(foto LaPresse)

Contro il sindacato che sulla scuola tutela gli iscritti e non gli studenti

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - La Didattica a Distanza (DaD) ha salvato la “baracca”? C’è chi ripropone, a ogni occasione, come una sorta di mantra spirituale, la tesi secondo cui la DaD avrebbe (?) “salvato la scuola” dalla crisi generata dall’emergenza pandemica. Io so solo che c’è chi ha lavorato sodo, h24, per non sortire un granché dai propri allievi, e a parità di retribuzione, e chi si è “grattato la schiena”, per dirla senza peli sulla lingua, percependo lo stipendio. Direi che questa è una prassi anche nella realtà quotidiana di chi vive la scuola in presenza, e direi il mondo del lavoro in genere: Fantozzi docet. Ma non è il punto centrale del mio ragionamento. Non mi interessa il divide et impera tra i lavoratori. Dicevo, invece, che c’è chi si mostra convinto, in buona o in malafede, che la DaD abbia “salvato la scuola”. Io dico che ha solo mortificato e annichilito, in una misura ulteriore, i valori della cultura, della democrazia e della giustizia. Ora provo a spiegarne il perché. A parte il fatto che l’orario settimanale di servizio per molti insegnanti è già, di fatto, aumentato in misura notevole. Nel trimestre in cui si è lavorato, bene o male, con la DaD, so di molti colleghi e colleghe che hanno lamentato proprio un simile esito in termini di tempo effettivo dedicato al lavoro, e a parità di retribuzione economica. Non è nemmeno questo il punto cruciale della mia riflessione, che non è condizionata (vorrei chiarirlo) né da umori personali né da preconcetti. Il problema che mi preme sollevare è di ordine educativo e didattico. E’ quasi un assioma di tipo apodittico, cioè che non ha bisogno di dimostrazione, tale è la sua evidenza, che la DaD non ha sortito alcun valido esito pedagogico e culturale. Direi che, nella migliore delle ipotesi, la DaD ha solo tamponato un vuoto didattico ed educativo generato da un grave rischio epidemiologico. Il ricorso a forme e strumenti digitali è servito a ricucire e stabilire un legame virtuale con alcuni alunni, specie i più piccoli e fragili. In alcune situazioni la DaD ha mantenuto insieme le classi e ha permesso una relazione umana di dialogo ed empatia tra i docenti e i loro discenti. Ed è stato un bene. Io stesso ho impiegato varie forme di didattica a distanza, anzitutto per ripristinare quel legame affettivo ed empatico con i miei alunni. Ma non tutti i miei alunni e le loro famiglie hanno avuto gli strumenti (tecnici, economici e culturali) per seguire in maniera serena ed efficace le attività online. Ma non è soltanto una questione di dispositivi digitali in comodato d’uso gratuito a beneficio delle famiglie più bisognose (specie quelle numerose), né di connessione alla rete web. E’ anche e soprattutto una distanza di tipo socio-culturale ed economico, che è riconducibile a un divario di classe, di status materiale e sociale, vigente al di là della didattica a distanza, poiché esiste nella realtà concreta e iniqua della società in cui viviamo, per cui si ripercuote nelle dinamiche della scuola in presenza. E chi può negarlo? A ogni modo, in aula, un docente, se provvisto di doti e qualità morali e intellettuali intrise di cultura, empatia, carisma, sensibilità, autorevolezza e prestigio, avrebbe la possibilità di colmare, o almeno ridurre, un divario socio-culturale tra gli allievi, mentre la DaD concorre solo ad accrescere tali distanze. In linea teorica, un’efficace didattica svolta in modalità online, può servire a una trasmissione delle nozioni teoriche, nella migliore delle ipotesi. Non a caso gli stessi percorsi di recupero e di integrazione degli apprendimenti, che sono stati previsti a partire dal mese di settembre, sono la spia che tradisce le carenze e i limiti stessi insiti nella didattica online.

Lucio Garofalo 

 

Nessuna persona sana di mente può realisticamente affermare che la DaD abbia salvato la scuola. Nessuna. La didattica a distanza deve essere considerata come qualcosa di diverso: non un valore sostitutivo, ma un valore aggiunto. E’ questo che molti operatori della scuola, influenzati dai più beceri tra i sindacati, continuano a non capire: la didattica a distanza non è un impegno in più, non è uno straordinario, ma è una integrazione naturale di un’attività scolastica che deve fare i conti con una stagione complicata, in cui il ritorno a scuola tutti lo sognano ma nessuno sa come sarà. Un sindacato con la testa sulle spalle, se mi consente, lotterebbe per questo: approfittare della pandemia non per sindacalizzare ancora di più il mondo della scuola, non se ne sente il bisogno, ma per offrire ai docenti le condizioni per essere all’altezza della sfida dei nostri tempi. Un sindacato interessato più alla tutela dei propri iscritti che alla tutela della scuola è un sindacato che fa male alla scuola e anche ai nostri figli.


 

Al direttore - In riferimento all’articolo “Il virus in galleria” dell’8 giugno si precisa che Apollo Global Management non ha fatto in passato, né ha in programma di fare, alcun investimento né nel settore degli armamenti né in quello delle prigioni private.

Gennaro Schettino

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