La pandemia e un'Italia-Germania che finisce pari, o quasi
Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 27 gennaio 2021
Al direttore - “L’armata Brancaleone” è il primo film della saga diretta da Mario Monicelli. E’ uscito una ventina di anni prima che lei, caro Cerasa, venisse al mondo; ma immagino che abbia avuto l’occasione di vederlo più volte alla tv. Ricorderà allora una delle scena finali, quando la “resistibile” armata al comando di Brancaleone da Norcia, arrivata alla rocca di Aurocastro, si appresta a difenderla da “lo nero periglio che vien da lo mare” (le ripetute scorribande e razzie dei Saraceni). I nostri eroi scalcinati organizzano una ingegnosa trappola dove dovrebbero cadere gli invasori. Invece, maldestri come sono, ci finiscono loro, consegnandosi così inermi al nemico. L’operazione va a monte perché il ragazzo incaricato della prima mossa – tirare un sasso con la fionda – sbaglia bersaglio. Ci vede qualche similitudine con la crisi politica che si è aperta da noi?
Giuliano Cazzola
Pierluigi Castagnetti, due giorni fa, ha ricordato una frase di Aldo Moro, pronunciata il 28 dicembre 1978, che mi sembra si adatti perfettamente alla stagione politica che stiamo vivendo: “La nostra flessibilità più che il nostro potere ha salvato fin qui la democrazia italiana”.
Al direttore - Caro Cerasa, lo sa qual è il vero paradosso? Che l’Italia forse può permettersi questa crisi di governo anche perché dal punto di vista sanitario le cose vanno meno peggio di quanto vengono raccontate da chi vuole mettere il governo in crisi.
Mario Martoni
Questo forse è un po’ esagerato. Ma c’è un dato interessante che invece merita di essere appuntato ed è quello offerto ieri su Repubblica da Yoram Gutgeld, ex consigliere economico di Matteo Renzi, che ha notato due cose interessanti. La prima: l’Italia, rispetto alla Germania, ha avuto più contagi anche perché ha “un’elevata densità abitativa, un alto tasso di interazioni sociali, e rispetto alla Germania nuclei familiari più grandi con i nonni che vivono spesso assieme ai nipoti”. Rispetto al tema della letalità, invece, Gutgeld suggerisce un numero interessante: “I dati ufficiali dell’Istituto superiore di sanità per l’Italia e del Robert Koch Institut per la Germania ci dicono che nella fascia degli over 80, dove si concentrano due terzi dei decessi, la letalità di Germania e Italia (nella seconda fase dove i dati sono significativi) è praticamente identica, attorno al 16 per cento”. Interessante, no?
Al direttore - E’ il momento di impegnarsi seriamente per dare al paese un governo in grado di fare bene e durare per il tempo che ci separa dal voto del 2023. Basta con gli odi gretti e coi ripicchi! Non ho condiviso il modo in cui Renzi ha lasciato il governo aprendo nei fatti la crisi. Nervosismi e segni di immaturità tuttavia non sono mancati da parte del Pd e di alcuni dirigenti: invettive e dichiarazioni di guerra. Parole lontane dal lessico di una forza importante della sinistra democratica. Incomprensibile e imperdonabile inoltre illudersi di reggere con un appello ai “costruttori”: una manifestazione di perdita di senno e della realtà politica. Il Pd avrebbe dovuto anticipare l’iniziativa di Renzi, orientando la vicenda politica verso un nuovo governo Conte sulla base di un accordo più chiaro e saldo. Farlo riconoscendo la fondatezza di alcune questioni poste da Italia viva e facendo esplicitamente intendere a Conte che un governo di coalizione comporta una guida più attenta e avveduta e una capacità realizzatrice maggiore considerato lo stato in cui versa il paese. Per dirla con una parola grossa, il Pd avrebbe dovuto affermare la propria funzione dirigente. In realtà, ahimè, il Pd è venuto meno a tale compito. Ha subìto le pretese dei grillini ancora nei giorni scorsi scioccamente felici con Di Battista di essersi liberati di Renzi. E’ stato ampiamente ricordato l’aspetto strumentale nella condotta di Italia viva. Molti tuttavia hanno riconosciuto che alcuni problemi sollevati da Renzi erano seri. Problemi che il Pd avrebbe potuto fare propri. Ma tant’è. Come si esce ora dalla pericolosa situazione in cui è stato cacciato il paese? Allo stato non credo ci siano le condizioni per una grande coalizione. Inutile tornare su una soluzione che, in astratto, sarebbe la più giusta. E’ noto inoltre che il Quirinale non consentirebbe governi affidati al sostegno di volenterosi. Quella dei “costruttori” è una partita chiusa. Né pare possibile superare Conte malgrado errori ed elementi di doppiezza nel suo comportamento. E’ il caso di rassegnarsi ad averlo ancora a Palazzo Chigi. Occorre quindi armarsi di pazienza e ricostruire l’alleanza con Italia viva sulla base di alcuni impegni politici e programmatici seri, vincolanti per tutti: un governo (per quanto possibile di questi tempi) migliorato nella sua composizione; che affronti il nodo della governance del Recovery fund scongiurando il rischio di una babele tra i gruppi politici nella scelta dei progetti e nella utilizzazione delle risorse; una maggiore attenzione agli investimenti e alla crescita; maggiori risorse per sanità e scuola. Una operazione politica non facile, tuttavia senza alternativa. Il Pd nella fase che si aprirebbe conclusa la crisi e rilanciata l’azione del governo, avrebbe la maggiore responsabilità politica. Mi auguro questa volta si dimostri all’altezza.
Umberto Ranieri
Analisi perfetta.