Basta lagne sul dumping. La concorrenza fiscale: stimolo per crescere
Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 20 maggio 2020
Al direttore - Già c’è troppa movida, mica vorranno mandare Bonafede a fare di nuovo il Dj?
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Ella ha ragione di scrivere, analizzando la vicenda Fca, che l’obiettivo per il paese deve essere “attrarre, non spaventare”. E ciò al di là di una troppo sbrigativa censura di alloccaggine o di ignoranza nei riguardi dei critici della concessione della garanzia pubblica per assistere il prestito di 6,3 miliardi da erogarsi da Intesa alla multinazionale. Sia chiaro: tale concessione non è illegittima. Non può però essere sottovalutato il comportamento di chi nell’Unione sceglie “fior da fiore”, sede legale, sede fiscale, sede idonea a ricevere finanziamenti agevolati. Colpa solo dell’Italia? O anche di una mancata integrazione giuridica e fiscale che porta alla competizione tra ordinamenti – il contrario dello spirito dell’Unione – con il rischio di una concorrenza al ribasso nell’area e il confermarsi di simil-paradisi fiscali? Certo, pesano i difetti gravi della burocrazia (e della legiferazione), dell’amministrazione in generale, nonché i problemi della giurisdizione, anche se per le questioni che sorgono in Italia la competenza viene fatta valere qui, non in Olanda. Ma è molto difficile ridurre tutto a esclusive responsabilità italiane in presenza di una Commissione Ue, occhiutissima in materia di concorrenza, aiuti di stato e libero mercato, che invece tollera, nell’area, zone di sostanziale extraterritorialità. Se, come Ella giustamente sostiene, bisogna guardare al di là della specifica vicenda, allora è bene osservare tutti gli angoli del poliedro e non ritenere inopportuna la fissazione di criteri “erga omnes” che stabiliscano anche condizioni per l’intervento pubblico nella concessione di prestiti della specie.
Angelo De Mattia
Capisco il punto ma non concordo fino in fondo. Avere un po’ di concorrenza fiscale può portare ovviamente ad avere alcune distorsioni – ma attenzione, se si parla di dumping non lo fa solo l’Olanda, lo facciamo anche noi, vedi la flat tax per i pensionati stranieri con tassa fissa al 7 per cento per chi sceglie di trasferirsi al sud e vedi le norme che incentivano i paperoni non italiani a spostare il loro domicilio fiscale in Italia a fronte di una imposta fissa di 100 mila euro all’anno sui redditi prodotti all’estero, con la differenza che noi lo facciamo sulle persone, mentre altri paesi, garantendo tasse più basse delle nostre, lo fanno sulle aziende – ma può portare anche alcuni benefici. Gliene dico uno: un paese con una burocrazia asfissiante e con tempi dei processi molto lunghi che piuttosto che puntare il dito contro chi crea condizioni per attrarre le imprese prova semplicemente a essere più competitivo rispetto a quei paesi. Non sarebbe così male no?
Al direttore - Seguendo le vostre vicende e gli attacchi subiti su Twitter, a Natale ho deciso di acquistare un abbonamento per sostenervi. E’ il primo abbonamento a un quotidiano che compro in vita mia. Lo avevo fatto solo per sostenervi, ma poi ho cominciato anche a leggervi (eh sì, sembra strano). Erano tanti anni che non leggevo più i quotidiani. Giorno dopo giorno la vostra passione e determinazione nel raccontare senza troppi filtri, con modi davvero poco ruffiani, il nostro paese, mi ha restituito la voglia di leggere e di credere nelle notizie, e nelle narrazioni che una penna competente riesce a restituire. Certo, le raccontate con i filtri delle vostre personalità, ma la passione e l’etica mi arrivano molto chiare. Ho fatto del vostro giornale la fonte unica di approfondimento delle notizie che circolano ogni giorno a caccia di clic, spero vi sia data la possibilità di continuare il vostro splendido lavoro. Cordiali saluti.
Andrea De Meo
Ci attendono anni fantastici, con molte sorprese. Grazie di cuore.
Al direttore - “Le misure adottate prevedono garanzie da parte dello stato […] in favore di banche che effettuino finanziamenti alle imprese sotto qualsiasi forma […] subordinate a una serie di condizioni tra le quali l’impossibilità di distribuzione dei dividendi da parte dell’impresa beneficiaria per i successivi dodici mesi e la necessaria destinazione del finanziamento per sostenere spese ad attività produttive localizzate in Italia”. Basta saper leggere quello che sta scritto in Gazzetta Ufficiale per chiudere l’audio su molto di quello che è stato detto e mandare nel cestino molto di quello che è stato scritto contro la richiesta da parte di Fca di usufruirne per 6,5 miliardi di euro. A qualcuno può sembrare logico che questo provvedimento valga solo per aziende che hanno la sede legale in Italia: ma il legislatore, se questo avesse voluto, questo avrebbe dovuto scrivere. Non averlo fatto ha una sua logica: le fabbriche, gli operai, i fornitori sono in Italia? Il decreto vuole rimettere in moto il ciclo produttivo? Fa differenza dove ha la sua sede legale? E allora? Anzi, discriminare non invita a investire in Italia, e farlo tra paesi dell’Unione potrebbe creare problemi. E poi, la Bce mette 750 miliardi per il Pandemic emergency purchase programme, e noi discriminiamo su dove (in Europa) è la sede sociale? Poiché se ne sono lette di tutte conviene chiedersi quanto ci guadagna Fca dall’operazione. Il rating di Fca è BB+ e il Cds a 3 anni, cioè il costo per assicurarsi contro il suo default entro quella data, che a febbraio era dell’1 per cento, adesso è del 4 per cento. Il tasso su un bond Fca potrebbe essere superiore di 200 punti base allo spread. Insomma, non si dovrebbe andar distanti stimando il minor costo per Fca tra il 2 e il 3 per cento all’anno per 3 anni, sul 70 per cento dell’intero importo. Quello dell’auto è un immenso problema, incombe su tutta l’Europa, ma tutti intanto pensano al presente: anche in Germania, dove Bmw, Daimler, Vw sono uniti nel chiedere un bonus rottamazione alla cancelliera (che pare sia rimasta freddina). Tra i due provvedimenti, il “finanziamento per sostenere spese ad attività produttive localizzate in Italia” mi sembra meno distorsivo dei prezzi, più direttamente efficace per far ripartire il ciclo produttivo, e soprattutto più coerente con l’intento risarcitorio dell’azione del governo, volto a ristabilire l’equilibrio rotto, non dal Covid-19 ma dalle azioni per contenerne la diffusione. Certo che non risolve tutti i problemi: ma questa non è una buona ragione per crearne di inesistenti.
Franco Debenedetti