Chissà se il M5s direbbe su Lady Fatto quel che disse su Cerno e Mulè
Le lettere del 24 agosto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - “Viva costernazione per la fatwa talebana contro le classi miste a scuola, come se negli altri paesi islamici maschietti e femminucce studiassero festosamente nelle stesse aule (per saperne di più, vedi l’Arabia Saudita del Nuovo Rinascimento). Chi scrive ha studiato al liceo Valsalice di Torino, riservato ai maschi, e pensava di avere a che fare coi Salesiani. Invece erano Talebani ben camuffati” (Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano, 22 agosto). Questa perla della penna più spiritosa della penisola è figlia legittima del riconoscimento ai “nuovi dirigenti afghani” di avere “volti umani e tratti rassicuranti” (mentre a Kabul la caccia all’uomo, e soprattutto alla donna, i primi arresti sommari, le prime incarcerazioni, le prime esecuzioni a colpi di kalashnikov nelle piazze erano iniziate). La triste verità è che ormai tra le vittime del coronavirus bisogna registrare anche il senso del ridicolo. Era stato messo a dura prova già nei giorni scorsi, quando qualche epiteto ingiurioso (“Draghi è un figlio di papà, e non capisce un cazzo”, “Draghi er vescica”) aveva suscitato un pandemonio. Di fronte a quanti gli contestavano un linguaggio da osteria trasteverina, sono scesi in campo storici dell’arte e intellettuali engagé per difendere la libertà di parola del direttore di una testata che il Vernacoliere di Livorno – il quale esce solo una volta al mese – potrebbe citare in giudizio per concorrenza sleale. Ma di cosa stiamo parlando? Nessuno nega a nessuno il diritto di dire “stronzate”. Proprio così si intitola un irriverente saggio (in originale “On Bullshit”) di un filosofo americano, Harry G. Frankfurt. Pubblicato per la prima volta nel 1986, oggi andrebbe letto e riletto. “Uno dei tratti più salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione”, avverte nell’incipit il professore emerito dell’Università di Princeton. Come dargli torto? Sono giorni in cui slogan insulsi, vuote scemenze, affermazioni che denunciano una disperante ignoranza vengono pronunciate impunemente. Se non ne hanno il monopolio, certi giornalisti le brevettano a un ritmo impressionante. Frankfurt si è preso la briga di indagare la natura del fenomeno. Egli sostiene che “le stronzate sono un nemico della verità più pericoloso delle menzogne”. Il “bullshitter” – noi diremmo il cazzaro – è infatti più temibile del mentitore. Come diceva sant’Agostino, al mentitore in qualche misura interessa sapere la verità, perché per mentire deve conoscerla. Si deve cioè confrontare con la verità per poter costruire una menzogna. Se quindi il bugiardo “onora” ancora la verità e si muove nel suo orizzonte, invece chi dice stronzate la scavalca e si preoccupa solo di negarla. Un interlocutore ben informato su come stanno le cose, quindi, può sempre contrastarlo. Al contrario, il contaballe risulta più difficile da contraddire, in quanto si disinteressa completamente di ciò che è vero e di ciò che è falso. Spara le sue stronzate e, anzitutto nei talk-show e sui social network, condivide e diffonde quelle altrui per avvelenare i pozzi del discorso razionale. Descrivendo nei “Promessi sposi” la peste seicentesca di Milano, Alessandro Manzoni conclude con una splendida e giustamente celebre frase: “Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”. Dubito, però, che possa valere nel tempo presente. Perché, quando le stronzate diventano senso comune, il buon senso è costretto all’esilio.
Michele Magno
Nel febbraio del 2018, quando Forza Italia candidò l’ex direttore di Panorama Giorgio Mulè e quando il Pd candidò l’ex condirettore di Repubblica Tommaso Cerno, il M5s usò parole molto critiche contro i passaggi dai giornali alla politica. “Fanno le loro buone carriere obbedendo al padrone, poi vengono premiati per la loro fedeltà. Gli unici veramente danneggiati sono i lettori che non possono contare su una stampa veramente indipendente!”, scrisse il M5s in un post su Facebook. Tre anni dopo il M5s candida a Milano Layla Pavone, membro del cda di Seif, la società editrice del Fatto Quotidiano, verso la quale immaginiamo né il Fatto né il M5s si porranno oggi la stessa domanda che si erano posti tre anni fa: “Fanno le loro buone carriere obbedendo al padrone e poi vengono premiati per la loro fedeltà?”.
Al direttore - L’Europa mostra disappunto per l’iniziativa unilaterale di Biden. La verità è che dall’Europa, dopo gli accordi di Doha tra Trump e i talebani, non è venuta alcuna alternativa al ritiro delle truppe né è emersa alcuna preoccupazione per le conseguenze dell’uscita degli americani dall’Afghanistan. Alla riunione del G7 in Cornovaglia dall’11 al 13 giugno cui partecipò il neo presidente americano Biden, tra incontri bilaterali e discussioni, non un leader europeo sollevò la questione delle conseguenze del ritiro degli Usa dall’Afghanistan! Non un dubbio, né un interrogativo o una richiesta di chiarimenti furono posti. Nulla. Lo stesso era accaduto alla riunione del Consiglio atlantico del 10 giugno. Di Maio, incredibile a dirsi, ministro degli Esteri, sostenne che si era in presenza di una decisione epocale, il ritiro delle truppe Nato costituiva un evento storico. La ministra della Difesa tedesca proclamò con enfasi “siamo entrati insieme usciamo insieme” dall’Afghanistan. Nessuno ricordò che nei primi tre mesi dell’anno erano stati ammazzati in quel paese 573 civili e 1.200 erano stati feriti, soprattutto donne e bambini. Del resto, se si pensa alle estenuanti dispute nel Parlamento per votare i finanziamenti alle missioni militari italiane operanti all’estero, se si pensa ai mal di pancia nello stesso Pd si intende quanto sia elevata l’ipocrisia di chi oggi protesta in Italia e in Europa contro Biden. Per non parlare di chi per venti anni ha manifestato chiedendo che le truppe americane lasciassero l’Afghanistan e oggi si mostra indignato per il ritiro degli Usa e solidarizza con le vittime degli studenti coranici. Saranno i primi costoro, tra poche settimane, a chiedere di trattare e riconoscere il regime talebano. Il terreno su cui si è già collocato l’ineffabile avvocato del popolo.
Umberto Ranieri