Mille auguri a Macaluso
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Record: espulso prima della costruzione dello stadio.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Sul caso Imane Fadil, ho sentito con le mie orecchie il pm Tiziana Siciliano dire: “Per noi all’80 per cento si tratta di morte naturale”. Queste parole non le trovate su nessun giornale in nessun sito in nessun tg. Ai media piace da morire tenere in piedi la tesi dell’omicidio e spesso indicano anche il mandante. Poi si lamentano perché perdono sempre più copie.
Frank Cimini
Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte – diceva Joseph Goebbels, che se fosse vivo sarebbe un perfetto editorialista delle gazzette delle fake news – e vedrete che diventerà una verità.
Al direttore - Tra certezze e contraddizioni la campagna elettorale per le europee è ufficialmente aperta: Luca Casarini salva i migranti (Salvini esulta e vede aumentare i voti); Giuliano Pisapia si candida perché il Pd di Zingaretti è più inclusivo (tranne per le idee e i voti); il pentastellato presidente del Consiglio comunale di Roma arrestato per corruzione (Innocente fino a prova contraria, onestà-tà-tà e boccaloni pronti a rivotare M5s); Silvio Berlusconi s’è tolto un’ernia inguinale (per motivi diversi, la procura e Forza Italia si chiedono cosa c’è dietro).
Valerio Gironi
Al direttore - Secondo lei che cosa avrebbero risposto le “gretiste’’ e i “gretisti’’ di casa nostra – manifestanti irriducibili contro l’inquinamento e le emissioni di CO2 – se i cronisti avessero chiesto la loro opinione sulla Tav?
Giuliano Cazzola
Sono certo che avrebbero fatto una rapida analisi costi-benefici e avrebbero capito quello che il ministro Toninelli, con la solita intensità, non riesce a capire: essere collegati con il mondo è il modo migliore per avere un futuro pieno di opportunità.
Al direttore - C’è qualcosa di poco chiaro nel teatrino improvvisato lunedì dal ministro Toninelli e dal premier Conte sul moncone dell’A33, la Salerno-Reggio Calabria del nord, la mitica incompiuta Asti-Cuneo. Dopo anni, sono comparsi su quel viadotto caschi da lavoro, un gazebo e un tavolo con sopra dei progetti, tutto rigorosamente con il logo del concessionario, comprese le pettorine arancione fiammante. Indossate anche dai dirigenti che illustrano al presidente Conte e al finto nemico dei concessionari, il ministro Toninelli, il progetto per terminare i fatidici 9 km mancanti. Lo stesso progetto scelto dal ministro Delrio, 350 milioni con tracciato scoperto anziché 900 per realizzare il tratto in galleria. Ma finanziato in maniera diversa, come spiega uno dei gilet arancioni. “Non più con una proroga di quattro anni sulla Torino-Milano, ma con una modalità che avevamo…”. Avevamo? Ma la correzione è fluida, il lapsus quasi non si percepisce “che ci avete, ovviamente, suggerito come ministero, differente”. Lo si sentiva distintamente nella diretta Fb di Giuseppe Conte, ora sostituita da 30 secondi spot del premier sull’orlo del viadotto. “Differente”: non più finanziata da una proroga di quattro anni della concessione sulla Torino-Milano, sottoscritta da Delrio di fronte a Margrethe Vestager, suprema guardiana della concorrenza europea. Bensì dall’aumento del valore di subentro sulla prossima gara per la stessa autostrada, nel 2026. Da pagare al concessionario uscente, se non vincerà lui, ma che così… potrebbe essere l’unico partecipante alla gara. Parliamo, già oggi, di diverse centinaia di milioni di euro. Quello del valore di subentro è un meccanismo fortemente limitativo della concorrenza: per la firma degli accordi con i quali Delrio sbloccava 5,8 mld di investimenti nelle autostrade italiane, A33 compresa, la commissaria Vestager aveva chiesto di circoscriverlo. Non sarà limitativo della concorrenza, aumentarlo di 350 milioni? Forse qualcuno pensa che le elezioni del 26 maggio possano servire ad ammorbidire le regole europee. Forse nemmeno gli importa. Intanto si è girato uno spot, e si dice che i cantieri partiranno in estate… dopo le europee naturalmente. Si straccia un accordo firmato, si fa partire una nuova procedura per aiuti di stato. Chissà se fra tre mesi ci sarà anche solo un governo per portarla avanti. Con buona pace dei cantieri che potevano partire nel 2018, e dei piemontesi che aspettano quell’autostrada da 30 anni.
On. Chiara Gribaudo
Al direttore - Quando un amico taglia il traguardo dei novantacinque anni, è ovviamente una bella notizia. Se poi questo amico si chiama Emanuele Macaluso, la notizia è splendida. Perché la sua vitalità intellettuale dimostra che l’età che conta è quella della mente, mentre l’età anagrafica non è di per sé indicativa di nulla. In un paese in cui la retorica del giovanilismo ha assunto talvolta aspetti grotteschi, si tratta di una verità che non andrebbe mai ignorata. “Se non scrivo, se non comunico quello che penso, per me è come morire”, confessava Emanuele nella prefazione al suo ultimo saggio, “La politica che non c’è” (2016). Per appagare questa indomabile passione ha trasferito ormai da tempo “em.ma”, la sua mitica firma, sul più popolare dei social network. Quasi ogni giorno ci regala così su Facebook un corsivo dalla prosa asciutta e tagliente, che nulla concede alle seduzioni della nostalgia. Emanuele scrive non per rimpiangere un passato che non c’è più, per lamentarsi delle proprie delusioni o per dare sfogo alle proprie inquietudini. Egli è infatti un combattente “totus politicus” con i piedi ben piantati nella vicenda del movimento operaio novecentesco, ma con la testa costantemente rivolta a indagare il presente e a scrutare il futuro possibile della sinistra italiana ed europea. Di una sinistra ancora in cerca di risposte nuove alle domande antiche di libertà e di eguaglianza. Di una sinistra oggi in debito di consensi, anche per il suo fiacco legame con la multiforme realtà del lavoro moderno; e in crisi di identità, anche per una insensata rottamazione della sua storia. Qui lo sguardo del più eretico dei togliattiani si fa talvolta impietoso, ma il suo stile non è certo quello del predicatore saccente. Perché la preoccupazione che più lo assilla è il cedimento degli argini democratici a un populismo aggressivo e arrembante, il venir meno delle conquiste sociali e civili a cui ha partecipato da protagonista fin dalla nascita della Repubblica. “Il futuro ha un cuore antico”, recita il titolo del libro di Carlo Levi. Emanuele ne è stato sempre convinto, e non per caso ha posto in calce a uno dei suoi testi più maturi, “Comunisti e riformisti” (2013), un proverbio cinese che dice: “Chi prende l’acqua da un pozzo non dovrebbe dimenticare chi l’ha scavato”. Ma di una cosa deve essere sicuro: chi ha avuto la fortuna e il privilegio di conoscere la sua etica della responsabilità, le sue battaglie culturali e politiche non può dimenticarlo.
Michele Magno
Auguri auguri auguri!