Fico, Casellati e Di Maio promuovono studi per guarire il clima con la denatalità
Uno studio condotto dal Cespi, in collaborazione con la Camera, il Senato e con il ministero degli Affari esteri, si augura una maggiore “diminuzione dei tassi globali di fecondità” per ridurre l'inquinamento
Al direttore - Ho letto con interesse il suo articolo di mercoledì 4 sulla difesa del ruolo del mercato e del capitalismo nella lotta ai cambiamenti climatici. Sono il primo firmatario di una lettera aperta che ho scritto insieme ad altri scienziati del clima, pubblicata sul Corriere del Mezzogiorno e ripresa da molta della stampa italiana: la può trovare sul sito della Società italiana per le scienze del clima. La lettera è rivolta ai liberisti italiani: proprio per sollecitarli a intervenire nel dibattito sulle soluzioni alla crisi climatica, mettendoli in guardia da un possibile equivoco in cui, ho molto apprezzato, lei non è caduto. La richiesta di azioni che portino a una riduzione radicale e urgente delle emissioni di gas serra infatti è stata accolta – comunque con ritardo – per primi da coloro che invocano un’alternativa al sistema liberista e hanno legato la lotta alla crisi climatica a un’agenda politica di intervento pubblico: ma in realtà nessuno sa quale equilibrio di mercato, regolamentazione, leva fiscale e interventi pubblici sia necessario per vincere questa sfida colossale e progettare un modello economico sostenibile. Abbiamo quindi bisogno che anche il pensiero liberista faccia propria la realtà della crisi climatica e offra il suo contributo per un dibattito sulle soluzioni ricco, alto ed efficace. In questo senso, sarebbe davvero prezioso che il suo giornale potesse ospitare nei giorni a venire contributi di studiosi ed economisti di area liberista, ma anche di altre tendenze, in modo da alimentare un dibattito fondamentale per il futuro del paese e, senza esagerazioni, del mondo. Perché il dato scientifico non offre scampo: se vogliamo evitare i danni peggiori dovuti al riscaldamento globale, dovremo fare in modo che al 2050 le emissioni nette di carbonio siano azzerate. E ad oggi l’occidente, ma anche le economie in via di sviluppo, è lontanissimo da questo obiettivo. Una ragione in più per lavorare tutti insieme, liberisti e interventisti in economia, paesi occidentali e paesi in via di sviluppo: siamo tutti sulla stessa barca, e la barca rischia di affondare.
Antonello Pasini
fisico del clima, Cnr
La sua lettera è interessante ma contiene un difetto. Onestamente, non penso che le campagne in difesa dell’ambiente e del clima siano minacciate da famigerati e irresponsabili liberisti. Al contrario, penso che queste battaglie siano state malamente sporcate da chi ha trasformato la difesa dell’ambiente e del clima in una maschera per nascondere altre battaglie meno nobili. Naomi Klein, qualche settimana fa, in un’intervista al New York Magazine ha detto che se vogliamo occuparci dei problemi legati al clima non possiamo farlo se i grandi del mondo prima non rimetteranno in discussione le oscenità causate dal capitalismo. Ma il problema del metodo Klein non è rappresentato solo da chi usa esplicitamente l’arma dell’ambientalismo come se questa fosse un succedaneo del socialismo. Il problema è rappresentato anche da chi di fronte ai problemi ambientali propone soluzioni destinate ad aggredire il nostro benessere. Un esempio piuttosto sconvolgente è il caso di uno studio condotto dal Cespi, il Centro studi di politica internazionale, che lo scorso 27 novembre ha presentato in Parlamento un progetto in collaborazione con la Camera dei deputati, con il Senato della Repubblica e con il ministero degli Affari esteri, in cui, in vista dell’appuntamento di Madrid, ha fatto il punto della situazione e ha indicato alcuni fattori che contribuirebbero ad alimentare l’emergenza climatica. Tra questi fattori ci sono “l’aumento della popolazione umana”, “il prodotto interno lordo”, “il numero di passeggeri dei voli aerei”.
Due dei grafici che potete trovare nella ricerca “Lo stato di attuazione degli impegni di Parigi sul clima in vista della COP 25 di Madrid”
Esistono però, sempre per il Cespi, alcuni indicatori “parzialmente incoraggianti”, che sono quelli relativi alla “diminuzione dei tassi globali di fecondità”, la cui diminuzione però, nota con disperazione il Cespi, è avvenuta “in modo molto lento negli ultimi vent’anni”. Che fare per il futuro? Molte idee, ma su tutte ne spicca una: “Servizi di pianificazione familiare, rafforzamento dei diritti umani che, al contempo, contribuiscano a ridurre i tassi di fecondità e permettano una più rapida stabilizzazione della dinamica demografica, dinanzi all’aumento attuale di circa 80 milioni di persone all’anno”. Immaginiamo sia questa la stessa idea delle istituzioni che hanno promosso la ricerca. Sarebbe interessante sapere se anche il presidente della Camera Roberto Fico, il presidente del Senato Elisabetta Casellati e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio la pensano allo stesso modo.