Albert Bourla, ceo di Pfizer (foto Ap)

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Vaccini e sovranità: Galli della Bourla batte Galli della Loggia

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Aprono prima i ristoranti e dopo le palestre, poi dice la programmazione economica.
Giuseppe De Filippi


 

Al direttore - Nell’articolo “Qui viale Mazzini” a firma di Lorenzo Marini, parlando dei filmati de “La storia siamo noi” e della mia rivendicazione sui diritti, di cui per contratto ho la titolarità,  l’autore scrive: “Peccato però che secondo alcuni si tratterebbe di una bufala perché i filmati di archivio usati nel programma stanno già nelle Teche Rai”. Mi chiedo dove dovrebbero stare i programmi fatti per la Rai se non nelle Teche Rai? Il problema non è quello. Il problema è sapere di chi sono i diritti su quell’opera. La bufala non si capisce se non nel tentativo maldestro di difesa della Rai. Si tratta di opere originali che come tali sono state contrattualizzate. E’ come se il marmo utilizzato da Michelangelo per le sue opere desse al venditore del marmo dei diritti sull’opera dell’autore. La Rai ha avuto 10 anni di tempo per trattare e non lo ha fatto. Adesso l’unico diritto che le resta è di sedersi intorno a un tavolo e se vuole, trattare il valore materiale di quell’opera. E quindi fare una proposta come più volte annunciata ma mai fatta. Il tempo per ogni arzigogolo diverso è scaduto. E il mercato mostra sempre di più l’interesse per quel contratto che la Rai ha lasciato scadere dopo 10 anni, perdendo ogni diritto. Grazie per lo spazio che vorrete concedermi. Un cordiale saluto.
Giovanni Minoli


 

Al direttore - Ho trovato interessante e centrato l’editoriale “I poteri nell’èra Draghi” sul Foglio di ieri. Nel contesto di una maggiore globalizzazione delle élite economico-finanziarie nazionali è indubbiamente vero che oggi c’è meno interesse alla politica da parte di queste élite e dunque una minore “rivendicazione di influenza sul potere forte che si trova a capo del governo”. Altrettanto centrata mi sembra anche l’osservazione che Draghi non vorrà mediare con i partiti la scelta dei ruoli chiave nelle grandi partecipate pubbliche i cui vertici scadranno a breve, lasciando loro l’ambito riservato ai consigli di amministrazione. Vero anche che l’ex presidente della Bce, ma soprattutto l’ex vicepresidente di Goldman Sachs, con ogni probabilità  userà nel metodo di selezione il criterio della esperienza internazionale, del gradimento dei mercati, della capacità di ben interloquire con gli stakeholder della società, magari senza guardare alla nazionalità del prescelto. Quello che non mi aspetterei tuttavia sono clamorosi cambiamenti che aprono dibattiti su ipotetici ridisegni di sistema. Si fa un gran parlare di cambio di passo, ci si esercita su una metrica della discontinuità tra il prima e il dopo. In realtà Draghi, e la sua storia professionale sembra confermarlo, sembra piuttosto ispirare la sua azione a quello che gli americani chiamano incrementalism, ovvero l’avanzamento a piccoli passi. E’ la loro somma che misura il risultato. Lui l’obiettivo lo ha molto chiaro.
Marco Cecchini


 

Al direttore - Ho letto una notevole intervista concessa da Albert Bourla al Corriere della Sera e ad altri giornali e c’è una frase molto bella che il presidente e amministratore delegato di Pfizer ha offerto ai cronisti: “Che un ebreo greco e dei turchi musulmani, entrambi immigrati in paesi diversi, stiano collaborando e che stiano facendo degli sforzi senza nemmeno firmare un contratto, solo per salvare il mondo. Il fatto di essere un immigrato penso sia la caratteristica più importante di tutte”.  Niente male, no?
Luca Martini 

 

Il vaccino che forse salverà il mondo nasce grazie alla globalizzazione selvaggia, alla corsa al profitto e ai benefici dell’immigrazione. Com’era la storia del ritorno al sovranismo? Spiace, ma Galli della Bourla batte Galli della Loggia 10-0.

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