Lettere
Perché il Pd dovrebbe ringraziare Padoan, non cancellare la sua storia
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Gli odierni commenti sul futuro del Monte dei Paschi di Siena mi hanno richiamato alla mente le discussioni in Parlamento sul ruolo delle fondazioni dopo la legge Amato del 1990 (quella del Frankenstein) che accompagnarono il faticoso processo di quello che sarebbe poi divenuto il decreto legislativo 153 del 1999. Ricordo un commento di Massimo D’Alema, di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti, compreso anche un passaggio a Wall Street. “In un mondo in cui, come ho avuto modo di vedere, premendo il pulsante di un mouse è possibile spostare un milione di dollari da una parte all’altra del mondo, una finanza arroccata dietro mura merlate è un anacronismo”. Esplicito il riferimento a Siena, alla sua banca, alla Fondazione, e – speravamo noi riformisti – anche al partito di cui era il feudo. Sono passati vent’anni, vent’anni in cui alla Fondazione Monte dei Paschi di Siena fu consentito di non adeguarsi ai limiti imposti dal decreto Ciampi, vent’anni segnati da operazioni, alcune delle quali caldeggiate, a quanto si dice, da D’Alema stesso, battaglie anacronistiche conclusesi con sconfitte brucianti. Vent’anni dopo è ancora l’anacronismo, sotto mutate spoglie ma alimentato da analoghi interessi, ciò che accomuna le proposte di FdI, Lega, Cinque stelle e, si stenta a crederlo, perfino dell’erede politico di quanti rovinarono la banca, e che ora se ne serve per chiedere il voto dei senesi. Tutti a imboccare la strada che farà del Monte l’analogo bancario di Alitalia. Tutti a respingere il piano elaborato con minuziosa cura dal ministro dell’Economia, forse l’ultima possibilità di salvare quello che ancora è sopravvissuto dentro le mura merlate di Siena.
Franco Debenedetti
Per la prima volta il Pd, nel 2018, ha espresso a Siena un candidato che piuttosto che occuparsi solo degli interessi del partito sul territorio, interessi di breve termine, ha fatto un passo in avanti per dare un futuro alla banca non di medio termine. Lo ha fatto da parlamentare del Pd, rivendicando le scelte compiute nel 2017 al tempo del governo Gentiloni, e lo ha continuato a fare anche negli ultimi mesi, non da uomo di partito ma da uomo di banca. Se Unicredit riuscirà nell’operazione di acquisizione di Mps, il Pd più che rinnegare il suo ex parlamentare dovrebbe ringraziarlo, perché Padoan è stato davvero il candidato del territorio che ha salvato la banca del suo seggio elettorale, dandogli un futuro nel mare del mercato.
Al direttore - Solo una breve nota a margine del bel racconto di Francesca d’Aloja su Nikola Tesla, apparso sul Foglio weekend 31 luglio-1° agosto scorsi. L’inventore visionario si conferma una figura geniale, poco interessata agli straordinari guadagni derivanti dalle sue invenzioni nel campo della nascente scienza elettrotecnica ma molto attento al benessere e al progresso che queste avrebbero potuto produrre per il genere umano. Il merito dell’invenzione del motore elettrico a corrente alternata, tuttavia, spetta al piemontese Galileo Ferraris che, sebbene membro della Regia Accademia delle Scienze di Torino del cui Ufficio brevetti era all’epoca responsabile, non volle mai brevettare il suo motore, definendosi “professore e non industriale” e soprattutto ritenendo che le “invenzioni debbano essere messe a disposizione di tutti per il bene dell’umanità”. Nel 1881 Ferraris con i suoi trasformatori, perfezionati dal francese Lucien Gaulard, completa fra Torino e Lanzo la prima linea elettrica in corrente alternata, e nel 1885 realizza il campo magnetico rotante che gli permette di costruire il primo motore asincrono a corrente alternata. I risultati dei suoi esperimenti vengono pubblicati con qualche ritardo negli Atti dell’Accademia delle Scienze di Torino nel 1888. 43 giorni dopo, nel maggio 1888, Tesla, a conoscenza degli esperimenti e dell’articolo di Ferraris, insieme a Westinghouse, deposita cinque brevetti tra cui uno sul motore asincrono a corrente alternata. Il resto è storia. Insomma, solo per ricordare che il neonato Regno d’Italia ebbe anche lui un suo Tesla, forse ancor più Tesla di Tesla. Un caro saluto.
Cesare Buzzi Ferraris
Al direttore - Caro direttore, una considerazione a complemento di quanto scrive Yoram Gutgeld. Se è vero che nulla sappiamo degli effetti a lungo termine del vaccino, è altrettanto vero che nulla sappiamo degli effetti a lungo termine del virus sulle persone che ne sono venute a contatto. Considerando che il virus è un’entità estremamente più complessa del vaccino, tanto da essere capace di autoreplicarsi e di interferire anche con il sistema nervoso, facendo perdere gusto e odorato, e produce effetti nel breve periodo infinitamente più gravi del vaccino, direi che, anche dal punto di vista di ipotetici effetti a lungo termine, il vaccino sia di gran lunga preferibile al virus.
Paolo Martinengo