Viva la concorrenza sui trasporti, ma il monopattino no, grazie
Al direttore - Il governo: Sanremo non è test nazionale.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Qualche buona notizia arriva anche nella nostra malmessa capitale. L’amministratore delegato di Uber che ho ascoltato in radio dice che Jump, il servizio delle loro biciclette elettriche in sharing (a noleggio si sarebbe detto una volta), funzionano alla grande. Molti romani ne fanno uso e, udite udite, il tasso di vandalismo è più basso di quello di altre città europee. Io le uso spesso. Si trovano ovunque nelle aree centrali della città, si stanno estendendo, costicchiano ma non troppo, e funzionano bene. Idem per l’altro gestore Helbiz. Bici rosse e bici bianche quindi in competizione fra di loro. “Ben scavato vecchia talpa”, vorrei dire, e la vecchia talpa è il mercato e lo spirito di iniziativa che cacciati dalla porta (Uber) rientrano dalla finestra. E un bell’aiuto a quella mobilità sostenibile che tutti vogliono, ma pochi sanno come fare. Adesso toccherebbe ai monopattini, che ormai affollano quasi tutte le capitali europee e non solo. Ma… Il “ma” è dovuto ai tecnici del ministero dei Trasporti (mi senti, Paola De Micheli?). Che anche giustamente, preoccupati della sicurezza di ciascuno di noi, continuano però a giochicchiare con misure diverse e complicate – una volta decise e una volta smentite – che ritardano l’entrata in funzione del servizio. Nessuno investe se le regole non sono chiare, vale per l’Ilva ma anche per i monopattini. Che dici? Gli diamo una sveglia?
Chicco Testa
Le biciclette sono bellissime e considerando che l’Italia è l’unica capitale al mondo in cui una stazione della metropolitana può restare chiusa per 322 giorni (li stiamo contando uno a uno) a causa di una scala mobile che non funziona (è la fermata Barberini che dopo un anno oggi, forse riapre, ma solo in uscita!) avere dei mezzi alternativi e a basso costo per non restare a piedi (anche se restare a piedi a Roma in realtà non è così male) può essere utile per spostarsi da una parte all’altra della città. Ma un conto sono le biciclette, che sono splendide soprattutto quando sono ferme, ma un altro sono invece i monopattini, di cui onestamente farei volentieri a meno. Bene salvare l’Ilva, ma salvarci dai monopattini non sarebbe forse un’idea così malvagia.
Al direttore - In riferimento all’articolo pubblicato il 22 gennaio 2020, sul quotidiano il Foglio a firma della giornalista Barbara D’Amico, sono a richiedere una formale rettifica, con preghiera di pubblicazione, di quanto riportato come mia dichiarazione. Nel corso dell’intervista telefonica, infatti, ho spiegato alla dott.ssa D’Amico i motivi della rottura della trattativa per il rinnovo nazionale del contratto collettivo del settore legno, che ha condotto le organizzazioni sindacali Feneal Uil, Filca Cisl, Fillea Cgil a proclamare lo sciopero generale del settore legno per il prossimo 21 febbraio. La dott.ssa ha riportato, però, la posizione della controparte attribuendola erroneamente alla mia persona. Pertanto, mi preme ribadire che le ragioni dello sciopero, peraltro, ben evidenziate nel comunicato unitario diramato agli organi di stampa il giorno 10 gennaio u.s., non sono in nessun modo legate alla tematica del decreto dignità che, come Feneal Uil, abbiamo sempre difeso ritenendolo un utile strumento contro la precarizzazione.
Un cordiale saluto.
Fabrizio Pascucci, segretario nazionale Feneal Uil
Risponde Barbara D’Amico. La rettifica richiesta dal segretario Feneal Uil Fabrizio Pascucci contiene almeno due elementi illogici. Primo: nel corso dell’intervista non è mai stato chiesto al segretario Pascucci di rispondere per conto della controparte. Non avrebbe avuto e non ha senso perché le domande che riguardavano la posizione di Federlegno sono state rivolte a Federlegno. L’articolo, infatti, voleva comprendere il merito e il contesto in cui è maturato lo sciopero. Quella riportata è quindi la risposta alla domanda diretta sul se, secondo l’intervistato e non altri, le regole introdotte dal decreto dignità sui contratti a tempo determinato avessero complicato le trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale legno e arredo. Trattative arenatesi sulle modifiche alle quote dei contratti flessibili, ammesse previo accordo delle parti dal decreto dignità. Secondo: proprio il rischio di precarizzare il lavoro modificando quelle quote è l’elefante rosa nella stanza di cui era doveroso chiedere proprio alla parte che tutela i lavoratori. Ed è anche il cuore del comunicato ufficiale congiunto dei sindacati, in cui non si menziona, è vero, il decreto, ma se ne menzionano indirettamente le implicazioni. Non c’è quindi erronea attribuzione perché la risposta è quella effettivamente data da Pascucci nel descrivere l’impatto oggettivo delle norme sull’organizzazione del lavoro nel settore. La domanda era chiara. E lo è stata anche la replica che ha solo riconosciuto il perimetro oggettivo in cui si gioca quella delicata trattativa.
Al direttore - In merito alle polemiche relative all’articolo su Mengele scritto da Giulio Meotti, vorrei raccomandarvi di continuare così. Non cambiate. Sfidateci e sfidatevi. Rinfrescate le coscienze intorpidite dal conformismo e stupiteci, fateci anche arrabbiare se del caso, ma restate come siete. Contro i bigottismi di destra e di sinistra. Continuate così, anche a costo di sbagliare, anche se può bruciare. Ma non rinunciate mai a essere il giornale che siete: originale, spiazzante e anticonformista. Destinati a essere incompresi. Insomma, il giornale più ebraico che c’è.
Shalom.
Davide Romano
Al direttore - Di solito lo faccio in via privata, di congratularmi con chi ha scritto una cosa originale e intelligente. Ma questa volta lo voglio fare pubblicamente di congratularmi con Giulio Meotti per quel suo interessantissimo testo su Joseph Mengele dove non c’era una sola riga superflua. Tutto sostanza, nomi e cognomi, fatti, intelligenza. Evviva il Foglio.
Giampiero Mughini