Ohibò: ma dove diavolo sono finiti gli intellettuali demo-grillini?
Al direttore - Se i 5 stelle hanno i candidati loro almeno non votano direttamente Lega. Ottimismo!
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Alla solita domanda contorta (per dire sì occorreva votare no) hanno risposto circa 27 mila grillini, una quota molto modesta degli iscritti accreditati sulla piattaforma Casaleggio. Ecco un caso tipico di “dittatura della minoranza’’.
Giuliano Cazzola
Il grillismo ostaggio di se stesso è uno spettacolo degno del migliore Beppe Grillo. Ve lo do io il grillismo!
Al direttore - Nel 1947 Guglielmo Giannini, il fondatore dell’Uomo Qualunque, ovvero il più genuino antenato del M5s, cercò un’intesa col Pci per rovesciare il governo De Gasperi. Si trovò di fronte non soltanto al diniego di Palmiro Togliatti (altri tempi, altri leader), ma alla vivace reazione dei suoi stessi elettori, i quali gli ricordarono che il movimento era nato proprio per combattere “l’arrivismo spudorato dei mestieranti della politica”. Il 18 aprile 1948 Giannini venne clamorosamente sconfitto nelle urne e scomparve dalla ribalta nazionale. Dopo il voto choc sulla piattaforma Rousseau, ai suoi eredi di oggi forse sta per toccare la stessa sorte. Ma da probabile diventerà certa solo quando Alessandro Di Battista ne diventerà il capo, come auspicato dallo stesso Luigi Di Maio. Chissà se allora tutti quelli che… i grillini sono una costola della sinistra ci regaleranno finalmente un atto di contrizione.
Michele Magno
Ricordo paginate molto impegnate di intellettuali molto impegnati che su giornali molto impegnati si sono dilungati per anni a offrirci analisi molto impegnate per dimostrare quanto fosse salvifico per il Pd e per il paese costruire alleanze strategiche con il M5s. Servirebbe un appello per tirare fuori i nomi di tutti coloro che negli ultimi anni hanno firmato appelli per sostenere quanto fosse importante per il Pd grillizzare se stesso.
Al direttore - Non so se Calenda sia davvero una “risorsa futurista” come scrive il Foglio. So tuttavia che di un Calenda c’è pur bisogno se vogliamo immaginare qualcosa che rassomigli a un decente corso liberal-riformatore che faccia da antidoto al virus populista e sovranista che ha infettato il Pd. Siamo ben consapevoli che le buone idee di Calenda non bastano e che di partitini inutili ce n’è abbastanza. Ma oltre a “lasciare in pace” le sardine (Ferrara) sicché possano fare il loro corso senza casaleggiarsi, bisogna pur fantasticare su quel che accadrà dopo il governo della destra salvinian-meloniana. Il Pd non ce la fa da solo. Chi ciancia della sua “vocazione maggioritaria”, chi inveisce contro gli “scissionisti” dopo avere demonizzato gli stessi come “diversi”, chi continua a scambiare Rousseau per una non-truffa che dovrebbe rinsanguare la sinistra, è pronto a consegnare l’Italia alla favola bella di una sinistra inesistente. Diciamo senza reticenze che il progetto del Pd come partito unico riformatore è fallito: i vizi congiunti del postcomunismo e della sinistra cristiana sono lì visibilmente inerti, senza idee e senza programma. Un progetto di alternativa riformatrice, liberale e non populista, occidentale e non terzista, per il buon governo e non per il sub-potere, non apparirà all’orizzonte senza che accanto a ciò che il Pd rappresenta non nasca un’altra forza capace di esprimere quella parte della società che in occidente si chiama liberaldemocrazia. Sulle due sponde dell’Atlantico le analisi concordano sul fatto che la linea di frattura sociale, politica ed elettorale passa tra città e campagna, fra tradizionalisti e liberali, tra società chiusa e società aperta, tra più istruzione e meno istruzione, tra chi sa gestire oculatamente l’immigrazione e chi sa dire solo “Sì Sì” o “No No”. Da noi pare che pochi vogliano riflettere sui motivi reali del successo ieri dei grillozzi e oggi di Salvini, e molti abbiano intenzione di continuare a usare stilemi logori come il fascismo e l’antifascismo che non portano da nessuna parte. Per questo c’è bisogno di un Calenda che parli chiaro e rifugga dalla gara tra zeloti urlatori che domina i talk-show.
Massimo Teodori
Il movimento di Calenda è come una super sardina, e le sardine meritano rispetto e ammirazione, ma il progetto di Calenda credo che avrebbe avuto capacità di crescita reali non fuori dal Pd ma all’interno del Pd. Ne parleremo con lui oggi a Firenze alla nostra festa.