Lettere
La vera guerra asimmetrica in medio oriente (vedi alla voce Hamas)
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Il cappello sulle 23.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Il rumore di sottofondo si è fatto squillo di tromba quando, dopo un lungo silenzio, Michele Santoro ha detto che in fondo Silvio Berlusconi è una brava persona e che la storia della trattativa stato-mafia era una bufala. Parole lapidarie pronunciate in tivù, nel Sacro tempio della morale pubblica, dal primo e più celebre dei censori della “casta” politica, dei cultori dell’antiberlusconismo, degli aedi dei più screditati pentiti di mafia come Massimo Ciancimino. Si è dunque chiusa un’epoca e quel che colpisce è che si è chiusa come si chiuse la precedente: con i magistrati nelle stesse condizioni dei politici di allora. Quei politici di cui hanno espropriato le funzioni in nome di un codice che non era penale, ma morale. Magistrati, visti oggi, divisi in correnti settarie, dediti alla trama, bramosi di potere, sensibili al denaro, refrattari a ogni responsabilità costituzionale e personale… Un incredibile ribaltamento di ruoli a trent’anni da quando tutto, improvvisamente, cambiò. La Prima Repubblica si è conclusa con la magistratura che mette in stato d’accusa la Politica e con Bettino Craxi nel ruolo, tragico, del capro espiatorio. La Seconda Repubblica si sta concludendo con i media e la pubblica opinione (negli ultimi 11 anni la fiducia nei magistrati è passata dal 68 al 39 per cento) che mettono in stato d’accusa la magistratura e con Luca Palamara nel ruolo, più grottesco che tragico, del capro espiatorio. Tutto sta cambiando, dunque, e molto in effetti è già cambiato. Piercamillo Davigo e Beppe Grillo sul banco degli imputati, la Raggi che si scusa con Marino per averne invocato la carcerazione, i salvataggi di banche private con denaro pubblico, 50 miliardi di opere pubbliche da realizzare in deroga al codice degli appalti, la crescente consapevolezza che reati come l’abuso d’ufficio non ostacolino il crimine ma la buona amministrazione, quel che resta del Movimento 5 stelle pronto a rimangiarsi parte della prescrizione e a votare la riforma Cartabia: solo un primo passo, certo, ma culturalmente rivoluzionario, nella direzione dello stato di diritto. E perciò in direzione contraria alla spettacolarizzazione delle indagini, alla criminalizzazione dell’imputato, all’arbitrio dei pubblici ministeri. La svolta è apprezzabile, la crisi del potere conclamata e totale. Grava su chiunque abbia una qualche responsabilità pubblica il dovere di contribuire a ricostruire la credibilità e l’efficacia delle Istituzioni.
Andrea Cangini
senatore di Forza Italia
Molti protagonisti della vecchia repubblica delle manette stanno combattendo per evitare di affogare nello stesso fango giustizialista che loro stessi hanno contribuito ad alimentare per anni. Eppure c’è un elemento che su questo punto mi induce a essere un po’ meno ottimista di lei: gli errori del passato sono chiari, un po’ meno chiaro è invece chi in politica, nel futuro, aiuterà l’Italia a non commettere più quei dannati errori.
Al direttore - Puntualmente, ogni volta che la Terra Santa è teatro di un bagno di sangue, in taluni ambienti dell’intellettualità radicale viene adombrata l’ignobile equivalenza tra il genocidio nazista degli ebrei e la repressione israeliana dei palestinesi. Si tratta di una smaccata distorsione della verità storica, che non sempre viene contrastata con la necessaria decisione. Del resto, il pregiudizio antigiudaico affonda le sue radici in una millenaria tradizione. E’ così accaduto che un senatore pentastellato abbia potuto gettare impunemente l’allarme sul disegno antico dei banchieri dal naso adunco di controllare il mondo, attingendo al vecchio paradigma vittimistico del falsificatori dei “Protocolli di Sion”. Ma se questo può essere considerato come un clamoroso caso di miseria politica e culturale domestica, assai più inquietante è un fenomeno che rischia di prosperare anche a ovest di Allah. Mi riferisco a quel negazionismo secondo cui gli ebrei, le “false vittime” di ieri di un genocidio “inesistente”, sono i veri persecutori di oggi. Come è noto, per i suoi teorici lo Stato d’Israele è un’impostura, l’abusivo destinatario di una solidarietà deviata. La sua nascita e la sua esistenza si avvalgono quindi di un’indebita patente di legittimità morale, sono soltanto il frutto della cattiva coscienza dell’occidente. In questo delirio della ragione la Shoah diventa un “mito”, il sionismo l’avatar del complotto giudaico, il governo di Tel Aviv la sua intelligenza e il suo avamposto militare. E’ sufficiente dare un’occhiata ai social di questi giorni per farsi un’idea del largo consenso di cui ormai godono queste tesi aberranti. Il pericolo di un revival dell’antisemitismo in Europa resta perciò assai serio. Tuttavia, il continente che ha visto sterminare “i più europei e meno nazionalisti dei suoi cittadini” (Amos Oz) non può pensare di riconciliarsi con il proprio passato e di progettare il proprio futuro come comunità di destino abbassando la guardia contro gli “assassini della memoria” (Pierre Vidal-Naquet).
Michele Magno
Nella Costituzione di Hamas non c’è alcun riferimento alla necessità da parte di Israele di ritirarsi nei confini del 1967 o al dovere da parte di Israele di restituire le colonie. Hamas ha solo un obiettivo: la distruzione dello stato di Israele e la sua eliminazione dalle mappe geografiche. E’ questa la vera guerra asimmetrica.