La Lega ha un progetto e fa paura. Il rischio di una chiesa troppo umana
Le lettere del 30 maggio al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Professoroni, giornaloni, commissarioni... manovrina.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Il merito principale dell’intervista del card. Müller al Corriere della Sera dell’altro giorno è quello di aver ribadito un punto che dovrebbe essere ovvio ma che invece ovvio non lo è per niente. Ossia che la prima (e unica, per certi aspetti) preoccupazione della chiesa è la fede, non la politica. Fedelmente a quel “date a Cesare quel è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”, concetto ribadito, mutatis mutandis, dal Codice di diritto canonico quando proprio in chiusura, con il canone 1752, ricorda che “suprema lex salus animarum”, la legge suprema che guida l’operato della chiesa è la salvezza delle anime. Si dirà, come in effetti dicono i soliti benpensanti, che la cura d’anime non esclude e anzi in certe situazioni e in certi contesti richiede anche, non solo ma anche, una presa di posizione e più ancora un’azione vera e propria di tipo, diciamo così, sociale. Vero. Ma nel giusto ordine: prima la fede, poi le opere. E fermo restando, come pure ha giustamente ricordato il card. Müller, che esiste un’autonomia delle realtà terrene che va rispettata. Per certe questioni bastano e avanzano i governi, che in più di una occasione (e non mi riferisco a quello italiano ma in generale) hanno dato prova di saper gestire di più e meglio della chiesa i problemi che affliggono le società. A meno che, appunto, qualcuno non pensi che la cartina di tornasole per avere l’attestato di buon cattolico sia l’atteggiamento più o meno accogliente nei confronti dei migranti, più o meno rispettoso dell’ambiente, più o meno attento ai poveri. Suvvia, non scherziamo. Non è per questo che Cristo ha patito quello che ha patito. Ma perché esiste l’inferno, come reale possibilità per ogni uomo. Ben vengano dunque interventi, come quello del card. Müller, che riportano la questione nei giusti binari. D’altra parte, fu proprio il card. Müller a firmare qualche mese fa un Manifesto della fede stranamente (o forse no) silenziato dal giornalista collettivo mentre veniva sbertucciato sui social dai soliti zelanti sacerdoti del religiosamente corretto. Testo che ribadiva i contenuti essenziali del Depositum fidei cristallizzati nel Catechismo della chiesa cattolica e che si chiudeva con un appello, rivolto in primis ai vescovi e ai sacerdoti, ma che in realtà andrebbe sottoscritto da chiunque abbia a cuore le sorti della chiesa. E’ di questo che abbiamo bisogno, di tornare cioè al proprium della missione della chiesa contro la tentazione di predicare un vangelo a misura d’uomo. In ogni epoca la chiesa è chiamata a essere piuttosto segno di contraddizione annunciando la Verità senza fare sconti (per altro non richiesti). Oggi come ieri (e come domani) risuona la domanda di Gesù: “Quando il Figlio dell’uomo tornerà troverà ancora la fede sulla terra”? Non un mondo più giusto, più equo, più sano, più salubre. Ma, appunto, la fede. Il resto viene dopo, molto dopo.
Luca Del Pozzo
Su questo punto sottoscrivo quanto scritto dal nostro amico Sergio Belardinelli nel libro “All’alba di un nuovo mondo”: “Nella denuncia appassionata e sacrosanta dei mali del mondo, primi fra tutti la guerra, la povertà, i disperati che cercano di sfuggirvi, l’inquinamento ambientale, c’è sicuramente la volontà di essere vicini agli ultimi che contraddistingue da sempre il magistero della chiesa e, soprattutto, le sue innumerevoli opere di carità. Ho tuttavia l’impressione che la denuncia delle cause di questi mali che viene oggi dalla chiesa sia troppo umana. E’ un po’ come se, additando il mercato e il liberismo come i principali responsabili, venisse edulcorata la tremenda, tragica, serietà del male che viene denunciato. Con la conseguenza che lo slancio profetico della denuncia si indebolisce proprio per il fatto di apparire troppo legato alle logiche del mondo, al limite, troppo politico e troppo poco escatologico. Un danno, questo, che si ripercuote sia sulla chiesa sia sulla politica”.
Al direttore - L’insipienza dei nostri politici di governo è tale che i nemici dell’Italia non hanno bisogno di fare nulla, tanto l’Italia si fa male da sola. L’ultimo esempio sono le dichiarazioni di Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio della Camera molto vicino a Matteo Salvini, secondo il quale l’Italia “deve avere” un proprio rappresentante nel board della Bce dopo l’uscita di Mario Draghi, anche perché “chiederemo alla Bce di finanziare gli investimenti in infrastrutture dei governi”. Si tratta di una affermazione che non ha alcun fondamento dato che la Banca non può fare ciò per statuto, ma che comunque avrà l’effetto di diminuire le nostre chances di avere un esponente nel Direttivo. Dopo questa dichiarazione infatti chi negli organismi che saranno chiamati a scegliere il nuovo presidente dell’Eurotower e i componenti del board vorrà aprire le porte a un uomo che dovrebbe fare il cavallo di Troia della monetizzazione del debito?
Marco Cecchini
La differenza tra la Lega e il M5s è che il M5s, grazie alla sua incompetenza, non ha idea di cosa fare del potere, la Lega purtroppo sì. E questo potrebbe essere il vero problema di fronte al quale rischia di ritrovarsi nei prossimi mesi l’Italia.