Appello contro la boiata pazzesca della commissione sulle banche
Al direttore - A proposito dell’articolo “No, Lannutti no” pubblicato sul Foglio del 17 corrente riguardante la costituenda presidenza della commissione parlamentare di inchiesta sulle Banche, andrebbe rilevato, prima di scendere nel merito delle candidature per tale carica, perché la presidenza in questione debba spettare al Movimento 5 stelle, dal momento che le varie ipotesi alternative che si stanno formulando riguardano, tutte, esponenti di tale movimento, mentre il Pd e gli altri partner della maggioranza tacciono. Significa, ciò, che esiste un “patto”, composto da “prestazioni corrispettive”, “do ut des”, tra le formazioni politiche della maggioranza? Si vuole evitare che passi un nome con una votazione che veda, per esempio, 5 stelle e Lega votare per lo stesso nome e allora si accetta una designazione quale che sia? Va ricordato che, quando esisteva una diversa maggioranza nella scorsa legislatura, il nome prescelto per la presidenza della commissione di inchiesta sulle Banche, che operò nello scorcio della stessa legislatura, fu quello di Pier Ferdinando Casini non appartenente al partito di maggioranza relativa, il Pd. Casini operò egregiamente e i materiali prodotti da quella inchiesta andrebbero attentamente valutati per la messe di riforme e revisioni che possono suggerire. Insomma, se si fosse attribuito “a priori”, sulla base di un “pactum” che non vorrei qualificare, la candidatura per la predetta presidenza ai grillini, allora diventerebbe molto più difficile, nonostante le più che valide motivazioni, contestare scelte specifiche. Con i più cordiali saluti.
Angelo De Mattia
Si parla molto del patto politico che esiste dietro alla nomina del presidente della Commissione di inchiesta sulle Banche, e ci sta, ma si parla poco di un fatto più importante: la commissione di inchiesta sulle Banche andrebbe denunciata non per la presenza di un patto occulto o di un candidato impresentabile ma per il suo essere ancora una volta una stupidaggine colossale, un modo come un altro per esportare la cultura del sospetto in un settore che più che esposto alle sciocchezze della politica andrebbe sempre di più protetto dai politici che usano le banche per fare un po’ di campagna elettorale.
Al direttore - Nel 2021 il governo dovrà sterilizzare più di 20 miliardi di clausole, tra Iva e accise, che diventano circa 27 miliardi nell’anno successivo (relazione tecnica allegata alla manovra di Bilancio). Però quota 100 e reddito di cittadinanza restano un tabù, mentre a Ilva, Alitalia e PopBari continua a provvedere la generosità dei contribuenti. Nel frattempo, c’è chi straparla di fallimenti del mercato. Equivale a definire fallimento del campionato la retrocessione in Serie B della propria squadra del cuore. Come diceva Shakespeare, se non sanno governare almeno tacciano.
Michele Magno
Molti politici tendono sempre più spesso a trasformare i problemi che la politica contribuisce ad aggravare (Ilva, Alitalia, Banca popolare di Bari) in fallimenti del mercato. Lo fanno per dare la possibilità alla politica di nascondere i suoi errori e creare così nuove occasioni per allontanare dal mercato aziende che avrebbero bisogno dei soldi del mercato. Ma una politica che crea danni e che poi non si assume la responsabilità di quello che ha fatto è una politica che contribuisce a rafforzare o a indebolire il tessuto produttivo di un paese? Risposta semplice, purtroppo.
Al direttore - La presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, qualche giorno fa ha dichiarato inammissibile un emendamento dei senatori Cinque stelle che avrebbe avuto l’effetto di regolarizzare il mercato della cannabis light. A destra c’è chi plaude la scelta (come l’ex ministro Matteo Salvini), cavalcandola come scelta di campo di uno stato antidroga, mentre tra le file del governo non si placa la polemica. Purtroppo pochi capiscono che quella della presidente è stata una scelta tecnica, perché le norme “ordinamentali” non possono andare in manovra. Va ricordato ad esempio che la Corte costituzionale, dichiarò la legge Fini-Giovanardi, “illegittima” perché violava l’articolo 77 della Costituzione, che regola la materia dei decreti legge. Il problema era legato al fatto che la materia droga, introdotta con un emendamento al decreto in fase di conversione, non presentava alcuna interconnessione con le disposizioni del decreto legge, che, aveva come oggetto la sicurezza delle Olimpiadi invernali di Torino.
La scelta quindi non è di parte, ma è una decisione di grande sensibilità istituzionale e di profonda conoscenza del diritto. Se la misura fosse stata davvero importante per i senatori che l’hanno proposta, un disegno di legge sarebbe stato lo strumento più idoneo. Ma in Italia da anni, il Parlamento passa il tempo solo a convertire decreti legge.
Andrea Zirilli
Al direttore - Fra tutte le banche che ci sono a Roma tra sedi centrali e filiali proprio la Popolare di Bari sta con lo sportello dentro alla sede del Csm. Insomma la banca fallisce con l’operazione autorizzata da Bankitalia e amen. I garanti della categoria togata hanno il conto lì e riamen. Ma in questo benedetto e maledetto paese chi controlla i controllori?
Frank Cimini
Al direttore - C’è una cosa che non ho capito. Cosa si mette dentro le borracce vendute in questi giorni a caro prezzo come gadget natalizio? Perché se si tratta di acqua di rubinetto per altro di solito piuttosto buona e garantita nella sua qualità non mancano certo in Italia i rubinetti da cui attingere. Al posto della borraccia al massimo basterebbe portarsi un bicchiere. Se invece, come sospetto, ci si mette dell’acqua minerale dove starebbe il vantaggio?
Auguri.
Chicco Testa