La maglietta no euro di Salvini si dimentica entrando nel Ppe

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 2 ottobre 2019

Al direttore - I sedicenni: come osate! Ci avete rubato i nostri 200 parlamentari

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Caro Cerasa, faccio il possibile per distinguere le fake news dall’informazione veritiera: non è semplice. Le pagine web di alcuni quotidiani diffondono notizie che altri giornali non riportano. Mi è capitato di leggere una dichiarazione del leghista Giorgetti relativa a una eventuale adesione al Partito popolare europeo. Questo potrebbe confermare quanto lei scrive a riguardo dell’abbandono di una deriva estremistica da parte della Lega. Troverei, però, preoccupante che il Ppe, già gravato dalla presenza di Orbán, fosse disposto a simili annessioni.

Lorenzo Lodigiani

La politica moderna è fatta anche di immagini e tra le immagini che rendono non presentabile la proposta politica della Lega ce ne sono diverse che riguardano il rapporto di Salvini con l’Europa e con l’euro. Fino a che Salvini darà la possibilità di essere scambiato per quello che andava in giro con la felpa No euro, Salvini continuerà a essere conosciuto in tutto il mondo come il leader di un “anti european party”. Entrare nel Ppe, magari con una lista unica con il Cav., sarebbe la mossa più saggia che la Lega potrebbe fare oggi. E anche per questo c’è da scommettere che non la farà.

 


 

Al direttore - Il lancio del bando per la riqualificazione di via dei Lucani a San Lorenzo ha aperto un vivace dibattito sui contenuti di questa iniziativa e proprio ieri abbiamo letto la posizione dell’assessore Montuori. Purtroppo devo affermare con rammarico che in questo bando, e ancor di più nelle parole dell’assessore, ci sia un attacco ideologico al mondo dell’imprenditoria privata che prediligerebbe il profitto all’interesse pubblico. La capacità dell’amministratore è quella di saper equilibrare i due interessi in campo, quello privato e quello pubblico. Aver escluso in questa iniziativa talune destinazioni d’uso come quella residenziale e turistico-ricettiva, peraltro consentite in quelle zone dal piano regolatore, significa aver danneggiato la Pubblica amministrazione. Limitare la possibilità di proposta, escludendo non solo destinazioni utili e compatibili con il quartiere ma anche necessarie vista la vicinanza di due strutture importanti come l’Università Sapienza e l’ospedale Policlinico, pregiudica l’ottenimento di vantaggi economici proprio per la città. Paradossalmente sarebbe il primo esempio di variante di svalorizzazione. Altro elemento fortemente dissonante con l’obiettivo dell’amministrazione, è quello di aver lasciato al privato la gestione del rapporto con la proprietà che oltretutto, oggi, potrebbe attuare degli interventi in conformità di piano ben più remunerativi di quelli proposti dal bando. Ma mi chiedo, se il privato non deve avere profitti, perché la proposta di intervento non è stata predisposta ed attuata direttamente dal pubblico? Non parliamo poi della procedura a dir poco creativa messa in campo. L’eventuale proposta vincente, verrebbe prima analizzata, poi scomposta e, successivamente, messa in gara, con imprecisati vantaggi per l’ideatore della proposta. Purtroppo, non sembra essere l’unica prova di un atteggiamento contrario al mondo produttivo già fortemente penalizzato. Si è appena manifestata una proposta di delibera consiliare che andrebbe ad azzerare tutta la pianificazione e programmazione urbanistica della città. Continuare con la demonizzazione del ruolo del privato è un retaggio ideologico pericoloso e contrario alla rinascita della città.

Nicolò Rebecchini, presidente di Ance Roma-Acer

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