Il guaio della cabina di regia sarebbe reale se ci fosse una regia

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 18 dicembre 2020

    Al direttore - Dal semaforo di Bruxelles ok per tarallucci e vino.
    Giuseppe De Filippi
     


     

    Al direttore - Sono del tutto comprensibili, e per molti versi condivisibili, le ragioni che hanno opposto Matteo Renzi al premier Conte nella discussione al Senato della scorsa settimana. Qualche giorno fa avevo scritto un tweet che recitava più o meno così: “Ma come? Non si vuole fare un rimpasto di governo e poi si istituisce una struttura che di fatto espropria il governo o per lo meno buona parte dei ministeri competenti sul Recovery? Evidentemente c’è un problema”. Quindi, sia per ragioni politiche che tecniche, occorrerà trovare una raccordo fra l’attuale struttura amministrativa e le nuove funzioni che si immaginano per rendere attuabile e performante la spesa prevista. Che non può ovviamente essere sottratta, c’è un po’ di eccessiva furbizia nella struttura prevista, alla collegialità del governo. Così come va probabilmente ridiscussa la distribuzione delle risorse fra i vari programmi previsti. Questione su cui sarebbe bene coinvolgere l’intero Parlamento. Detto questo inviterei però a non buttare il bambino con l’acqua sporca. Le norme previste contengono anche importanti e positive novità, con cui anche Renzi non può che concordare. Mi riferisco innanzitutto alle semplificazioni introdotte nel processo decisionale, che vanno ben oltre il quasi inutile provvedimento “Semplificazioni” da poco approvato dal Parlamento italiano. Mi riferisco ad alcuni punti che cito a volo d’uccello. L’eliminazione del parere preventivo della Corte dei conti, i poteri sostitutivi assegnati ai responsabili di missione, la dichiarazione di pubblica utilità dei progetti, che modifica e supera ogni altra disposizione e regolamento, lo snellimento delle conferenze di servizio con la messa in mora delle amministrazioni inadempienti, la velocizzazione delle procedure di via affidate a un organismo alle dirette dipendenze della presidenza del Consiglio. Insomma, tanta roba e attesa da tempo. Che dimostra per altro come la legislazione ordinaria funzioni assai poco e che debba essere messa da parte ogni qual volta si debba giocare sul serio e non semplicemente fare melina a centrocampo. Ora siccome si è invocato in tutti questi mesi il “modello Genova”, a dimostrazione del fatto che quando le cose si vogliono fare si possono fare, forse vale la pena di prenderne l’impostazione. Là furono il sindaco di Genova e il presidente della regione a menare le danze, dotati dei necessari poteri. Né può essere il decisore Renzi a non concordare nel merito. Sarebbe probabilmente sufficiente raccordare meglio le funzioni dei ministeri con quelli dei commissari da nominare. Perché per esempio non dotare di poteri commissariali, ricordo ancora Genova, gli stessi ministri con possibilità di delega? In realtà ci troviamo di fronte a un paradosso, dovuto all’assoluta sfiducia da un lato nelle procedure ordinarie dall’altra nella qualità decisionale dei ministeri. Ma se non si chiude questa contraddizione si innesta nel processo decisionale un conflitto permanente fra “ordinario” e “straordinario”, fra norme che i ministeri sulla base della legislazione ordinaria dovrebbero rispettare e poteri commissariali che quelle norme devono forzare, se non violare, per ottenere i risultati desiderati. Oltretutto, mi risulta difficile immaginare quale manager di un certo livello abbia la voglia e le competenze per infilarsi in un conflitto di questo genere e in procedure lontane mille miglia dal codice civile che governa le imprese. Forse meglio qualche esperto “commis d’état”. Resta da dire qualcosa sui contenuti del Recovery. I capitoli ci sono, ma se dovessimo analizzare quanto sono sostenuti da una analisi approfondita della struttura produttiva italiana e delle condizioni della sua continua perdita di produttività, ci sarebbero molti appunti da fare e molte, troppe lacune da segnalare.
    Chicco Testa

     

    Il punto in effetti è proprio questo: non se sia necessario creare procedure straordinarie per creare corsie preferenziali nella realizzazione dei progetti ma se sia opportuno affidare quelle corsie preferenziali a persone diverse da quelle del governo. Le corsie preferenziali servono. Se poi il governo sostiene che i ministri del suo governo non siano adatti a svolgere il ruolo eccezionale che dovrebbero svolgere nella stagione del Recovery il problema non è la cabina che non si riesce a formare ma è la regia che non sa dove guardare.

     


     

    Al direttore - In rassegna stamattina ho trovato l’articolo “Gli assessori di Raggi che gufano per la condanna” pubblicato dal tuo giornale, che leggo regolarmente. Questo pezzo, a partire dal suo titolo, non è degno di essere definito giornalismo e fa a pugni con le ambizioni al lavoro di qualità della testata. Vi si leggono congetture dell’autore che egli stesso trasforma in verità, nessuna verifica, nessun confronto con coloro (me ad esempio) di cui l’autore ritiene di leggere il pensiero. Ad agosto ho espresso le mie opinioni sulla decisione di Virginia Raggi di candidarsi per un secondo mandato, in un confronto corretto con l’intervistatrice e il quotidiano che ha raccolto l’intervista. De Rosa invece costruisce allusioni, arrivando a supporre che io possa sperare in una sentenza di condanna per Virginia Raggi, naturalmente avendo cura nella forma di tutelarsi da una possibile causa per diffamazione. Al contrario, auspico l’assoluzione. E che al centro della prossima campagna elettorale ci sia Roma e il futuro della città, non altro. Sono una persona seria, trovo sempre indigeribile la strumentalizzazione di ogni vicenda, di quelle giudiziarie più di tutte. Sono inoltre convinto, da decenni, che strumentalizzare l’azione della magistratura per pronunciare giudizi politici, delegittimi politica e magistratura e mini il funzionamento della democrazia. Per cui sarebbe ora di smetterla e i media, volendo, hanno un ruolo fondamentale da svolgere al riguardo. 
    T’invito a dare notizia di questa mia ai tuoi lettori.

     Luca Bergamo, vicesindaco di Roma e assessore alla Cultura

     

    Grazie della precisazione, caro dottor Bergamo. Naturalmente, come si evince perfettamente dal testo di De Rosa, nessuno ha mai scritto e neppure pensato che lei possa augurarsi una condanna della sindaca, abbiamo solo scritto che lei si augura che vi sia la possibilità, condanna o non condanna, che la sindaca faccia un passo indietro lasciando libero il campo a un’alleanza tra il M5s e il Pd. Buon lavoro e a presto. 

     


     

    Al direttore - In riferimento all’articolo pubblicato dal Foglio in data 17.12.2020, dal titolo “Gli assessori di Raggi che gufano per la condanna” firmato Gianluca De Rosa, si precisa quanto segue: nell’articolo c’è la frase: “Neutrale, ma sempre con il dente avvelenato, il presidente del consiglio comunale Marcello De Vito”. Si fa presente che il presidente De Vito non solo non ha “il dente avvelenato”, ma svolge il suo ruolo con volontà, dedizione e impegno tutti i giorni, coerente al mandato conferitogli da 6.741 cittadini. Si prega quindi di procedere a rettificare secondo la normativa vigente, riservando stesso spazio e veste grafica dell’articolo in questione. Si riserva ogni ulteriore richiesta. 
    Cordialità,

    Presidenza dell’Assemblea capitolina

      

    Rettifichiamo, in attesa di un certificato medico del dentista, che il presidente De Vito non ha alcun veleno tra i suoi denti. Grazie per questa perla e buon lavoro.