La sinistra e la paura di cambiare: il cruccio del professor Cassano
Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 24 febbraio 2021
Al direttore - Chiedere tutto e lasciare Salvini fuori.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Se ne va con Franco Cassano un valoroso e originale studioso dei processi di modernizzazione. “Modernizzare stanca” è il titolo di un suo lavoro. Lo sguardo critico con cui guardava alle mitologie della modernità non tradiva alcuna nostalgia, Cassano svelava con una riflessione seria e approfondita “il mito efficentista e nevrotico” della modernizzazione. Le grandiose conquiste della tecnica, sosteneva Cassano, aumentano a dismisura il potere degli uomini ma non sopprimono l’angoscia e la solitudine. Se non vogliamo consegnare i giovani a una solitudine insostenibile, continuava Cassano, dobbiamo ripensare il valore del legame con gli altri. Solo la nostra capacità di legarci in quella che Giacomo Leopardi chiamava “social catena” potrebbe attutire lo strapotere della moderna solitudine. E torna Leopardi nelle riflessioni di Franco. Leopardi che ha sempre accompagnato Franco e nel quale la coscienza della fragilità offre agli uomini una formidabile occasione di solidarietà. A Bari, negli anni Settanta, Franco incontrerà un gruppo di giovani intellettuali, da Franco De Felice a Mario Santostasi, da Franca Papa a Marcello Montanari, formatisi tra l’Università, casa Laterza e l’editrice De Donato, animati da un Beppe Vacca poco più che ventenne. Un gruppo che si impegnerà in un’impresa politico-culturale temeraria: ripensare l’identità del Partito comunista in termini integralmente storico-politici. Interpretarono, quei giovani intellettuali, il marxismo come erede, proseguimento, sviluppo dello storicismo italiano da Vico a Croce attraverso Spaventa e Labriola. Gli scritti di Gramsci consentivano di presentare il marxismo come il compimento della tradizione dell’idealismo hegeliano italiano, in particolare di quello di Croce. Su queste basi incontrarono il pensiero e la lezione di Biagio de Giovanni, in quegli anni docente all’Università di Bari, e diedero vita a uno straordinario sodalizio umano e politico-intellettuale. Verranno poi gli anni della riflessione sul Mezzogiorno. Per Franco la questione meridionale è parte della questione mediterranea. Affrontarle separatamente non ha senso e porta solo a risultati parziali. Su questo obiettivo occorre incalzare l’Unione europea e il governo italiano “spingendoli a uscire da una micidiale miscela di retorica e inerzia”. Per Cassano il “pensiero meridiano” vuol dire restituire al sud l’antica dignità di soggetto del pensiero, non certamente indulgere, come sostengono i critici, al localismo, “quel giocare melmoso con i propri vizi che ha condotto qualcuno a chiamare giustamente il sud un inferno”. Al contrario, un pensiero meridiano ha il compito di pensare il sud con maggiore rigore e durezza. Negli anni successivi sarà di grande bellezza la lettura che Cassano proporrà della “Leggenda del Grande Inquisitore”. Il vecchio prelato, sosterrà Cassano perché è un profondo conoscitore degli uomini, sa che l’enorme maggioranza degli uomini non riesce a resistere alle tentazioni e proprio sulle tentazioni edifica il suo regno. Chi vuole combattere il Grande Inquisitore deve evitare che le avanguardie morali si separino dal resto degli uomini. Egli ci parla del rischio di una possibile incolmabile distanza tra quella aristocrazia morale e tutti quelli che sia pure in misura diversa non posseggono le stesse virtù. Una pagina di straordinaria attualità. Infine in un volumetto di appena 90 pagine, “Senza il vento delle storia”, Cassano inviterà la sinistra ad avere il coraggio di fare i conti con la realtà, accettare la sfida di un mondo profondamente cambiato e abbandonare ogni nostalgia. L’unico modo per essere coerente con i propri valori. Quando Biagio de Giovanni, cui Franco era fortemente legato da vincoli intellettuali e di affettuosa amicizia, fu chiamato a far parte della Accademia dei Lincei, lo festeggiammo in una fredda sera di dicembre alla presenza anche di Giorgio Napolitano. Franco si sobbarcò un lungo viaggio a Napoli per salutare Biagio. E fu molto bello e ricco di spunti e di memoria il suo saluto. Se ne va uno studioso notevole che ancora tanto avrebbe potuto dare agli studi e alla cultura italiani. Un intellettuale vero di cui vorrei ricordare lo scrupolo nello studio, la sobrietà e la cortesia del tratto umano.
Umberto Ranieri
Ricordo, oltre a un dialogo formidabile tra Giuliano Ferrara e Franco Cassano pubblicato nell’aprile del 2011, una bellissima recensione di un suo libro che nel 2011, sulle nostre pagine, fece la nostra amica Alessandra Sardoni. Attraverso quel libro (“L’umiltà del male”) Cassano provò a spiegare perché la sinistra, che lui amava ma che lo faceva disperare, avrebbe dovuto essere più coraggiosa nella costruzione del suo futuro su un punto in particolare: il suo rapporto con la giustizia. La testimonianza, diceva Cassano, “non deve evocare il tribunale penale, ma deve evocare la capacità di fare onore alle proprie idee”. Ci mancherà.