Marcenaro e l'ipergarantismo
Le lettere del 12 settembre al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Ipergarantista? Chi? Io? A tua sorella lo dici, ipergarantista, verrebbe da rispondere in certi casi. Ma roba da matti. Poi pure di iperpedante e di moltiplicatore del politicamente corretto, ti va a dare Ferrara. A te. Che da trent’anni stai a leggere come lui copioni scontati e selvaggiamente pedanti ogni volta che una manetta fa clac. E che ogni volta ti scatta la passione, esatto, la passione, ma una passione così intensa che interromperesti perfino la scopata notturna al cimitero (pur di prendere a colpi di bazooka il caravanserraglio degli incivili e loro sì, maniaci, che ricordano ogni volta il tuo supposto penchant per il delinquente di turno contro il magistrato). Trent’anni. Bon. Poi capita ’sta rissa tra bullastri di paese. E Willy, il contrario dei bullastri, ci ha lasciato la pelle. Erano quattro, gli stronzi. E non sembrava premeditato, stando non alla cronaca, soltanto al buon senso, l’omicidio. Magari lo era, non lo so. Vorrei saperlo. So soltanto che esistevano delle foto perfette, decine di foto perfette di due dei quattro stronzi. Le quali foto, essendo sempre la stronzaggine compagna del cretinismo, erano state bullescamente postate da loro stessi. Ne è uscita un’orgia di cui il politicamente corretto s’è impadronita subito. Figurarsi la stampa limpida del Belpaese. In poche ore era successo questo: eccoli i due assassini. La palestra, le arti marziali, i tatuaggi. Il fascismo. L’unità contro i mostri. Le responsabilità individuali, delle quali tuttora si accennava nei codici, non interessavano a nessuno. Trovati i colpevoli, si menava. Tornava in auge l’ergastolo. Perdevano quota, diciamo meglio, precipitavano i diritti del detenuto. Si avvertiva, o almeno ho avvertito, un’ariaccia plebea e trasversale circondare quei due: bullismo di altra classe e della stessa pasta. Senza i cazzotti, certo, e lasciando via via da parte le arti marziali, ancor più la palestra e trascurando i tatuaggi, insistendo sui quali si sarebbe spalancata la galera ai quattro quinti di quelli sotto i quarant’anni stavamo usando con quei quattro stronzi lo stesso metodo che imputavamo loro. Forza bruta. Garanzie cancellate, ragioni personali, o torti, cancellati, cronache sempre ancorate alle foto. Uno valeva l’altro, intanto. E le avevamo viste tutti, le foto di quei due. Avrebbero ballato gli ergastoli, in seguito? Si poteva andare a caso, con gentaglia del genere. Contava l’analisi sociale, o meglio sociologica e meglio ancora culturale. Oltreché dedicarsi, i più raffinati, alle colpe di Zuckerberg. Bene. Non mi è piaciuto, non mi piace. Tengo la fissa della colpa di ciascuno. Delle accuse verso il singolo, perciò della sua difesa. Concedo la fissa. Ipergarantismo? Tua sorella. Dice però Giuliano: contro la pedanteria, diritto al sospetto. “Perfino il sospetto, che non è l’anticamera della verità se non nella mentalità inquisitoria più greve, ha il suo diritto alla vita, è una questione che può essere normata e limitata e arginata, ma non può essere correttisticamente negata”. Ha ragione. Però dipende. C’è il sospetto del piccolo e quello del grande, del colto e dello zotico, di chi conosce le carceri italiane e di chi no, di chi conosce i giornali e di chi (giustamente) se ne sbatte, di chi sa dei vassalli e di chi fa il valvassino, di chi s’è speso contro i Di Pietro e di chi adesso lui pure, avendone indossato a lungo la maglietta, di chi un po’ avanti proverebbe ad andare e di chi fa avanti e indietro per indole. C’è posto perfino per chi sospetta che i quattro stronzi, perché sul fatto che quattro stronzi siano, su questo non c’è dubbio, siano tutti assassini nello stesso modo. Certo. Anche il dubbio conserva i suoi diritti. E’ che di dubbi, stavolta, se ne vedevano pochini.
Andrea Marcenaro