I minibot non sono ancora realtà ma le cavallette intanto sono già arrivate
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Le cavallette: ora il congresso.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Con la consueta grancassa mediatica a supporto, sabato scorso si è svolto a Roma l’ennesimo gay pride. A differenza del congresso mondiale delle famiglie di Verona, che è stato mostrificato in lungo e in largo con una campagna denigratoria a base di insulti e offese degna del peggior squadrismo (ma si sa quanto sappiano essere tolleranti e rispettosi della libertà di espressione altrui i seguaci del politicamente corretto), campagna iniziata per altro con largo anticipo e, vedi mai, senza neanche prendersi la briga di ascoltare prima i vari interventi, a Roma dicevamo non una parola oltraggiosa, non una polemica, nessuna levata di scudi si è vista o sentita da parte di quegli omofobi puzzoni contro l’ormai stantia manifestazione dell’orgoglio samesex. A riprova, con buona pace della narrativa di regime, che il medioevo è altrove, e che oggi come ieri c’è chi predica male e razzola peggio e c’è invece chi predica bene e razzola meglio. La prossima volta, egregi sacerdoti e sacerdotesse sempre pronti a strapparvi le vesti, fateci la cortesia di contare fino a dieci prima di (stra)parlare, grazie. Anche perché in ambito cattolico troverete sempre qualcuno più avanti di voi. Come la diocesi di Torino, dove – udite udite – si è tenuto un corso per “insegnare la fedeltà alle persone dello stesso sesso”, o l’Università Cattolica di Milano, dove di recente è nato un “collettivo omosessuale” che non ha mancato di sostenere il gay pride capitolino; per non dire della fresca nomina del card. Tobin – sì proprio lui, quello che poche settimane fa intervistato della Nbc ha detto che il termine “disordinato”, riferito nel catechismo agli atti omosessuali, è “unfortunate” e “hurtful” cioè infelice e dannoso – a capo della congregazione per l’Educazione cattolica, cioè l’organo sotto la cui competenza ricadono le facoltà ecclesiastiche (e non solo) dove studiano i futuri sacerdoti. Che sarebbe un po’ come invitare il principe Vlad III in arte Dracula a tenere un corso di formazione ai volontari dell’Avis. Ma tant’è. Tutto torna nell’epoca del “nessun dogma”, parafrasando la celebre aria pucciniana. Compreso il fatto che degli “appunti” di Benedetto XVI sugli scandali sessuali, dove il Papa emerito parlava espressamente di “club omosessuali” nei seminari, durante il summit dello scorso febbraio manco l’ombra. Piuttosto, a quando la correzione anche formale della dottrina cattolica in materia di omosessualità?
Luca Del Pozzo
C’è però una differenza, che è poi la ragione principale per cui il congresso mondiale delle famiglie è finito sotto accusa e il gay pride no. Il primo aveva ricevuto il patrocinio di Palazzo Chigi e un evento che riceve il patrocinio indica una vicinanza tra le idee di chi dà il patrocinio e chi lo riceve. Il secondo ha avuto molti patrocini ma quello del governo no. Si è parlato e straparlato da una parte e dall’altra. Ma un conto è straparlare con il sostegno del governo. Un conto è straparlare a nome proprio. No?
Al direttore - In tema di minibot suggerirei un sondaggio tra i parlamentari per sapere se sono disponibili a ricevere quei titoli per il loro compenso mensile; suggerirei poi di sentire anche Davide Casaleggio e la sua disponibilità a ricevere i minibot da parte degli onorevoli grillini e comunque per i suoi ricavi in genere; infine suggerirei a Salvini di sondare gli uffici giudiziari di Genova se per il rientro (peraltro comodo) dei 49 milioni di € euro dovuti dalla Lega la magistratura genovese si dichiara d’accordo. In caso di risposta positiva dai tre “gruppi” interpellati direi che possiamo sentirne riparlare; altrimenti Borghi e i suoi amici (tutti intelligentissimi come lui) tacciano e (per fare un piacere agli italiani) considerino l’ipotesi di andare a casa (e se vogliono una consulenza per tirare avanti dopo avere lasciato il Parlamento sono disponibile e gratis). Cordiali saluti.
Alberto Savoini
I minibot non sono ancora realtà ma le cavallette intanto sono già arrivate.
Al direttore - I governi che vogliono diventare regime hanno sempre una irresistibile attrazione verso gli spazi culturali e della comunicazione: per loro sono potenziali strumenti di propaganda, accumulatori di consenso di cui impossessarsi. Succede così che l’esecutivo gialloverde, dopo avere occupato la Rai, pare che ora stia mettendo gli occhi sulla Treccani, che non è solo la più famosa enciclopedia in lingua italiana ma è un po’ il salotto buono della cultura nazionale. L’attuale presidente Franco Gallo, un insigne giurista che è stato alla guida della Corte costituzionale, è in prorogatio dal 30 aprile ma il ministro per i Beni e le attività culturali, Alberto Bonisoli, in quota M5s, non ha ancora attivato la procedura di nomina del successore con l’indicazione di un nome che deve poi passare al vaglio del Quirinale. Dietro al ritardo si dice vi sia la competizione per la successione tra Lega e M5s ma nella gara ci sarebbero anche esponenti della attuale amministrazione. Ha destato stupore per esempio l’organizzazione di un convegno venerdì prossimo, eccentrico rispetto alla tradizione Treccani ma del tutto in linea con il nuovo clima politico, dal titolo inequivoco: “Dalla dittatura del capitalismo finanziario alla dittatura degli algoritmi”. L’elenco dei relatori compone un mosaico perfetto di esponenti, per lo più di seconda fila per la verità, del populismo italiano di destra e di sinistra. C’è Francesco Prudenzano, presidente di Confintesa, un sindacato erede della tradizione del sindacalismo missino, ci sono Fausto Bertinotti e Stefano Fassina, transfughi delusi del moderatismo dell’ultima sinistra, ci sono Sergio Cesarano e Antonella Stirati, due economisti ferocemente anti austerity, chiude Walter Rizzetto, deputato ex M5s ora di FdI. Non è che la Treccani, che ha avuto tra i suoi presidenti Luigi Einaudi e Rita Levi Montalcini, finirà per essere guidata da una versione in chiave culturale di Marcello Foa?
Marco Cecchini