Lettere
Se per il Pd il rapporto con il M5s è più importante del garantismo
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Sul ddl Zan Enrico Letta per principio non accetta nessuna mediazione: preferisce correre il rischio che venga sbarrata la strada alla legge contro la omo e la transfobia, per cui il Pd ha tanto a lungo combattuto. Sulla riforma Cartabia, su cui Draghi ha ottenuto l’approvazione all’unanimità del Consiglio dei ministri, Enrico Letta quasi invita a presentare emendamenti che conservino qualcosa dell’abolizione della prescrizione, la barbarie giustizialista della legge Bonafede, tema identitario del Movimento cinque stelle. Che, per Letta, l’alleanza a sinistra valga cedimenti sui princìpi, già lo sapevamo. Che prevalga anche sul primato del Pd nel sostegno al governo è una novità: per chi nel Pd ancora ci crede, novità stridente per i princìpi, pericolosa per le conseguenze.
Franco Debenedetti
Trattasi di uno strano paradosso. Ogni richiesta di modifica sul ddl Zan è stata considerata come una modifica di matrice fascista (chi vuole cambiare questa legge è un mascalzone, amico degli omofobi). Ogni richiesta di modifica sulla legge Cartabia è stata invece considerata come una modifica di buon senso (chi non vuole cambiare questa legge è un mascalzone, amico dei criminali). Se ne deduce che per il Pd, che ragiona spesso solo muovendo le bandierine, la bandierina del rapporto con il M5s è infinitamente più importante della bandierina del garantismo. Interessante.
Al direttore - In certi orinatoi pubblici c’è una mosca disegnata sul bianco della ceramica smaltata. Non si sa bene perché, ma i maschi cercheranno di colpirla mentre fanno pipì, contribuendo così a tenere il bagno più pulito. Nessuno è obbligato a mirare alla mosca, anche se di fatto la maggior parte delle persone si sente spinta a farlo. Si tratta di un fenomeno interessante: si può spingere le persone verso certi comportamenti socialmente vantaggiosi senza però obbligarli, ma soltanto pungolandoli e così orientandoli verso una certa direzione, salvaguardandone comunque la libertà di scelta. Si chiama “teoria dei nudges”, in italiano tradotta in “teoria delle spintarelle”, ed è una delle migliori acquisizioni del liberalismo politico, ispirata a una sorta di “paternalismo libertario” proprio perché mette insieme la tutela delle libertà personali con un interesse pubblico che conduce lo stato a favorire certi comportamenti, invece che altri. In questi giorni Matteo Salvini, Giorgia Meloni e alcuni giornalisti loro vicini, come Mario Giordano, strepitano che vincolare certi comportamenti sociali al possesso del green pass, come andare in discoteca o in uno stadio, sarebbe illiberale. Purtroppo per loro, non hanno idea di cosa dicono e il liberalismo non è la dottrina secondo cui ognuno può fare quello che gli pare. Secondo i liberali, infatti, la libertà di ciascuno è sempre limitata dall’esercizio di quella altri. Se salgo su un bus, sono libero di sedermi dove voglio, ma non di fare alzare un altro passeggero per occupare il suo posto. Mario Giordano dice che siccome le persone vaccinate sono protette dai rischi maggiori della malattia, allora non dovrebbero avere interesse se gli altri – pari a circa un quinto della popolazione italiana – si vaccinano o meno. Ma no! Chi si vaccina non lo fa solo per ridurre la probabilità di contrarre il virus, ma ha anche un interesse soggettivo a scongiurare nuove chiusure e a frenare lo sviluppo delle varianti più pericolose del virus. Ritornando all’esempio del posto dell’altro passeggero sull’autobus, siamo liberi entrambi, ma la mia libertà non può arrivare fino al diritto di sottrargli il posto sul bus. Analogamente, la mia libertà di non vaccinarmi ha dei limiti nella libertà altrui di sperare di vedere arretrare il virus e favorire la ripartenza dell’economia, cose che possono avvenire soltanto se ci si vaccina tutti quanti. La soluzione più equilibrata è proprio quella delle “spintarelle” e del green pass usato come un pungolo, seppure rafforzato. Se hai il green pass puoi andare al cinema, salire su un treno senza problemi e partecipare più liberamente alla vita sociale, laddove si può correre un pericolo per la diffusione del contagio. Se tieni di più alla libertà di non vaccinarti, il prezzo sociale è una minore libertà di prendere parte a situazioni pubbliche in cui ci si può facilmente contagiare. Ognuno fa quello che crede, ma prende la responsabilità dei propri comportamenti e non ne fa ricadere il prezzo sugli altri. Altrimenti sarebbe puro egoismo, non essere liberali. Per chi è allevato al liberalismo, quelle appena dette sono delle ovvietà. Se tocca spiegarle ai leader della destra e ai loro giornalisti di area, allora c’è da preoccuparsi. Forse ci vuole una spintarella anche per loro, per spingerli a studiare un po’ di più prima di parlare di cosa vuol dire essere liberali.
Pietro Navarra e Pietro Perconti