ANSA/MICHELE NUCCI

Lettere

Le accuse a carico di Signori non si sono trasformate in condanne

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Ieri, mentre passeggiavo in Piazza del Quirinale, sono scivolato fratturandomi due dita di una mano. Indagato il presidente della Repubblica.
Michele Magno


Al direttore - Ho seguito nel 2010-2011 come gip quando ero in servizio a Cremona l’indagine sul Calcio scommesse. Leggendo le dichiarazioni e gli articoli molto enfatici che riguardano solo alcune partite dell’indagine sembra che l’ex calciatore Beppe Signori sia stato riconosciuto innocente per tutti i fatti e quasi una vittima della giustizia. Non è assolutamente così. Non si può dimenticare, per dare un’informazione completa, che per il filone principale che riguardava decine di partite e l’associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva, e cioè i reati principali contestati a Signori con ruolo di organizzatore, vi è stata la sentenza del 15 dicembre 2020 del tribunale di Cremona di cui tanto l’imputato quanto i suoi difensori hanno taciuto. A Cremona nei confronti di Signori e degli altri imputati non vi è stata assoluzione ma sentenza di prescrizione, prescrizione cui Signori avrebbe potuto rinunciare accettando di confrontarsi “sportivamente”, per usare una metafora calcistica, con il merito delle accuse. Accuse che, mi permetto  di ricordare, si basavano su fatti molto rilevanti: i rapporti con i corruttori dell’est europeo, le riunioni con i capi di Singapore anche presso l’abitazione di Bologna dello stesso Signori, i foglietti autografi con la contabilità delle partite manipolate su cui giocare, l’accreditamento da Singapore di ingenti somme su conti svizzeri relative alla corruzione dei giocatori e alle vincite su varie partite truccate, le società appositamente costituite all’estero oltre alle dettagliate chiamate in correità degli altri imputati del gruppo dei “bolognesi”. Questo è scritto negli atti e nella richiesta di rinvio a giudizio. Ma la prescrizione ha salvato tutti, compresi gli imputati confessi. Quanto al fatto che i tribunali, dopo un rimbalzo di competenze tra Cremona, Bologna e Roma e dopo ben due conflitti di competenza in Cassazione e lo spezzettamento dei processi in molte sedi, impieghino dieci anni senza nemmeno riuscire a iniziare il dibattimento in un’indagine così importante e in cui decine di imputati avevano confessato, anche i corruttori cd zingari dell’est Europa, è solo una conferma del fallimento della nostra giustizia. Una giustizia che si presenta in campo solo, per usare un’altra metafora calcistica, dopo il fischio di chiusura dell’arbitro rendendo impossibile il completo accertamento dei fatti. E’ un paradosso che alla fine, dopo le dure sentenze della Giustizia disciplinare sportiva, compresa la squalifica per 5 anni di Signori destinata a rimanere tale, nel processo penale risultino condannati solo quella ventina di imputati che, oggi possiamo dire incautamente, nel 2012 avevano chiesto il patteggiamento. Ma nonostante tutto lo svolgimento delle indagini ha costituito, con un maggiore controllo anche all’interno delle squadre, un deterrente contro il ripetersi di fenomeni di corruzione che stavano infettando il mondo dello sport che più è nel cuore degli italiani e dei tifosi onesti.
Guido Salvini

 

La sua lettera è impeccabile, caro Salvini, così come impeccabile però è dire che, dal punto di vista giudiziario, le accuse a carico di Signori non si sono trasformate in condanne. In un caso, come dice lei, perché lo scorso 15 dicembre il tribunale, su richiesta della procura, ha emesso sentenza di non doversi procedere perché il reato si era estinto per maturata prescrizione. Nel secondo caso, quello relativo all’accusa di aver truccato la partita tra Piacenza e Padova del 2 ottobre del 2010, perché il tribunale di Piacenza ha assolto con formula piena l’ex attaccante, in quanto il fatto non sussiste. Per quanto riguarda il funzionamento della giustizia sportiva lei ha ragione anche qui: Signori è stato effettivamente condannato. Ma sul modo in cui funziona la giustizia sportiva potremmo aprire un lungo dibattito. E non sono così sicuro che quel modello di giustizia possa considerasi come un modello. Grazie della sua lettera e buon lavoro.