Lettere
Ddl Zan e libertà costituzionali: no, il sesso non è un optional
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - La tipica divisione tra garantiti e coglionati.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Ho letto solo il titolo dell’articolo di Nadia Urbinati sul Domani: “Se le scuole cattoliche temono la legge Zan, rinuncino ai soldi pubblici”. Non male come concezione prezzolata della libertà di educazione. Proviamo a tradurre il principio urbinatese: se i giornali non sono d’accordo con tutti i decreti legge presentati dal governo, rinuncino al contributo statale. In Brianza, dove ho vissuto per quattro anni, sentivo spesso ripetere: “Pago, pretendo”. Che detto da un avventore al ristorante ha una sua comprensibilità, elevato a criterio interpretativo delle libertà costituzionali un po’ meno. Fortuna che, come ha ricordato Draghi, siamo in uno stato laico.
Ubaldo Casotto
Gli avventori dei ristoranti della Brianza potrebbero insegnare molto alla professoressa Urbinati. Ma alla professoressa, con cattedra alla povera Columbia University di New York, qualcosa potrebbe insegnare anche la Corte suprema americana, che giusto la scorsa settimana ha ricordato all’unanimità alle Nadie Urbinati d’America che le organizzazioni cattoliche hanno il diritto di tutelare la propria libertà religiosa anche se svolgono un servizio pubblico. Il problema, cara professoressa, è la sua idea di logica, non la sua idea di concordato.
Al direttore - Non sono in grado di entrare nel merito della controversia aperta con il Vaticano su alcuni aspetti del ddl Zan. Né mi interessa farlo. A me basta ritenere inaccettabile la pretesa contenuta nell’articolo 1 di riscrivere, ai fini di quel provvedimento, la biologia. Il sesso è presentato come un incidente della storia; quello che conta è “l’identità di genere”, che viene definita: “L’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. In sostanza si tratta di un pensiero coerente con l’idea che quel che conta non è la realtà, ma la sua percezione. Un persona omotransessuale ha diritto di assecondare le sue attitudini in piena libertà e senza essere discriminata e offesa. Può farlo restando geneticamente maschio o femmina. Ma non può pretendere di imporre agli altri di riconoscere un’identità percepita e una riscrittura della Genesi. Come se il sesso fosse un optional e non un “marchio di fabbrica” della Natura. Non si possono invocare i diritti civili per giustificare un’impostura. Una volta si diceva che il Parlamento inglese poteva fare di tutto tranne che trasformare per legge l’uomo in donna e viceversa. Io sono ancora di quella opinione. Ben che mi vada – ai sensi di quella legge se approvata – sarò considerato un appartenente a una minoranza tutelata (dal residuale “fatte salve”) che potrà esprimere la propria visione dell’umanità tra quattro mura domestiche insieme a persone fidate.
Giuliano Cazzola
Al direttore - Ho letto con grande interesse l’articolo “Libero stato in libera Europa. Svolte più importanti del ddl Zan” (Il Foglio 24/6). Ne condivido l’analisi e il contenuto, ma su tutto ne apprezzo la chiave di lettura: finalmente geopolitica e, dunque, strategica. Lo snodo, storicamente decisivo del Pnrr di marca Draghi, è la coincidenza tra vincolo esterno ed interesse nazionale dell’Italia, tra riforme ed Ue. L’unico ulteriore fattore che, in tal senso, mi sento di offrire alla riflessione è il seguente: la coincidenza è, sì, tra vincolo esterno ed interesse nazionale dell’Italia, ma risulterà definitivamente feconda, a mio modo di vedere, se accompagnata anche al vincolo interno del nostro paese, costituito dalla nostra naturale e geopolitica proiezione strategica nel mare Mediterraneo. Il Pnrr dovrà coniugare e declinare questo duplice vincolo – pur nel perimetro dell’Alleanza atlantica, della Nato e dell’Ue – per restituire all’Italia un ruolo di media potenza regionale nel teatro euro-mediterraneo. E mi pare che alcune prese di posizione di Draghi degli ultimi mesi (dossier Turchia, questione Libia, ripresa di rapporti collaborativi con la Francia) mostrino tale altezza di consapevolezza strategica.
Alberto Bianchi