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Lettere

Noi e i medici. Perché bisogna stare con chi si prende cura di noi

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Ho molto apprezzato, caro Claudio, il tributo di riconoscenza che il giornale da lei diretto ha voluto dedicare ai dirigenti, ai medici e al personale sanitario caduti nell’adempimento del dovere nella lotta al Covid-19. Voglio però richiamare un passaggio della bella intervista di Annalisa Chirico a Filippo Anelli, presidente degli Ordini dei medici, laddove l’intervistato riferisce, incidentalmente, del costo dell’assicurazione che i medici sono costretti a sottoscrivere, per difendersi, almeno sul piano degli eventuali rimborsi dei danni, dalle azioni legali sempre più frequentemente promosse dai parenti delle persone decedute, perché ormai è invalsa la convinzione che la morte non sia più un episodio dell’esistenza, ma un errore del servizio sanitario. Basterebbe chiedere in giro per accorgersi che tanti medici – impegnati da mesi contro la pandemia – osservano con preoccupazione gli esposti che tanti comitati di parenti delle vittime non esitano a presentare alle procure.
Giuliano Cazzola

 

L’Italia, purtroppo, è uno dei pochi paesi in Europa, insieme con la Polonia, dove i medici possono essere perseguiti penalmente per colpa medica (ogni anno si aprono in Italia 35 mila azioni legali contro medici e strutture sanitarie pubbliche) e se non ricordiamo male le denunce penali a carico dei medici che arrivano a giudizio sono il 5 per cento del totale. Mai come oggi combattere la giustizia sommaria nel mondo della Sanità non significa stare dalla parte dei furbi: significa semplicemente stare dalla parte di chi si prende cura di noi.

 

Al direttore - Non capita spesso di leggere un articolo di giornale e di sentirsi rappresentati. Si sa che fa notizia l’uomo che morde il cane e non viceversa. Ma non è mai piacevole ritrovarsi tra quelli che i morsi li hanno subiti. Peggio ancora quando si tratta di morsi ricevuti senza motivo né ragione. Il suo articolo (“La borghesia è nuda di fronte a Draghi”) inanella un elenco di programmi tv e di libri nei quali sono stato – senza volerlo – un protagonista negativo. A torto. Superando il riflesso pavloviano (sempre di cane si tratta) che ricorda dolori e ingiustizie (quando la giustizia fa il suo corso, ogni sentenza preventiva è un’ingiustizia) ho letto fino in fondo e mi sono sentito rappresentato tra coloro che hanno subìto la ventata anti istituzionale che si è abbattuta sul paese. Il vento si è placato? La giustizia ha fatto il suo corso (lasciandomi privo di motivi per cui chiedere scusa). Mi resta lo stesso rispetto per le Istituzioni che ho servito e che molti hanno provato a infangare. In più la speranza che articoli come il suo ripropongano il ruolo del buon giornalismo che fa il watchdog, il cane (ancora!) da guardia, non il servitore di poteri (forti) anche se travestiti da antipotere.
Antonio Mastrapasqua

 

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