Dubbio proporzionale: il Pd vuole o no fondersi con ciò che resta del M5s?

Le lettere al direttore del 15 gennaio 2020

Al direttore - Le discussioni sui sistemi elettorali annoiano gli elettori che non capiscono il significato dei vari marchingegni mentre appassionano i politicanti interessati a favorire la propria bottega per fregare quella altrui (cosa che, peraltro, non riesce quasi mai). La legge d’oggi è tagliata su misura dei burocrati proponenti e si risolve in un imbroglio per tutti i cittadini. Non perché è più o meno proporzionale o maggioritaria, ma in quanto nessun elettore potrà scegliersi il candidato che preferisce in un sistema completamente manipolato da chi fa le liste (né collegi uninominali, né voti di preferenza). Evviva allora Giorgetti che sul Foglio propone una riedizione del Mattarellum, il più decente tra i sistemi delle ultime stagioni. Un saluto.

Massimo Teodori

  

La proposta di Giorgetti è suggestiva e farà breccia anche nel mondo progressista. Ma il Mattarellum l’Italia lo ha già provato e con il Mattarellum l’Italia ha già sperimentato che le formule ibride non funzionano. E fino a che non sarà possibile avere un magnifico sistema a doppio turno (sistema che chissà perché alla Lega fa paura) non si potrà fare altro che scommettere su uno splendido sistema proporzionale, sempre che la Corte costituzionale riesca a trovare un modo oggi per non cadere nella furba trappola della Lega.


 

Al direttore - Caro Cerasa, a me pare che nell’algida Abbazia del San Pastore nel reatino, dove si è svolto il cosiddetto conclave di due giorni del Pd, sia andata in scena soltanto una pallida copia della ultima Leopolda di Matteo Renzi con due sedute plenarie di orazioni dei big e cinque tavoli programmatici di lavoro. Non sembra anche a lei che quanto visto e udito in quel convegno sia troppo poco per parlare di una storica svolta o addirittura di un inizio di rifondazione di un partito “nuovo” che magari si limita a cambiarne solo il nome da Pd a “I Democratici”? Un cordiale saluto

Vincenzo Covelli

 

Non vedo onestamente svolte nell’aria ma vedo invece una contraddizione preoccupante. Se si propone un’alleanza strutturale con il M5s poi non si può proporre il proporzionale. A meno che non si pensi di usare il proporzionale per fondere insieme Pd e M5s. O almeno un pezzo. Speriamo di no.


  

Al direttore - Il caro amico Camillo Langone, nella sua Preghiera di sabato scorso sul Foglio, si preoccupa della mia iniziativa di editoria autarchica a costo zero, che ha come cavallo di battaglia il sito Zafferano.news e che è stata promossa nelle ultime settimane anche attraverso l’ebook “Il Signor CEO. Cinguettii dalla Città Proibita” (gratuito, con 20.000 copie già trasferite/acquisite: abbonarsi è gratis digitando “zafferano.news”). Voglio subito tranquillizzare Camillo e gli amici del Foglio, preoccupati che a fronte di tutta questa gratuità i libri e gli articoli potranno scriverli in futuro solo i ricchi. In realtà, il mio è soltanto un tentativo, forse velleitario, questo sì, fatto proprio perché non si ritorni non solo all’Ottocento del marchese Capponi, ma a tempi molto più recenti. Secondo me, e lo scrivo da una decina d’anni, non si doveva accettare la gratuità dei social e del giornalismo online, bensì si dovevano applicare loro le leggi di mercato: io ti pago un abbonamento per l’utilizzo della tua offerta di un servizio che mi dai, e tu mi paghi per la cessione dei miei dati personali. E’ stato un atto strategicamente dissennato, ma ormai la frittata è stata fatta, bisogna ripartire proprio da lì. Saltato questo, infatti, è saltato tutto: i giovani oggi non sono più, culturalmente, disponibili a pagare per i prodotti legati all’informazione, salvo i libri scolastici (anche perché li acquistano i genitori). I lettori che giornali e libri continuano a perdere non vengono sostituiti da nuove leve. Il “paywall” non pare stia avendo un grande successo, con l’eccezione del New York Times (la lingua inglese gioca un ruolo importante). Curioso che tutti tacciano e che non ci sia uno straccio di dibattito in proposito, mentre si dovrebbe lavorare sul ricupero dei lettori piuttosto che sulla vanità degli autori e degli editori.

