale la pena.

 


 

Al direttore - Caro Cerasa, sia il premier, Giuseppe Conte, sia il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sono stati perentori nell’escludere l’ipotesi del trasferimento della proprietà delle riserve auree dalla Banca d’Italia al Tesoro, dopo avere citato le norme (a partire dal Trattato Ue) e le specifiche situazioni di diritto e di fatto che attribuiscono la proprietà alla stessa Banca. Tuttavia, non è affatto chiaro se vi sia o vi sarà una desistenza da parte dei presentatori di tale proposta in Parlamento, a cominciare dall’on. Claudio Borghi. Se ciò non accadesse e se si operasse per portare avanti anche l’altra proposta, quella sull’assurda statizzazione della Banca d’Italia – che potrebbe superare di fatto l’iniziativa sulle riserve – è legittimo chiedere quale sarà la posizione del governo, dopo che Conte e Tria hanno chiamato in ballo norme di rango superiore che valgono sia per le riserve sia per l’impraticabilità, insieme con una nutrita serie di altre obiezioni sul piano giuridico innanzitutto, della statizzazione di un Istituto che è già di diritto pubblico: sarebbe, per quest’ultimo profilo, un caso mai avvenuto. Non credo che l’“arbitro” Conte possa mediare su questi argomenti, date le norme cogenti che li riguardano. Ma, certamente, potrebbe esternare la posizione (contraria) dell’esecutivo, dato che egli rappresenta appunto il governo, su tali proposte e far valere questa linea anche nell’ambito dei rapporti nella maggioranza. Lo farà? Ma dopo aver detto quel che ha detto, e in Parlamento, potrà mai assumere un atteggiamento imitativo dello struzzo?

Angelo De Mattia

P.S. Il riferimento ciceroniano contenuto nella recente lettera indirizzata a Lei dall’on. Borghi è “quousque tandem…” non “usque tandem…”. Come nel caso delle riserve auree, la citazione è forma e sostanza.


   

Errata corrige. Sul Foglio di sabato abbiamo scritto che “Povera patria”, su Rai 2, il 25 gennaio, con Salvini ha fatto il tre per cento. La puntata con Salvini, in realtà, ha fatto il 5,8 per cento, il tre per cento segnalato era un arrotondamento al rialzo dell’ultima puntata, arrivata al 2,69.


  

Al direttore - Scusi è qui che si bestemmia? No, veramente né qui né altrove si bestemmia, ma che dice? Niente, che vuol che dica: ho bisogno davvero di schiacciare un moccolo. Ma si rende conto delle botte che si piglia facendo finta di non esserci nemmeno stati. Una meteora spenta è una sassata che se ti prende in pieno, fa male. Si ha un bel dire qualsiasi cosa si dica, il fatto è che la pietra tombale su l’esperienza più ardita è più efficace della storia del nostro Paese ha fatto flop e naturalmente c’è chi non ha mai avuto ragione che ora ha fatto bingo. Riprende posto a bordo, prima come per caso sedendo vicino al finestrino e poi alla prima occasione proverà di nuovo a dirottare il volo. Non lo fa per cattiveria, caso mai per scemenza. Turbolenze in arrivo garantite anche se dovremmo approfittare per correggere la perdita di controllo del sistema paese. Cioè dovremmo occuparci di restituire la guida dell’Italia agli italiani medi. Né troppo, né poco. Chiaro è che la misura è delicata e non stiamo a ripetere la storia di dove eravamo quando il fenomeno che oggi pare tramontare occupò la scena. E’ inutile ripetere, vi entra da una parte e vi esce dall’altra. Che ce ne frega a noi di quanti sono i residenti in Parlamento, di quanto costano, di cosa fanno. Sventolavano il cappio per finta, volevano tutti restare e per restare dovevano restare tutti. Qualcuno ha persino pensato alla terza camera. Una camera per la terza lettura che potrebbe chiamarsi Senato 2. Che vuoi che ce ne freghi a noi dei diritti per non parlare dei doveri. Chi si ama si sposi, chi è malato si curi, chi è bisognoso chieda. Più facile di così. Ognuno in casa sua e prima di tutto noi. O loro. Loro o loro ? Tutti contenti i giornali e questo è già un risultato. Squadre per il massaggio cardiaco ai i renziani che hanno perso Renzi che nel frattempo c’ha la Vespa nuova. La foto non se l’è persa nessuno. Contate fino a tre e vedrete che la trattativa tra le componenti del Pd riprenderà il posto che le spetta tra la prima e pagina 19. La stampa, signora, insieme alla banca e alle armi fanno quel che possono per renderci la vita l’incognita che attraversiamo. Ma non da ora, da sempre.

Guelfo Guelfi

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