Idiozia e coerenza: virtù del cambiare idea. Democristiani chi?
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Quindi Renzi va da Conte, pensa se poi si stanno simpatici.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - La storia conosce giravolte e distorsioni, e consente disinvolture. Molte, ma non troppe. Ad esempio, l’uso e l’abuso della categoria democristiana e dei suoi simboli, e la confusione tra il passato e il presente – con la grande drammaticità dell’uno e le piccole convenienze dell’altro – hanno in sé qualcosa di farsesco. Il primo ministro scelto dal M5s non è democristiano. E chi lo vuole legittimamente sostenere in Parlamento non ha bisogno di nascondersi dietro allo scudo crociato. Gli attor giovani che calcano la scena, per una volta, possono scrivere da sé il loro repertorio e non saccheggiare gli armadi degli sceneggiatori del passato.
Marco Follini
Eppure, l’espressione utilizzata da Conte mesi fa ad Avellino nel corso della commemorazione di Fiorentino Sullo, per definire la sua democristianità, non è niente male: “Non auspico il ritorno della Democrazia cristiana, ma auspico l’avvento di una democrazia dei cristiani”. Un democristiano dovrebbe apprezzare.
Al direttore - Nell’estate del 1874, cominciando a scrivere l’odissea dei due copisti Bouvard e Pécuchet, Gustave Flaubert si era proposto di redigere l’inventario della stupidità umana, un tema che lo ossessionava fin dalla giovinezza. Pubblicato postumo e incompiuto sette anni dopo, non si salva nessuno in questo geniale romanzo filosofico che anticipa i talk-show e i reality odierni. I suoi protagonisti incarnano a meraviglia il "chiunque" che impazza su internet: provvisto d’un forte istinto gregario, è un tuttologo credulone che si ingozza di luoghi comuni e passa disinvoltamente da un argomento all’altro, incapace di scegliere ma convinto di poter arrivare ovunque con poca fatica. Flaubert usa l’impassibilità del referto medico per stilare una requisitoria spietata contro un falso sapere consolatorio e ingannevole. La stupidità lo indigna e, al tempo stesso, lo affascina. Fa dire a Pécuchet che i borghesi sono avidi, gli operai invidiosi, i preti servili e il popolo vile e insulso; e a Bouvard che il progresso è una fandonia e la politica una porcheria. Ha scritto il critico letterario Ernesto Ferrero che la sua grandezza è proprio quella di fare arte con un materiale così degradato, montando un magistrale trattato sulla banalità del male, sul sussiego della cultura, sull'umana mediocrità. Se l’autore di “Madame Bovary” vivesse oggi, probabilmente per raccontare la “bêtise” (idiozia) dell’Italia biscontiana si servirebbe soprattutto della spazzatura prodotta, ormai in quantità industriale, sui mass media e sui social network da un ceto politico sempre più imbarazzante.
Michele Magno
Lo avrebbe fatto sicuramente. Ma nel redigere l’inventario della stupidità umana forse Flaubert non avrebbe resistito alla tentazione di parlare anche di un’altra stupidità di cui poco si parla, che è quella relativa agli stupidi che considerano l’incoerenza una sottomarca della stupidità. Nella spazzatura italiana, soprattutto quella prodotta sui mass media, c’è davvero molto ma sarebbe forse l’ora di sottrarre la mancanza di coerenza dalla categoria delle “bêtise”. La caratteristica dell’Italia di oggi in fondo è questa: la stupidità è certamente diffusa ma ogni giorno qualcuno si accorge delle idiozie commesse – pensi ai populismi – e tenta disperatamente di cambiare idea. Flaubert direbbe che sarebbe da idioti non accorgersene. Un caro saluto.
Al direttore - Scrivo in merito alla lettera di Angelo Argento pubblicata ieri sul suo giornale. Spiace che, in occasione della preview della mostra “Real_Italy” al Maxxi Museo nazionale delle arti del XXI secolo, si sia generato uno sgradevole fraintendimento. L’opera di Eva Frapiccini è stata pensata per onorare le vittime della mafia e il lavoro quotidiano di chi lotta per contrastarla, anche a costo della propria vita, e non può essere equivocata. Ieri, in accordo con la direzione del museo, l’artista è intervenuta sull’opera al fine di renderla ancora più leggibile, prima dell’apertura al pubblico della mostra. Tra gli impegni del Maxxi, c’è anche quello di affrontare attraverso l’arte, in modo serio e non strumentale, la memoria collettiva, anche la più complessa e dolorosa. Penso per esempio al progetto dedicato ad Aldo Moro, nel 2018, con le opere di Francesco Arena, Rossella Biscotti e Flavio Favelli e alla bellissima mostra su Letizia Battaglia, conosciuta in tutto il mondo per le sue foto di mafia. Lo stesso lavoro di Eva Frapiccini, già esposto a Bruxelles e a Palermo, è frutto di una ricerca approfondita, che ha coinvolto anche i diretti protagonisti. “Real_Italy” propone una lettura della realtà di oggi attraverso lo sguardo di tredici artisti di grande talento, capaci di raccontare le contraddizioni del nostro tempo con il linguaggio universale e sensibile dell’arte. E’ un lavoro prezioso, non lasciamo che sia sovrastato dall’eco di un malinteso.
P. S. Ci tengo a precisare che a rispondere ad Angelo Argento con una “frase colorita” è stata una visitatrice, non Eva Frapiccini, che non era presente al momento della contestazione.
Bartolomeo Pietromarchi, direttore Maxxi Arte
Al direttore - Il mio amico Franco Debenedetti, rimproverandomi di essermi troppo concentrato in un mio articolo del Corriere sulle somiglianze tra i due Matteo, mi ricorda le differenze. Fa bene. Al suo elenco vorrei anzi aggiungerne qualcun’altra. Renzi ha proposto di fare un deficit annuo del 2,9 per cento per cinque anni, non contrattato con Bruxelles, e Salvini ha finito con l’accettare un più modesto 2 per cento impostogli da Bruxelles; Renzi ha tolto la bandiera dell’Europa dal suo studio quando Salvini giocava ancora con le felpe; Renzi ha varato una riforma elettorale, poi rivelatasi incostituzionale, in forza della quale il capo del partito primo arrivato avrebbe preso la maggioranza assoluta dei seggi nell’unica Camera superstite, mentre Salvini ha solo invocato i “pieni poteri”. Cordialmente.
Antonio Polito