foto LaPresse

Scissioni da rallegrarsi. No patti strutturali tra Pd e M5s. W l'Europa

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Chi tocca Matteo Renzi, muore. E’ bastato costruire un gruppo parlamentare “Partito socialista-Italia Viva” per sollevare polveroni inauditi. I dietrologi vi hanno letto di tutto, in particolare la volontà di battere in testa al governo per provocarne, tra una manciata di mesi, la crisi. In pochi hanno colto il senso del vero senza dimenticare che la scissione dei renziani dal Pd c’era già stata e che la rappresentanza parlamentare poteva accasarsi anche altrove. Veniamo ai socialisti. Scelta libera, ça va sans dire. Dopo oltre due decenni il loro nome torna in Parlamento di fianco al movimento di chi portò, nel 2014, il Pd nel Pse. Nessuna contraddizione, dunque. Coerenza piena. E poi, ovvio, potrebbe – e scrivo potrebbe – aprirsi un ciclo politico.

 

Due questioni. La prima. Nel momento in cui la coalizione nata per dar vita a un “governo di necessita” si trasforma immediatamente in alleanza politica nelle regioni, quella coalizione cambia di segno. Può diventare l’architrave attorno a cui si cementa la nuova sinistra italiana. La rapidità è sospetta: né un progetto comune, nemmeno l’intenzione di costruirlo. Vedremo. Tuttavia l’asse a due non esaurisce una storia. Sommare culture ex comuniste a una piccola parte del mondo popolare e a un partito fino a ieri antisistema non basta a definire il campo di un riformismo competitivo e vincente. Serve di più. Tutto da costruire ma un terzo soggetto aperto a sindaci civici, a democratici senza patria, un movimento che si ispiri alla cultura lib-lab avrebbe pieno diritto di cittadinanza in Italia. La seconda questione. Salvini è in un angolo, ma la pancia rancorosa, rabbiosa, di milioni di italiani non è stata affatto messa a tacere. Un anno fa i socialisti proposero un'alleanza repubblicana che sfidasse la destra radicale. I soli che si dichiararono disponibili furono Speranza e Calenda. Non ne facemmo di nulla, nondimeno il nodo non è stato sciolto. Per fronteggiare una destra che ha sposato il “diciannovismo” e che inneggia palesemente a forme di democrazia illiberale (ossimoro!), servono buone leggi di giustizia sociale e il coinvolgimento di quei cittadini ritiratisi nell’astensione. Immaginare un’area riformista più aperta rispetto a un accordo a due è un errore? Portarvi quel riformismo umanitario e libertario che né Pd né Cinque stelle rappresentano è un errore?

Riccardo Nencini

La scissione, come abbiamo scritto, è stata un errore ma una volta certificato l’errore occorre riconoscere che dalla scissione di Renzi in molti ci possono guadagnare. E in prospettiva avere un soggetto politico che considera il rapporto con il M5s come un rapporto non strutturale ma di necessità (il problema non è l’Umbria, il problema è trasformare l’Umbria in un modello per l’Italia, il problema è entrare nell’ottica di fare compromessi al ribasso su giustizia, ambiente e lavoro trasformando il riformismo in un surrogato del cialtronismo) per il fronte che si oppone al populismo più che un problema può essere una grande opportunità.

 

Al direttore - Una volta tanto a Strasburgo ne hanno combinata una giusta. Con la risoluzione “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa” approvata il 19 settembre scorso, il Parlamento ha equiparato nella damnatio memoriae tanto il nazismo (e fascismi vari) quanto, udite udite, il comunismo. I sacerdoti del politicamente corretto di ieri e di oggi se ne facciano una ragione: la storiella del nazismo male assoluto e del comunismo amico fraterno dell’umanità era, appunto, una favola. Non, intendiamoci, perché fosse sbagliata la prima parte, ma perché era sbagliata la seconda. Con buona pace di chi s'è stracciato la veste alzando un polverone mediatico con un pungente odore di tappo, le dure repliche della storia hanno dimostrato che ovunque il verbo dell’uomo di Treviri abbia attecchito ha portato con sé terrore povertà e miseria (per gli ultimi aggiornamenti citofonare a Maduro Nicolas, Morales Evo e Chavez Ugo). Non solo. Per l'implacabile legge dell’eterogenesi dei fini di vichiana memoria, laddove il comunismo voleva instaurare il paradiso in terra eliminando le ingiustizie, ovunque si è risolto nell’esatto contrario. Anche per questo viene da pensare come sia possibile, ora che la verità sugli orrori del comunismo è nota e documentata, che ci sia ancora qualcuno – anche in certi ambienti sedicenti cattolici – che nel 2019 crede sul serio che il socialismo marxista, seppur riveduto e corretto, possa avere qualcosa da dire. Peccato che a chi ragiona in questo modo sembra sfuggire un piccolo dettaglio: se il marxismo ha fallito non è perché è stato male applicato, ma perché non poteva, nè può essere la risposta ai problemi della società, di ieri come di oggi. Detto altrimenti: Lenin e Stalin hanno fallito non perché hanno tradito Marx, come qualcuno pure dice, ma perché l’hanno messo in pratica. Ed è a causa delle sue falle intrinseche che alla fine è caduto. “Il comunismo come sistema – disse S. Giovanni Paolo II in “Varcare le soglie della speranza”–- è, in un certo senso, caduto da solo. E’ caduto in conseguenza dei propri errori e abusi. Ha dimostrato di essere una medicina più pericolosa e, all’atto pratico, più dannosa della malattia stessa". E noi qui ancora a menarcela con Bandiera rossa la trionferà?

Luca Del Pozzo

Di più su questi argomenti: