Fermare Bonafede. Cassazione, qualche dubbio anche su “Capitale”
Al direttore - Barr a dritta?
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Roma, Cassazione: qualche dubbio anche su Capitale.
Alessio Viola
Al direttore - E’ mafia o no nella vicenda di Roma Capitale? La Cassazione ci dice di no. Dalle vostre righe avevate sempre avuto dei dubbi. Ma era davvero importante associare al virus della corruzione, la parola mafia? E’ necessario oggi capire che il danno più grave che la corruzione arreca all’economia è costituito dall’interferenza che questi comportamenti illeciti hanno sul buon funzionamento di un’economia concorrenziale. Non penso solo all’assenza di una sana competizione, ma alla profonda differenza tra il valore di un’opera o di un servizio realizzato secondo regole di favoritismo e non secondo regole di efficienza. Serve un rigurgito di moralità e la necessaria presenza in economia di norme etiche.
Andrea Zirilli
Al direttore - Sull’articolo di ieri di Pasquale Annicchino osservo che è vano chiedere a Salvini chiarimenti a riguardo delle idee espresse dall’oligarca Malofeev, per venire a sapere se le condivida o no. Salvini non ha e non condivide alcuna idea, né buona né cattiva. E’ un opportunista puro, un demagogo quasi candido: non sa e non vuole sapere dove lo porti il vento. Siamo certi che Salvini alla lunga porterà male anche al suo partito, che in larga parte è diverso da lui. Ma quando? Tra dieci anni o domani? Non lo sappiamo, purtroppo. Un saluto cordiale.
Francesco Molinari
Temo non sia così. Credo che la differenza sostanziale tra il M5s e la Lega sia tutta qui: i primi sono pericolosi perché non sanno quello che fanno, i secondi sono pericolosi perché sanno quello che fanno.
Al direttore - Il suono del governo è un continuo tintinnare di manette. Vogliono la testa di grandi imprenditori da offrire al fanatismo politico, sempre più simile a quello religioso. Esistono industriali in difficoltà economica, costretti, loro malgrado, a non pagare momentaneamente le tasse come estremo tentativo di salvare azienda e lavoratori. Per costoro la risposta è il carcere. Saluti dal Venezuela.
Jori Diego Cherubini
Il carcere come svolta culturale, la fine della prescrizione, le intercettazioni come arma di lotta politica. La continuità più pericolosa tra il governo gialloverde e quello rossogiallo non riguarda i temi legati all’economia ma riguarda i temi legati alla giustizia e in particolare la presenza al governo di un ministro divenuto a tutti gli effetti il Guardasigilli della gogna. Domanda: ma più che discutere degli spiccioli della manovra, gli alleati di Bonafede non dovrebbero forse discutere di cosa significa per un paese come l’Italia applicare il metodo della malafede al settore della giustizia?
Al direttore - La previsione più significativa della riforma inserita all’interno della c.d. legge spazzacorrotti, che dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2020, riguarda il decorso del termine finale di prescrizione del reato, che viene anticipato rispetto alla definitività del giudizio, e si individua nel momento in cui diventa esecutiva la sentenza di primo grado o irrevocabile il decreto di condanna. Sebbene la modifica sia stata inserita nell’art. 159 c. p., quale una nuova ipotesi di “sospensione” della prescrizione, a ben vedere, non si tratta purtroppo di una simile fattispecie, in quanto il termine della stessa non è più destinato a riprendere dopo l’interruzione. In tale contesto, il problema centrale della riforma risiede nel possibile impatto negativo proprio sulla lunghezza dei processi. Senza più la prospettiva della prescrizione del reato dopo la sentenza di primo grado o il decreto di condanna, i giudizi di appello e in Cassazione potrebbero avere una durata superiore a quella attuale. Processi più lunghi o addirittura infiniti, e rischio di incidenza negativa sull’efficienza di molti uffici giudiziari, che rischiano di essere gravati da circa 30.000 procedimenti in più all’anno. Ecco le conseguenze della riforma. Un simile scenario pone allora il problema della violazione di fondamentali garanzie e princìpi di carattere costituzionale, tra cui quello della ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, comma 2, Cost., sancito anche nell’art. 6 Cedu e nell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, nonché della violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e della presunzione di innocenza (art. 27, comma 2, Cost.). Pertanto, prima di ridiscutere la prescrizione è necessario risolvere il tema dell’efficienza e della ragionevole durata dei processi penali. In assenza di una riforma organica al riguardo, il problema dei tempi della giustizia non si risolve colpendo un istituto sacrosanto quale la prescrizione, prerogativa necessaria in uno stato democratico e di diritto. La politica ascolti le ragioni che l’intera classe forense sta facendo valere in questi giorni e lavori per modificare la disciplina in oggetto prima dell’entrata in vigore. I margini per trovare soluzioni equilibrate e rispettose della Costituzione, a mio avviso, ci sono. Basta ragionare e discuterne insieme senza ideologismi di sorta, ma con spirito propositivo e costruttivo.
Piero De Luca, deputato del Pd
Va fermata. Punto. Grazie.