La sciocchezza della Dc e del compromesso storico (stoico, al massimo)
Le lettere al direttore del 7 settembre 2019
Al direttore - Di Maio riunisce il governo in esilio?
Giuseppe De Filippi
Ministri riuniti alla Farnesina. E chi si crede di essere? Il ministro dell’Interno
Al direttore - Caro Cerasa, i giornali traboccano di azzardati paralleli storici secondo cui questo governo sarebbe “democristiano”. Mi permetto di obiettare. Non basta mediare, non basta barcamenarsi, non basta conciliare cose controverse, non basta parlare con toni sommessi, non basta evitare di picchiare i pugni sul tavolo, non bastano il diavolo e l’acqua santa, non basta neppure escludere i più truci e faziosi (o almeno uno di loro). La Dc fu una politica, non una tecnica. E la politica non si può mai ridurre solo al metodo. Vedere riproposta la storia democristiana sotto le mentite spoglie dell’ex avvocato del popolo a me pare un modo di raccontare le cose molto, molto fantasioso.
Marco Follini
Chi vede in questo governo un compromesso storico, descrive la nuova maggioranza come se fosse una reincarnazione della vecchia Dc. Chi vede in questo governo solo un compromesso tattico, più stoico che storico, descrive la nuova maggioranza come frutto non di un incrocio di culture compatibili ma come un incrocio dettato dallo stato di necessità. I primi, vogliono che Pd e M5s diventino marito e moglie. I secondi, vogliono che Pd e M5s si facciano al massimo una scappatella. Noi stiamo con i secondi.
Al direttore - Il sovranismo, in un’Europa unita, è un disvalore. Non lo confonderei col nazionalismo (concetto più complesso) che, magari, nell’Europa unita, non sarà un disvalore.
Umberto Minopoli
Al direttore - Non sarà lunga la luna di miele dei mercati per il governo, come Ella lo definisce, del rinnegamento. Il Pd, con Roberto Gualtieri apprezzabilmente nominato ministro dell’Economia, si è assunto un grande onere. L’ordalia sarà il progetto di legge di Bilancio. E in questo caso Gualtieri dovrà sfruttare fino in fondo non solo la sua esperienza e competenza e la credibilità acquisite a Bruxelles, ma anche la rete di rapporti istituzionali europei. Sarà lui a portare per primo la croce. Passa, però, per le decisioni della nuova Commissione non solo sulla flessibilità nei conti pubblici, ma anche sulla riforma del Fiscal compact, la possibilità di una legge di Bilancio che possa validamente stimolare crescita e investimenti con l’obiettivo di incidere positivamente sull’occupazione. Ciò presuppone che si diano certezze sui compiti a casa e, in particolare, sul debito e sulla prosecuzione delle riforme di struttura. A breve si potrebbe presentare un “trio” che può rafforzare la posizione italiana tra Gualtieri, che da Bruxelles rientra a Via XX Settembre, Gentiloni che va, invece, a Bruxelles per ricoprire l’importante incarico di componente della Commissione e di vicepresidente, e fra un po’, come appare possibile, Fabio Panetta che potrà essere designato all’alta carica di membro del Comitato esecutivo della Bce, innanzitutto per la sua non comune competenza in materia di politica monetaria, di Vigilanza bancaria e finanziaria, nonché, più in generale, in economia. Ma i segnali di svolta devono partire rapidamente rinnegando “gli orrori”, come pure Ella scrive, ma anche costruendo con efficacia e tempestività il nuovo. Insomma, un’attitudine “destruens” e “construens”, senza la quale la luna impallidirà presto. Con i più cordiali saluti.
Angelo De Mattia
Nel giro di un mese, da laboratorio del nazionalismo l’Italia è diventata laboratorio dell’anti nazionalismo. L’Europa aiuterà l’Italia ad alimentare questo laboratorio e all’Italia per rendere possibile l’aiuto basterà poco: dimostrare che la flessibilità che verrà richiesta nei prossimi mesi (e un conto è chiedere flessibilità minacciando l’uscita dall’Europa, un altro è chiederla non minacciando l’uscita dall’Europa) verrà richiesta non per far crescere il consenso di un partito ma per far crescere la competitività di un paese.
Al direttore - Le forze politiche devono avere la capacità e il coraggio di confrontarsi sul futuro del paese. Le diatribe tra partiti si sono invece spesso concentrate sul passato e accidentalmente sul futuro. Dobbiamo ricordarci che i cittadini non hanno mai smesso di fare domande, anzi le richieste stanno aumentando e diventando sempre più particolari. Ciò che manca oggi alla politica è la capacità o la pigrizia di cercare risposte complesse a richieste complesse dell’elettorato. Al nuovo governo va ricordato che quando un partito diventa partito di governo, questo dovrà avere doveri nazionali e internazionali che si scontreranno talvolta con la base. E va sempre ricordato che la responsabilità verso il paese viene prima della responsabilità verso il partito. Lo scotto per chi governa è che spesso indebolisca la propria identità di dirigente di partito. Ma come ricordava qualcuno più illuminato di me, questa è la profonda differenza tra politici e statisti: i primi pensano al successo proprio e del partito; i secondi a quello del paese.
Andrea Zirilli