Salvini e la lussazione delle spallate. La trattativa stato-Davigo.
Al direttore - Colao a Conte 6 punti, Biden a Trump 14.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - L’età pensionabile per i magistrati in Italia non è fissa… variabile… molto variabile… dipende da chi sta per andare in pensione… Cose dell’altro mondo? No cose del mondo di Mani pulite.
Frank Cimini
Il 20 ottobre, l’immenso Piercamillo Davigo festeggerà i settant’anni. A settant’anni, l’attuale legge prevede il pensionamento obbligatorio da parte dei magistrati. Siamo pronti a scommettere che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede troverà un modo, complice la pandemia, per far sì che la pensione obbligatoria venga spostata due anni in là. Tu chiamala se vuoi la trattativa stato-Davigo.
Al direttore - Leggo che la Stampa ha così intitolato l’intervista a Salvini, che ha ospitato ieri sulle sue pagine. Cito testualmente: “Spallata di Salvini: Conte vada a casa, alle urne a ottobre”. Mi chiedo se il senatore abbia rilasciato la suddetta intervista direttamente dal Papeete.
Luca Martoni
E’ bello, come dice il nostro amico Giuseppe De Filippi, che con l’avvicinarsi dell’estate Salvini ci ricordi di essere affezionato alle tradizioni: chiedere al governo di dimettersi, urlare ai quattro venti che è l’ora di votare e ritrovarsi poi regolarmente, di fronte a ogni spallata tentata, con una spalla lussata.
Al direttore - Sul forte peso che la romanità esercita nell’attuale politica italiana hai espresso tesi molto interessanti, perché oggettive. La stima per molti dei suoi protagonisti, a partire dall’affinità particolare che ho con alcuni di loro, Zingaretti, Bettini, Gualtieri, non deve offuscare la riflessione sulle conseguenze che lo scarso peso politico della Lombardia può avere per il futuro del paese. Non è che i lombardi non siano presenti nell’attuale governo o nei gruppi dirigenti nazionali. E’ che se i loro esponenti di punta evocano la via lombarda alla libertà (Salvini-Fontana) o il socialismo (Sala), inevitabilmente favoriscono le pulsioni ideologiche. Posso sbagliarmi, ma in questa fase penso vada fatto uno sforzo per far prevalere i contenuti di una strategia nuova. Intanto bisogna far comprendere quanto sia prezioso per l’Italia il ruolo di una terra laboriosa, intraprendente, accogliente, come la Lombardia. Della locomotiva del paese che con il Baden-Württemberg, la Catalogna, il Rodano-Alpi, è uno dei quattro motori d’Europa, non si può fare a meno. Non solo perché ha 10 milioni di abitanti, ma perché aveva 800 mila imprese e contribuiva al 22 per cento del pil. Le avrà e contribuirà ancora in futuro? Dipende. Qui, più che altrove, la pandemia ha fatto emergere impietosamente tante contraddizioni. Stato/mercato, nord/sud, città/periferie, lavoratori autonomi/dipendenti. La tecnologia ha accentuato le disuguaglianze. Penso, su tutti, ai bambini. Il lungo lockdown ci ha restituito una natura diversa. Era da ragazzo che non vedevo così tante varietà di uccellini e fantastiche fioriture sugli alberi. Un nuovo modello di sviluppo e innovative politiche industriali non può restare uno slogan nella Pianura padana che, forse poco elegantemente, la Frankfurter Allgemeine ha definito “camera a gas d’Europa”. Carlo Cattaneo diceva che il benessere della Lombardia non dipendeva dalla natura, ma per i 4/5 “dalle nostre mani”. Vale anche oggi. Che fare? 1) investire in innovazione, ricerca, ambiente, sanità. 2) Premiare chi crea valore aggiunto, scoraggiando le rendite. 3) Lottare a viso aperto contro la burocrazia e i suoi mandarini. Sono stato e sono un sincero estimatore delle giunte di Pisapia e Sala. Milano in questi anni, con il suo dinamismo, l’apertura internazionale, ha riempito di orgoglio molti di noi. Indugiare, tuttavia, sul modello Milano non aiuta. Milano con i suoi 1,4 milioni di abitanti non potrà competere con le grandi capitali europee. La Lombardia, sommando l’area metropolitana, pedemontana e padana, con i suoi 10 milioni, sì. La sanità lombarda impone forti cambiamenti che richiedono investimenti urgenti. Se il pil avrà una caduta del 10 per cento subiremo, in un solo anno, un salasso di oltre 220 miliardi. E allora poche storie. Il Mes va usato subito, con buona pace di Lega e M5s. Così suggeriscono buon senso e pragmatismo. Dobbiamo cogliere le novità importanti che giungono da Bruxelles e dalla Bce. Solo le colonne del Bernini sono immobili da secoli. Sulla sanità regione e governo devono sommare le loro risorse, non fingere leale collaborazione istituzionale, che non c’è stata nonostante i ripetuti inviti del presidente Mattarella. Non mi offendo, anche da convinto federalista, se Andrea Orlando chiede al ministro Speranza di occuparsi in modo più stringente della sanità lombarda. Per tenere vive le aziende del più grande polo ferroviario e metropolitano del paese, quali strategie, quante risorse serviranno, considerato che i pendolari sono crollati da 840 mila al giorno a meno di 200 mila? Si danno 3 miliardi ad Alitalia. Ma quale è il ruolo del sistema aeroportuale lombardo nel suo piano industriale che, a oggi, non si conosce? Se le ingenti liquidità saranno preda della finanziarizzazione privata e della speculazione si favoriranno vecchie rendite. Se torniamo a prima abbiamo già perso. C’è un’alternativa a un patto leale tra istituzioni, politica, forze sociali, sindacati, scuola, università che investa, innanzitutto, sul capitale umano? No. Le risorse, però, devono essere legate alla qualità dei progetti e al loro dinamismo. E controllate. Tanto più da noi dove, a differenza del mondo anglosassone, la cultura del controllo non è tra i nostri punti di forza. Su digitale, biomedicale, sostenibilità ambientale, ricerca, la Lombardia può essere una delle capitali europee. Senza il residuo fiscale lombardo i servizi di molte regioni italiane sarebbero indeboliti. Perché non dirlo? Nessuna iattanza, anzi, l’orgoglio di essere tra i protagonisti della solidarietà. Credo che occorra concentrarci su questi temi attenendoci alla lezione dei nostri predecessori: un lavoro, se non è fatto bene, non è un lavoro. Cultura del lavoro, passione, pragmatismo, fantasia, non devono servire a vincere il derby con i politici di Roma, ma ad aiutare il paese a ritrovare fiducia. Nel Risorgimento, nella Resistenza, nella lotta al terrorismo, la Lombardia, e il nord, sono stati protagonisti di primo piano. Nella sfida dei prossimi mesi, possono limitarsi al ruolo di comparse? Dubito, caro direttore.
Daniele Marantelli