Che fare con un debito abbastanza grande da badare a se stesso

Al direttore - Le manette non ce le ho e non le metto!

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - E’ più che giusto affrontare il problema, come con diversi articoli il Foglio sta facendo, dell’impatto su deficit e debito delle misure, innanzitutto, degli scostamenti di bilancio che si stanno decidendo dal governo e dal Parlamento. Andrebbero, tuttavia, considerati due aspetti: il primo riguarda il famoso intervento di Mario Draghi sul Financial Times con il quale egli, se non spingeva per il debito, quanto meno considerava necessario agire in tale direzione, avendosi a che fare con una crisi simile a quella degli anni Trenta del secolo scorso. Naturalmente, questa posizione si inquadra in un contesto che certamente non la equipara a un lassismo senza rete. Il secondo aspetto, del tutto trascurato finora, concerne la preparazione, fin qui lontana dall’essere intrapresa, di ciò che accadrà in termini non solo di politiche, ma prima ancora di ordinamenti, una volta cessata del tutto la pandemia. Chi allora può mai pensare a un ripristino “tout court” dell’ora sospeso Patto di stabilità, del Fiscal compact e degli accordi che hanno preceduto quest’ultimo? Sarebbe una catastrofe. Questi ordinamenti, così come la normativa sugli aiuti di stato (pure essa ora sospesa) e sulla concorrenza, andranno radicalmente riformati. In ogni caso, quanto meno sarà necessaria una lunga transizione verso un nuovo regime. Della revisione o comunque di una fase di profonda riflessione dovrà beneficiare anche la funzione di Vigilanza bancaria e finanziaria accentrata. Insomma, dovrebbe iniziare, con i tempi necessari, un periodo di riforme che sarà un passaggio ineludibile se si vuole progredire nell’Unione bancaria, in quella fiscale, fino all’integrazione politico-istituzionale “sic et simpliciter”. Stupisce che di ciò nessuno parli, mentre ancora manca una visione dello sviluppo, come ha ricordato Antonio Fazio in una recente intervista, ricordando, per un parallelismo, il Piano Vanoni redatto subito dopo il Secondo conflitto mondiale. Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

Tutto giusto e ha ragione come sempre la nostra Veronica De Romanis. Occorre occuparsi del debito anche quando nessuno se ne vuole più occupare. Spendere a caso è un rischio che un paese come l’Italia non si può permettere. E per questo in una stagione in cui, come diceva Reagan, il debito pubblico è diventato abbastanza grande da badare a se stesso, compito di una classe dirigente con la testa sulle spalle è usare quel debito non per gestire l’ordinario ma per progettare il futuro.

 


 

Al direttore - Il suo ragionamento sul processo vero che serve a Salvini non fa una piega. E’ illuminante. Tuttavia alla fine bisogna fare i conti con la realtà di un’Europa che non c’è stata, non c’è e non ci sarà mai per aiutarci e condividere con noi il problema. E’ una pia illusione. L’immigrazione, quella degli sbarchi, deve essere fermata in un modo o nell’altro. Se nulla possono gli accordi con i paesi da cui questa gente prende la via verso l’Italia, accordi che paghiamo a prezzo altissimo, allora mi dispiace ma l’unica soluzione è smetterla di pagare e attuare il blocco navale come chiesto più volte da Giorgia Meloni. Ci muoveremmo su una sottile linea di confine legale, ma oggi non c’è nessuna soluzione Europea. L’Europa se ne infischia. Penso che addirittura si dovrebbe ricorrere alla forza delle armi se necessario e affondare le navi delle Oms se dovessero provare a forzare il blocco navale. Chissà allora se l’Europa capirà che deve fare qualcosa e non lasciarci soli. Non è una soluzione che mi piace, ma altra non c’è.

Andrea Tamponi

 

L’immigrazione va governata, non fermata. E l’unico modo per governarla è chiedere all’Europa – schierando le sue forze militari nel Mediterraneo, presidiando con l’Unhcr i confini degli stati africani più a rischio, lavorando per costruire nuovi corridoi umanitari, creando le condizioni per dare vita a una nuova politica di rimpatri, migliorando la redistribuzione dei migranti nel resto del continente – non di fare di meno ma di fare di più. Rispetto della sicurezza, ovvero tutela dei nostri confini, e rispetto dell’umanità, ovvero rispetto dello stato di diritto, sono princìpi che un paese democratico non può permettersi di cestinare.

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