Per i populisti, la giustizia è solo propaganda politica. Buona Pasqua
Al direttore - Cioè la sfida è tra chi non sa come fare la finanziaria 2020 e chi non sa come raccogliere la spazzatura a Roma?
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Com’era quella storia delle svolte garantiste di Lega e M5s?
Paolo Parini
I litigi giudiziari tra la Lega e il M5s dimostrano ancora una volta, come se fosse necessario ricordarlo, che i partiti populisti considerano la giustizia non come qualcosa da proteggere dagli istinti barbarici del cambiamento ma come uno strumento di propaganda politica. Senza accorgersi che quando si attiva il ventilatore della melma qualche schizzo in faccia prima o poi arriva anche a te.
Al direttore - Nella seconda balza del Purgatorio (Canto XIII), Dante raffigura gli invidiosi con gli occhi cuciti da un filo di ferro. Il contrappasso analogico è chiaro, in quanto vissero guardando sempre con rancore il proprio prossimo, godendo delle sue disgrazie: “Fui delli altrui danni lieta assai”, confessa la senese Sapìa perché i suoi concittadini ghibellini erano stati sconfitti dai guelfi fiorentini nella battaglia di Colle Val d’Elsa (1269). Quello che oggi i tedeschi chiamano “Schadenfreude” non è certo un sentimento nuovo, come mostra il padre della nostra lingua. In questi giorni lo abbiamo visto all’opera sui social network, in una valanga di tweet festosi per le fiamme che divoravano la cattedrale di Notre-Dame. C’è stato perfino chi, di fronte alle cospicue donazioni promesse per la sua ricostruzione dai due big francesi del lusso, li ha dipinti come grassatori del popolo in cerca di pubblicità a buon mercato. La verità è che, se il (forse) più odioso dei vizi capitali affonda le sue radici nella mano omicida di Caino, nell’èra del populismo trionfante l’invidia sociale sta diventando un fenomeno di massa, che porta immancabilmente al disconoscimento del valore della solidarietà e della stessa carità cristiana. E’ qui che un peccato mortale per il buon Dio si può trasformare in un veleno letale per la democrazia italiana. Sono tempi bui.
Michele Magno
Al direttore - E’ molto appropriato il Suo commento, pubblicato il 19 aprile, sull’economia italiana, che muove dai contenuti del Bollettino trimestrale della Banca d’Italia: né collasso, né terapia sulla base di ciò che è percepito, insomma sull’epidermide, questa può esserne la estrema sintesi. Naturalmente, il Bollettino è meramente congiunturale; quindi occorrerà tempo per analisi e valutazioni stabili. Intanto, nella stessa giornata, giovedì, 18, in cui si è data notizia dei segnali di un ritorno alla crescita, sia pure “micro”, il governatore, Ignazio Visco, opportunamente ha ricordato che i mercati internazionali guardano con apprensione all’Italia sia per la sua capacità di continuare nella ripresa, sia per il timore che dal lato degli equilibri e delle compatibilità della finanza pubblica non vi sia l’attenzione necessaria. Tralascio, qui, i ben noti problemi strutturali tuttora irrisolti. L’economia, da un lato, che presenta qualche segno di risveglio, anche se una rondine non fa primavera, e la politica economica e di finanza pubblica, dall’altro, che vivacchia tra rinvii, falsi obiettivi, rischi di isolamento, conditi, di tanto in tanto, da insensatezze e, invece con maggiore frequenza – quasi quotidiana – da contrasti intestini. Fino a quando la divaricazione reggerà senza provocare ulteriori gravi danni, oltre a quelli già arrecati?
Angelo De Mattia
Il problema non è quanto regge l’Italia all’onda populista. Il problema è come sarebbero andate le cose se al posto di avere un governo che gioca ogni giorno con la fiducia del paese avessimo avuto un governo capace di usare i fondamentali del nostro paese non per resistere ma per ripartire. Buona Pasqua a tutti.