La svolta di Di Maio non va derisa, ma registrata e studiata
Le lettere al direttore Claudio Cerasa del primo giugno 2021
Al direttore - Per le nomine di Draghi c’è un’autostrada.
Giuseppe De Filippi
Mi capita spesso di passare sulla E45, la famosa superstrada che collega Terni con Ravenna e con Cesena, e mi viene da pensare, quando passo in questa strada disastrosa, inghiottita dalle buche eterne e dalle deviazioni senza fine, che il passaggio delle autostrade dalle concessioni ai privati alle autoconcessioni allo stato (la E45 è dell’Anas, cioè lo stato) potrebbe corrispondere al classico e sofisticatissimo passaggio dalla padella alla brace. Speriamo che la Cassa depositi e prestiti, che ieri ha ricevuto l’ok definitivo da parte del cda di Atlantia per la vendita dell’88 per cento di Autostrade per l’Italia al consorzio guidato da Cassa depositi e prestiti (51 per cento) e dai fondi Blackstone (24,5 per cento) e Macquarie (24,5 per cento), riesca a non regalarci un’Italia fatta da altre E45. Grazie.
Al direttore - In politica contano gli atti, non i processi alle intenzioni. La lettera di scuse di Luigi Di Maio all’ex sindaco di Lodi è stata giustamente valorizzata dal suo giornale. Magari prima di associare tutto il M5s nella svolta garantista del ministro degli Esteri sarebbe stato il caso di ricordare la gazzarra dei senatori pentastellati in Aula sul caso Formigoni. Credo, tuttavia, che Di Maio e i suoi abbiano diritto alle attenuanti generiche per anni di malefatte e gogne giustizialiste. In fondo sono stati solo degli esecutori. Se non ci fossero stati i mandanti (le procure e il kombinat mediatico-giudiziario) i “grillini” si sarebbero accontentati di abbaiare alla luna. Del resto, alla domanda di Luciano Capone su ciò che lo ha ferito di più della compagna di odio scatenata contro di lui, Simone Uggetti ha risposto: “Prima ancora degli attacchi del M5s, il gip che scrisse che avevo una personalità negativa e abietta”.
Giuliano Cazzola
Al direttore - Non so se ridere o piangere di fronte alle scuse del ministro Luigi Di Maio per il caso dell’ex sindaco Simone Uggetti, allora aggredito violentemente dai Cinque stelle allo stesso modo di centinaia di altri rappresentanti degli italiani legittimamente eletti, e oggi assolto da tutto ciò che gli venne contestato in sede giudiziaria. E’ singolare il pentitismo del camaleontico ministro degli Esteri: pensa di cavarsela avanzando la scusa che allora “così fecero tutti” così come ha agito la generalità dei politici alzando i toni ed esacerbando il clima. La verità è che alcuni hanno più contribuito all’imbarbarimento della politica, altri meno e altri ancora per nulla. E il capo Di Maio con i suoi appartiene al primo gruppo. Non si può dimenticare che sotto di lui è stata la forza maggioritaria dei Cinque stelle in Parlamento a dare il colpo di grazia al degrado della democrazia politica con il disprezzo delle istituzioni (poltrone di cartone di fronte a Montecitorio), a portare attacchi demagogici alle persone (chi ricorda, ad esempio, quel che dissero alla virologa Ilaria Capua costringendola a dimettersi?), a concepire la riforma della giustizia à la Bonafede e Travaglio, ad abbarbicarsi al poltronismo e nepotismo senza merito, e a sostenere le più sciagurate posizioni tipo no vax. Le lacrime coccodrillesche di Di Maio, riconvertitosi al doppiopetto, non servono per emendare i danni compiuti dai seguaci del “vaffa”, con la firma della peggiore pagina della politica italiana. Un saluto.
Massimo Teodori
Direi che le ha risposto Giuliano Cazzola. I danni restano, ma la svolta pure. E in politica le svolte, di solito, non si deridono: si registrano e si studiano.