Il governo Barabba e Salvini. Patrimoniale, se non ora quando?

Le lettere del 3 maggio al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Antica sapienza democristiana: “Dicono che il popolo ami più Salvini dell'attuale pontefice. E’ probabile. Del resto, anche Barabba vinse il primo ballottaggio” (Gianfranco Rotondi su Twitter).

Michele Magno

      

D’altronde, a voler rubare una splendida battuta di Antonio Polito, come ci ha dimostrato il Movimento 5 stelle con il caso Salvini, era dai tempi di Barabba che non si affidava a una piazza la decisione su un rinvio a giudizio.


   

Al direttore - Mi ha fatto riflettere un brano tratto dal libretto – della collana edita dal Corriere della Sera – sul processo a Socrate: “Non esisteva, in verità, una legge che prevedesse con lessico chiaro e puntuale tutte le azioni umane che rendevano meritevoli i loro autori di essere chiamati empi e di essere pertanto condannati”. Così ho scoperto che anche nell’Atene del 399 a. C. era previsto un reato (di empietà) con le medesime caratteristiche del nostro concorso esterno in associazione mafiosa.

Giuliano Cazzola


      

Al direttore - Nella sua intervista al Foglio, il senatore Monti – sollecitato a proposito di una futura patrimoniale – ha detto: “Non ci sarebbe nulla di strano. Una patrimoniale annuale ad aliquota moderata esiste in vari Paesi che consideriamo civili come o più del nostro”. Questa risposta stupisce un po’. L’autore, infatti, era Presidente del Consiglio quando fu varata la più pesante patrimoniale ordinaria che si ricordi, e che è tuttora in vigore. Introdusse, infatti, l’Imu, portando da 9 a 25 miliardi di euro (un aumento del 180 per cento da un giorno all’altro) il gettito annuo dell’imposta locale sulla proprietà immobiliare; gettito poi sceso agli attuali 21 miliardi annui per effetto dell’eliminazione, da parte del Governo Renzi, della quota (minoritaria: circa 4 miliardi) riguardante la “prima casa” (salvo quelle considerate – con parametri non affidabili – “di lusso”). E allora? Non è una “patrimoniale annuale” quella che ha inciso sugli immobili, dal 2012 a oggi, per ben 150 miliardi di euro? Gli effetti devastanti che questa tassazione spropositata sta provocando sulla crescita, sull’occupazione, sui consumi, sono ormai riconosciuti anche dai molti che prima li negavano. Bisognerebbe, quindi, ridurla (almeno), a beneficio dell’intera economia. Invece, che cosa si fa? Si continua a parlare di (nuove) patrimoniali. Ben sapendo, poi, che l’unico patrimonio che non sfugge è, per l’appunto, quello che non si può nascondere. Cordialità.

Giorgio Spaziani Testa, Presidente Confedilizia

    

Patrimoniale o non patrimoniale la situazione non è comunque incoraggiante, parlando di tasse. Nel 2013, la pressione fiscale italiana (tutti i tributi, più tutti i contributi, in rapporto al pil) era salita al 43,6 per cento del prodotto. Nei quattro anni successivi, è costantemente diminuita (di 0,3 punti nel 2014, di 0,2 punti nel 2015, di 0,7 punti nel 2016 e di 0,2 punti nel 2017). Nel 2017, è arrivata al 42,2 per cento del pil. La legge di Bilancio gialloverde, per il 2020-’21, dispone un tale volume di aumenti di tasse da riportare la pressione fiscale sopra il 43,8 per cento del pil. Il ministro Tria, nell’intervista rilasciata oggi al Foglio, dice che le tasse non aumenteranno. Nel frattempo però sono già aumentate.

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