I troll erano italiani, non russi. Torino, Roma e la profezia funesta di Grillo
Le lettere al direttore del 13 luglio 2019
Al direttore - Ma spostare il Foglio su una linea antieuropea e rimediare qualche rublo? (e niente non mi sono accorto ma questa lettera me l’ha scritta Savoini).
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Invalsi è l’anagramma di Salvini. E ho detto tutto.
Michele Magno
Idioma (senza t) è l’anagramma di Di Maio. E ho detto tutto.
Al direttore - Però a ‘sto punto il silenzio di Pierbirillo è davvero assordante. Non era mai stato zitto così a lungo in vita sua. Che dica qualcosa, perché siamo in crisi di astinenza.
Frank Cimini
“Il nostro alleato per la procura di Roma”, dice Cosimo Ferri, della stessa corrente di Palamara, in un’intercettazione che i giornali amici di Davigo si sono dimenticati di riportare “è Davigo, più Davigo di Ermini”. Ops!
Al direttore - Ricordate gli attacchi dei troll contro Sergio Mattarella ai tempi dell’impeachment? Ieri la procura di Roma, dopo aver ipotizzato contro ignoti i reati di “attentato alla libertà del presidente della Repubblica” e di “offesa all’onore e al prestigio del capo dello stato” ha escluso che in questo caso ci siano troll manovrati da Mosca. Un altro caso di fake news sulla Russia?
Franco Martino
Come scritto dal Foglio esattamente un anno fa, per capire chi ha guidato a maggio del 2018 gli attacchi contro il capo dello stato non occorre parlare di Russia. Occorre solo avere memoria: i troll erano e sono quelli al governo (“Se andiamo al voto e vinciamo poi torniamo al Quirinale e ci dicono che non possiamo andare al governo. Per questo dico che bisogna mettere in stato di accusa il Presidente. Bisogna parlamentarizzare tutto anche per evitare reazioni della popolazione”, disse Luigi Di Maio il 27 maggio 2018) e chissà che dalle indagini della procura di Roma non emerga qualche novità interessante, considerando che in base agli accertamenti affidati dalla procura di Roma alla polizia postale il primo account ritenuto sospetto avrebbe legami con lo “snodo dati” di Milano. Ops.
Al direttore - Per evitare che il “goal”, di cui scrive il vicepresidente Di Maio, si trasformi in “autorete alla democrazia parlamentare” è vitale per il paese che il taglio dei parlamentari – approvato dal Senato in seconda lettura – non si risolva in una mera operazione contabile di “minor costo” conseguito sul taglio aritmetico della rappresentanza. Se sono sincere le preoccupazioni sulla particolare debolezza dalla funzione parlamentare in Italia ciclicamente espresse da pressoché tutte le forze politiche, alla diminuzione del numero dei parlamentari non può non accompagnarsi una riforma dei regolamenti delle Camere, volta a un profondo rafforzamento delle prerogative e dotazioni dei singoli, perché siano messi realmente in grado di esercitare efficacemente le funzioni legislative, di indirizzo e controllo del governo affidate loro dalla Costituzione. In questo quadro è vitale che i presidenti Fico e Casellati da subito si attivino per dotare le Camere di una nuova regolazione legata alla professionalità dei collaboratori degli staff dei parlamentari adeguandosi agli standard comuni agli altri Parlamenti europei. Farlo è un, ancorché tardivo, “atto dovuto” che, come Associazione dei collaboratori parlamentari, attendiamo da decenni.
José De Falcopresidente dell’Associazione italiana dei collaboratori parlamentari (Aicp)
Al direttore - Caro Cerasa, le riporto un post scritto su Facebook da un bravo cronista del Giornale, Paolo Bracalin: “Grazie a Chiara Appendino Milano si è presa le Olimpiadi invernali e ora pure il Salone dell’auto. Dai ancora due anni di questa rintronata a Torino e a Milano ci prendiamo pure la Sacra sindone e il Museo egizio! Ho sempre detto che i sindaci grillini fanno miracoli, per le altre città però”. Da milanese sottoscrivo.
Giulio Tertiani
Anni fa, durante un comizio del M5s, Beppe Grillo fece una promessa solenne: il mio modello di sviluppo per le città italiane sarà quello di Lagos. Lagos risultò essere poi una delle peggiori città del mondo secondo il “Quality of living city rankings”. A Torino e a Roma stanno scoprendo che Grillo faceva sul serio.