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Nel derby fra giustizialisti e garantisti è in gioco la Costituzione
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - La tutela dell’ambiente è il tema assoluto del futuro ma i cittadini stentano ancora a comprenderne la portata. Eppure, la pandemia avrebbe dovuto accendere un campanello di allarme nell’opinione pubblica: la comparsa di nuovi virus patogeni per l’uomo, prima circolanti solo in altre specie animali, fenomeno conosciuto come “spillover”, è prodotto dalla distruzione degli ecosistemi, in particolare quelli forestali, i più complessi e ricchi di biodiversità. Per non parlare delle evidenti conseguenze del riscaldamento climatico, con l’effetto serra antropico causato dalle attività umane che determina il 97 per cento del global warming. Si tratta senza dubbio della prima emergenza mondiale. Per l’Europa e gli Usa è diventata una priorità. Anche la Cina di Xi Jinping ha sorpreso la comunità internazionale, fissando l’obiettivo della carbon neutrality al 2060. La transizione è un’operazione difficile in un sistema di infrastrutture rigide e complesse come sono le nostre città e il nostro sistema produttivo è in una fase di crisi economica. La conferenza annuale delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico Cop26 che si svolgerà a Glasgow sarà importante per armonizzare gli sforzi che stanno compiendo i singoli paese. Questa rivoluzione, in cui si prevede di ridurre le emissioni del 55 per cento nei prossimi 9 anni, si realizzerà solo se saremo capaci di creare posti di lavoro e opportunità altrimenti fallirà. Per questo richiede un programma preciso di investimenti e interventi per tutte le filiere. L’Italia può essere protagonista perché è copresidente della conferenza e, per la prima volta nella sua storia, presidente del G20. E’ una grande occasione per posizionarsi come player a livello internazionale. Abbiamo la credibilità per farlo con buone performance su alcuni asset: riciclo rifiuti, materia prima seconda, ReS, quantità di fonti per energia alternativa che è superiore a molti paesi europei. Il Pnrr mette le risorse, favorendo chi investe nel futuro sostenibile, ma sta alla politica fare la parte più importante, dando il via alle riforme strutturali necessarie per semplificare, digitalizzare, promuovere le competenze necessarie e il riorientamento del lavoro e dell’impresa. Papa Francesco dice che la cosa peggiore che potrà accadere dopo la pandemia è sprecare l’occasione di migliorarsi. Essere riformisti significa anche anticipare il futuro per non subirne solo le conseguenze negative. Questo è il nostro compito: dimostrare di non essere sostenibili solo a parole, ma con i fatti.
Alessia Rotta presidente commissione Ambiente alla Camera dei deputati e rapporteuse per il Parlamento per la Cop26
Al direttore - Forse siamo arrivati all’ora della verità sulla questione giustizia. Oramai il caso è esploso. La crisi strutturale della giustizia italiana (i tempi e l’incredibile aleatorietà delle sentenze penali e civili rendono l’Italia un paese poco raccomandabile per gli investitori stranieri e per lo stesso Recovery plan), il forsennato uso politico della giustizia verificatosi con fasi diverse dal 1992 ai giorni nostri, l’implosione della magistratura in quanto tale con incredibili effetti anche sull’esercizio della giurisdizione (vedi gli ultimi casi, dal sistema di Palamara, alla loggia segreta di Amara, alla sentenza del tribunale del popolo sull’Ilva, alle contorsioni su Stresa), la totale perdita di credibilità del Csm (Mattarella può continuare a osservare in silenzio?) rendono la situazione insostenibile. Della presa d’atto di questa insostenibilità sono le due lettere al Foglio inviate da Di Maio e da Bettini. Queste lettere sono un fatto positivo che va colto senza processi alle intenzioni, ma anche a occhi aperti. E’ inutile nascondersi dietro a un dito. A suo tempo, cioè nel ’92-’94, nei confronti di Craxi e di una parte della Dc, poi dal ’94 nei confronti di Berlusconi, una larga maggioranza del Pds, esclusi i miglioristi, ha cavalcato la tigre del giustizialismo. Poi il vento è cambiato e ciò ha contribuito all’attuale presa di coscienza. Non a caso Bettini, a parte Uggetti, cita Bassolino, Penati, Vendola: all’esterno del suo campo fa un riferimento alla Raggi e ad Alemanno. Evidentemente ancora non sono maturi i tempi per ricordare la barbarie delle monetine al Raphaël. In ogni caso, pur con questi limiti, va dato un giudizio positivo sulla lettera di Bettini, anche perché la dialettica che si è aperta nel M5s porta alla rottura del suo asse strategico con l’avvocato Conte. La lettera di Di Maio, infatti, a nostro avviso, è una cosa seria, tant’è che Di Battista, Barbara Lezzi, ma specialmente l’avvocato Conte hanno espresso il loro dissenso. Conte rimane legato a Bonafede. Forse finalmente nel M5s si apre un dibattito politico e culturale serio, non sui rimborsi e sulla piattaforma Rousseau. Anche nel Pd, però, la risposta di Enrico Letta a Bettini è singolare. Letta parla non di “garantisti”, ma di “impunitisti”: il termine usato è caratterizzato da una sorta di stitichezza mentale che si risolve in un sostanziale intreccio di riduzionismo e di negazionismo. Fortunatamente, però, i 6 referendum dei Radicali consentono ai garantisti di centro, di sinistra e di destra di convergere sul voto, alla faccia di Conte e di un bel pezzo del M5s, di Enrico Letta e di un pezzo del Pd e di sconvolgere le carte anche all’interno del centrodestra.
Fabrizio Cicchitto
Sul futuro della giustizia, per la prima volta da molto tempo a questa parte, si può essere moderatamente ottimisti e il progetto di riforma studiato dal ministro Cartabia va in una direzione ambiziosa e doverosa: riduzione dei poteri per i magistrati, valutazione dell’operato delle procure, paletti per la durata dei processi, riformulazione delle norme sulla prescrizione. Cartabia però, pur essendo mossa dalle migliori intenzioni, giovedì ha commesso un piccolo errore e ha sostenuto che “il dibattito fra giustizialisti e garantisti è utile se non diventa un derby”. Spiace contraddirla, gentile ministro, ma il dibattito tra giustizialisti e garantisti è un dibattito simile a quello che esiste tra i No vax e i Sì vax. Essere giustizialisti è legittimo, così come è legittimo essere No vax, ma essere giustizialisti non è una posizione come le altre, ma è la posizione di chi sceglie deliberatamente di combattere ciò che prescrive la Costituzione: ogni cittadino deve essere considerato innocente fino a prova contraria. Dunque il derby tra giustizialisti e garantisti non è un derby tra due posizioni con pari dignità, ma è un duello tra chi prova a rispettare la Costituzione e chi ci vuole scatarrare sopra. Ogni tanto, vale la pena ricordarlo.