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Cambiare la politica, cambiare la ricerca. L'Italia se lo merita

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - And believe me the under secretaries will be enough. 
Giuseppe De Filippi



Al direttore - Da un lato l’autorevolezza di Draghi; dall’altro un sistema dei partiti alla frutta. Solo bypassando il secondo la prima potrà farsi valere nella campagna vaccinale e nelle scelte del Recovery plan. E’ impossibile? Non credo.
Michele Magno

 

Non si può governare l’Italia senza governare la politica e per governare la politica bisogna fare uno sforzo: non provare a bypassarla ma provare a cambiarla. E se ci fa caso il problema, anche nelle regioni, non è la politica in generale, ovviamente, ma è quella disorganizzata, inefficiente e dunque incapace. 



Al direttore - Nasce al Senato il nuovo gruppo degli ex Cinque stelle… con il marchio Italia dei Valori… e la benedizione di Pacini Battaglia: Di Pietro e Lucibello mi hanno sbancato.
Frank Cimini 

 

E’ il Movimento 5 sberle, bellezza.



Al direttore - Da scozzese trasferitosi in Italia per dirigere un grande istituto di ricerca non posso che condividere lo stupore, espresso dal presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi in un passaggio del suo discorso al Senato, nel notare come spesso il giudizio diffuso tra gli europei sull’Italia sia migliore di quello degli italiani su loro stessi. Nell’ambito della ricerca, ad esempio, le capacità e la produttività degli italiani sono ben noti e i dati pubblicati lo scorso dicembre dalla Commissione europea dimostrano che i vostri connazionali sono tra i primi vincitori – tra l’altro con un buon equilibrio di genere – degli Erc Grant, prestigiosi finanziamenti alla ricerca europei, davanti a tedeschi, francesi e inglesi. Eppure, l’Italia è in coda ai principali paesi Ue quando si guarda agli istituti in cui questi grant vengono spesi: molti di questi ricercatori italiani d’eccellenza, infatti, lavorano all’estero perché non hanno trovato in patria centri di ricerca con fondi adeguati per sostenere lo sviluppo dei loro studi. Tuttavia, la volontà espressa dal presidente Draghi di fare maggiori investimenti in ricerca, con particolare riferimento a quella di base, non può che rafforzare la mia convinzione che un’inversione di rotta sia possibile. Del resto, io stesso in questi anni ne sono stato testimone. Quando ho sentito parlare per la prima volta di Human Technopole, il nuovo istituto di ricerca per le scienze della vita, mi è sembrata un’opportunità unica per venire a lavorare in Italia.  Nel corso della mia carriera ho lavorato con tanti colleghi italiani che hanno contribuito in maniera significativa ai miei studi e al mio percorso professionale. Sono molto onorato di poter restituire a un paese che mi ha dato tanto e che ha contribuito all’avanzamento della ricerca scientifica a livello globale. Dopo un accurato processo di selezione, abbiamo individuato i biochimici, informatici e genetisti che saranno responsabili dei primi centri di ricerca di HT. Si tratta di scienziati con carriere di altissimo profilo, che hanno ricoperto incarichi in istituti di prestigio, dall’Università di Cambridge al Riken Institute di Yokohama in Giappone. Sono italiani e sei su sette verranno a lavorare in Italia per la prima volta dopo molti anni passati all’estero. Hanno scelto Human Technopole per l’opportunità di poter costruire un istituto da zero, ma anche per la passione che nutrono per il proprio lavoro e per il proprio paese. Alla passione bisogna però aggiungere condizioni in linea con gli standard internazionali e la costruzione di un modello organizzativo efficace, di condivisione e collaborazione. Ai nostri ricercatori offriamo la possibilità di mantenere un ruolo nell’istituto di provenienza, in una percentuale variabile, ma che garantisce che tutti trascorreranno almeno l’80 per cento del loro tempo in Italia dopo uno o due anni. Un approccio che assicura flessibilità sul piano personale e arricchisce HT creando connessioni con istituti internazionali con cui sviluppare progetti condivisi. Ci impegniamo inoltre a offrire opportunità di formazione per la prossima generazione di scienziati, oltre a borse di studio quali l’Early Career Fellowship Programme: un’iniziativa per giovani ricercatori di qualunque nazionalità interessati a sviluppare progetti di ricerca innovativi con università o istituti italiani. Credo infatti che il vero valore aggiunto sia dato dalla circolazione dei cervelli, più che dal loro rientro. Il nostro modello è attraente per gli italiani espatriati ma anche per i tanti talenti stranieri che vedono nell’Italia un paese affascinante, con un’alta qualità della vita. Lo dimostra il fatto che nel prossimo round di assunzioni troviamo tanti ricercatori stranieri.  D’altronde, a parità di condizioni, chi non sceglierebbe di vivere in Italia? Io non ho avuto dubbi.
Prof. Iain Mattaj, direttore Human Technopole

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