La competizione fa bene al governo. Conte e lo zero, zero settete
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Ciaone Giuseppi!
Giuseppe De Filippi
Zero, zero settete!
Al direttore - Sono risultate molto efficaci le Sue considerazioni sul valore involontariamente “educativo” dei progettati dazi americani nei confronti dei sovranisti e populisti di casa nostra subito insorti, perché toccati “in corpore vili”, da ciò che significa imboccare la strada che anche essi vorrebbero percorrere, sia pure con altre misure o con atteggiamenti di quasi rottura con l’Unione europea: insomma, è la comoda posizione secondo la quale le chiusure proprie vanno bene, mentre quelle degli altri sono un danno. E’ difficile dire, però, quanto sia stato recepito, fino in fondo nelle inevitabili conseguenze, tale accidentale, ma importante insegnamento che dovrebbe comportare, in particolare, una revisione delle impostazioni politiche, quasi una impossibile riconversione. Del resto, i sovran-populisti nostrani hanno presente quanto sta accadendo, una volta venuto meno il rischio di ridenominazione, con il deciso abbassamento degli spread Btp-Bund e con l’agevolazione dei rapporti in materia di flessibilità con la Commissione Ue, ancora non lesionati (fino a quando?) da una competizione, anche con aspetti infantili, all’interno della maggioranza che è ora divenuta decisamente censurabile. Proprio quando si cerca di costruire una migliore immagine del paese e si riscontra qualche primo risultato, mentre quel che accade ai mercantilisti esteri induce in Italia anche i più renitenti ad aprire gli occhi, non si corre il rischio che la smania di protagonismo e di messa in evidenza, innanzitutto per raccogliere voti, delle forze della maggioranza senza minimamente pensare alla coesione dell’esecutivo, renda illusoria una vita di quest’ultimo che duri per l’intera legislatura? Con i migliori saluti.
Angelo De Mattia
Le rispondo con una domanda: avere dentro alla maggioranza delle forze politiche che competono per spostare il baricentro del governo il più lontano possibile dal buco nero della decrescita grillina è un bene o è un male? Io dico che è un bene.
Al direttore - Quando la politica si adagia sulle suggestioni non costruisce mai nulla di buono. E’ il caso della proposta di diritto di voto ai sedicenni che appare più come una foglia di fico per coprire decenni di inerzia sulle politiche giovanili che non un modo per coinvolgere e rendere davvero consapevoli i più giovani della vita politico-istituzionale del paese. L’Italia è gravata da un debito pubblico che pesa anche sul futuro degli ultimi nati: 35 mila euro ciascuno, per la precisione. Cifra che è il segno di un ritardo enorme in termini di opportunità, crescita e sviluppo. Un ritardo che, peraltro, si registra anche sul fronte dell’istruzione dove viene investito neanche l’8 per cento di spesa pubblica, a fronte del 10 per cento della media Ue. Per poi proseguire con l’immobilismo mostrato di fronte alla necessità di risolvere il disallineamento tra competenze scolastiche e richieste provenienti dal mondo del lavoro. Un problema, questo, che impedisce il virtuoso incontro tra domanda e offerta di lavoro in un paese in cui la disoccupazione giovanile è ancora tra le più alte in Europa. E abbiamo il dovere di ricominciare a investire sul merito e sulle competenze, di credere nella competitività come stimolo per il progresso e per il rilancio del sistema nazione. A partire dai giovanissimi. Senza dimenticare che anche a 18 anni molti ragazzi ancora non sanno quale strada intraprendere, come potrebbero saperlo a 16? E come si può abbassare l’età per il diritto di voto senza prima far sì che i nuovi elettori siano davvero consapevoli dei loro diritti e doveri di cittadini? Sull’educazione civica nelle scuole siamo in grave ritardo e il risultato è che solo il 13,8 per cento degli studenti conosce la nostra Carta costituzionale. In conclusione, la questione giovanile non va affrontata con la retorica o con le lusinghe ma con fatti concreti per dare ai nostri ragazzi le coordinate per la “direzione futuro”. Si inizi da qui, il resto verrà a suo tempo.
Annagrazia Calabria
Due giorni fa, Repubblica ha pubblicato un sondaggio niente male, su questo tema. A dirsi molto o abbastanza d’accordo con la proposta di dare il diritto di voto ai sedicenni è il 25 per cento degli studenti, ovvero uno su quattro. Dove si dimostra la saggezza dei ragazzi: non vogliamo il voto ai sedicenni, non vogliamo che la politica si occupi di farci votare, vogliamo solo che la politica si occupi di noi, magari con un po’ meno demagogia.