 

Zafferano.news è nato proprio come progetto sperimentale (dichiarato) avente lo scopo di uscire da questa trappola targata Silicon Valley: nel numero Zero del 16 marzo 2019 c’era (c’è) tutta la filosofia relativa. Faccio notare una curiosità: in pratica, in 10 mesi, nessun editore, direttore, giornalista di peso, intellettuale (zero pure tra i politici), si è abbonato a Zafferano (tanti, ma solo classe media). Ergo, nessuno di quelli al potere del business dell’editoria ci legge, rifiutandoci: credo abbia un significato. Quale? Un certificato anticipato del nostro fallimento o una medaglia? Non lo so.

 

Forse mi sbaglierò, ma penso che l’acquisizione di Gedi da parte di Exor comporterà un radicale ridisegno dell’intero comparto dell’editoria italiana, lo stesso che hanno vissuto tutti gli altri comparti industriali. Ricordo ancora (anni Novanta) quando, intervistato dai media italiani per le operazioni di ristrutturazione pesante e di riposizionamento strategico prodotti-mercati che praticavo in giro per il mondo per la Fiat, percepivo la vicinanza intellettuale degli intervistatori (per loro ero un “Rambo manager”, cosa non vera ma tant’è). Allora, stante l’amicizia, con una punta di perfidia sorridente, aggiungevo: un giorno toccherà anche a voi, occhio, con questo modello (anni dopo l’avrei chiamato Ceo capitalism in purezza, quello che porta ai monopoli e che cambia il nostro status: da “umanità” a “consumatori” zombie) non si fanno eccezioni e prigionieri.

 

Oggi mi chiedo: il tempo sarà arrivato? Avremo il Sergio Marchionne 2.0 dell’editoria? Se così fosse ogni editore dovrà esplicitare il suo Piano B e lottare per sopravvivere, adottando, se del caso, anche armi improprie. Grantorino Libri e Zafferano.news, pur nella loro valenza infinitesimale e un certo senile velleitarismo, intendono giocarsi la partita, studiando strategie sperimentali come quella, tutta da verificare, che chiamiamo (gesuiticamente, com’è di moda oggi) “gratuità consapevole”. Un caro saluto

Riccardo Ruggeri


 

Al direttore - Nei Sacri Palazzi sono riusciti a sollevare un gran polverone agitando un retroscena scandalistico sulla copertina di un libro scritto con contributi di Benedetto XVI e del cardinale Robert Sarah. Qualcuno ha anche insinuato che Joseph Ratzinger non ci sia più con la testa, che si sarebbe fatto turlupinare e che forse il testo manco era suo. Altri hanno proposto di metterlo a tacere con un editto, strana, e stranamente non contrastata, idea di libertà di parola. Poi, per ammissione di monsignor Georg Gänswein, si è chiarito che il testo in questione è suo (di Benedetto), che si sapeva che sarebbe finito in un libro, ma che di quel libro non avevano visto la copertina. Risultato del pasticcio: via la doppia firma dalla copertina. La questione appassiona molto i media e i retroscenisti sino a far scomparire ciò che c’è sulla scena: il contenuto dello scritto di Benedetto XVI. E’ come se si disputasse se in copertina della Bibbia mettere “autori vari” e discutere di questo invece che leggerla (il paragone è azzardato, lo so, anche perché l’Autore pare essere unico seppur trino). Non credo vi sia difficile procurarvi il testo di Benedetto XVI sul sacerdozio e pubblicarlo. Avremmo finalmente qualcosa di serio di cui parlare.

Ubaldo Casotto

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