Non essere razzisti non vuol dire non poterlo diventare. Viva Pietro Grasso

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 30 luglio 2019

Al direttore - E in Somma?

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Ritengo formalmente ineccepibile la decisione degli arresti domiciliari per Formigoni… sarebbe ora che i giornalisti non gli rompessero le scatole tutte le volte che esce di casa due ore al giorno come la procedura gli consente. E sarebbe ora di un monitoraggio su tutti gli ultra settantenni in carcere per vedere se almeno una parte di essi può lasciare la prigione e godere di benefici per una situazione meno afflittiva. Chiedo forse troppo visto il clima imperante in questo disgraziato paese… e tolgo il forse.

Frank Cimini

 


 

Al direttore - Furiosamente insofferente al perbenismo buonista del Pd, al politicamente corretto delle presunte élite e a chiunque pretenda di catechizzare un paese a lui ormai sconosciuto, avevo visto fino a oggi nella demagogia del Truce una deriva non molto diversa da quella di chi lo aveva preceduto (Cavaliere del lavoro, Comico di successo o Rottamatore che fosse). E sull’immigrazione, per quanto talvolta ci indigni, lo sfoggio di cattiveria fa un po’ parte del gioco. Oggi ho visto una foto di un ragazzo bendato con un messaggio di approvazione da parte dell’attuale ministro dell’Interno del governo italiano. E da cittadino, prima ancora che da avvocato, mi è sembrato che questa volta si sia passato il limite. “Perché c’è il limite papà, ma lui non lo conosce”.

Francesco Compagna

 


 

Al direttore - Il razzismo mi fa orrore. Trovo assurdo che nel 2019 si possa continuare a giudicare un uomo per il colore della pelle o per l’etnia di appartenenza. Viviamo in un’Italia che non riconosco più: un paese che alimenta il suo odio razziale, lo celebra e lo ostenta in ogni possibile occasione. E’ vero che spesso la condizione di irregolarità di alcuni immigrati può creare le condizioni favorevoli al verificarsi di crimini: sia perché costituisce un limite all’inserimento nel circuito socio-economico legale; sia perché l’irregolarità porta con sé inevitabilmente la produzione di alcuni reati. Ma nella morte del vicebrigadiere dei carabinieri a Roma, non si sarebbe mai dovuto parlare di una questione di etnia, ma solo di delinquenza. E’ dimostrato che la delinquenza straniera non aumenta in rapporto diretto con l’intensificarsi dell’immigrazione e non è vero che gli stranieri delinquono più degli italiani. Chi lo afferma enuncia solo delle verità generiche, sfruttando la paura per finalità politiche: tutto questo non aiuta a capire veramente quali dinamiche sociali siano in atto. Se a questo si aggiunge che a uccidere il carabiniere sono stati due giovanissimi americani in vacanza studio si dimostra che chi va in vacanza e si preoccupa di acquistare cocaina per sballarsi e poi è pronto a uccidere con fendenti al cuore per 100 euro è solo un delinquente e ogni parola in più sul colore della pelle o sull’etnia degli assassini del giovane carabiniere è priva di senso.

Meditiamoci sopra.

Andrea Zirilli 

L’Italia non è un paese razzista. Ma se c’è un modo per diventarlo è fare finta di non vedere che in questo momento in Italia c’è qualcuno che ha scelto di trasformare il colore della pelle degli immigrati in una leva per conquistare voti.

 


 

Al direttore - Pietro Grasso – ex presidente del Senato, past leader della sinistra dei senza se e senza ma e già procuratore nazionale antimafia – ha subito sentito il bisogno di commentare il fatto che all’arrestato per l’omicidio di un carabiniere, uno dei presunti colpevoli fosse ammanettato e bendato. Grasso ricorda che lui, quando arrestò Bernardo Provenzano, e dico il Provenzano boss mafioso, gli chiese semplicemente  se avesse bisogno di qualcosa. Dal che si evince che Pietro Grasso è certamente una persona ben educata con una predisposizione innata a regalare voti alla Lega (e mica solo lui!).

Valerio Gironi

Non concordo. Pietro Grasso non è la nostra cup of tea, come si dice, ma nel suo post su Facebook ha detto una cosa sacrosanta rispetto a quell’episodio: “Gli dimostrammo la differenza tra noi e loro: non ci si abbassa mai al livello dei criminali che si combattono, non ci sono e non devono esserci eccezioni. Questo significa essere uomini e donne al servizio dello stato”. Per una volta, viva Grasso.

 


 

Al direttore - Il 19 luglio 2019, il Foglio quotidiano e il foglio.it  hanno pubblicato l’articolo di Luciano Capone, “Savoini e l’invasione della Polonia, Borghi e i minibot. Salviniani alternativi”, nel quale, con riferimento al sottoscritto, si legge: “In altre occasioni Salvini aveva invitato a leggere il libro di Paolo Bellavite, un altro idolo dei no vax, che continua a ribadire la infondata correlazione tra vaccini-autismo”. Tali affermazioni riguardanti la mia figura e la mia competenza professionale sono false e prive di riscontro. Infatti, come  medico chirurgo e professore di Patologia generale all’Università di Verona fino al 2017,  ho svolto ricerca e didattica in campo immunologico e sono autore di numerose pubblicazioni scientifiche, anche di vaccinologia. Il libro “Vaccini sì, obblighi no”, cui accenna l’articolo in questione,  non ribadisce affatto l’esistenza di una correlazione vaccini-autismo, ma evidenzia i possibili danni dell’alluminio e la inadeguatezza delle conoscenze sulle reazioni avverse al vaccino Mpr, citando vari lavori scientifici tra cui una importante rassegna “Cochrane” del dr. V. De Micheli, consulente del ministero della Salute.  Quanto tratto, nei miei lavori e nel libro citato da Salvini, oltre a essere scientificamente corretto, non può dunque essere travisato facendomi apparire come “no vax”.

Paolo Bellavite