Tornare a scuola nelle stesse condizioni di un anno fa? No, grazie

Le lettere del 27 agosto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - In fondo a un cassetto ho ritrovato il manuale del bravo sindacalista. Al capitolo “Azioni positive a difesa dei lavoratori” si legge: “Piuttosto che niente è meglio piuttosto”.
Valerio Gironi



Al direttore - Ho appena letto la lettera del prof. Armezzani, la risposta all’appello rivolto dal Foglio ai docenti italiani per ribellarsi contro un sindacato incapace di difendere i diritti degli insegnanti, e l’ho trovata largamente condivisibile. Mi permetto però di esprimere alcuni dubbi. 1) Siamo così sicuri che a larga parte del personale insegnante le cose non vadano bene così? In fondo un operaio in fabbrica, un cassiere di supermercato, una commessa e via dicendo guadagnano molto meno e hanno sopra di loro qualcuno che gli chiede conto di quello che fa. 2) Siamo così sicuri che a larga parte dei suddetti un altro anno di Dad (per di più senza lockdown) non dispiaccia più di tanto? Non è forse a questo che puntano i sindacati della scuola?
Roberto Garibotti

 

Dubito che sia così. Credo, piuttosto, che da mesi, da anni, gli insegnanti offrano segnali che vanno in una direzione diversa: quella di chi prova a dimostrare ogni giorno che la vera scuola non è quella rappresentata dai sindacalisti. Un piccolo esempio, se vogliamo, lo abbiamo visto durante la pandemia. I sindacati, in diverse occasioni, hanno trovato il tempo di protestare per gli eccessivi sforzi a cui sarebbero stati sottoposti gli insegnanti con il telelavoro ma quando i sindacati hanno scelto di trasferire in uno sciopero le proprie istanze si sono ritrovati di fronte a uno scenario per loro desolante: 5 giugno 2020, sciopero nazionale, 3.977 persone, mentre 810.689 sono rimaste in servizio. Totale dell’adesione: lo 0,49 per cento del corpo docente. La forza di volontà dei docenti, però, non può essere l’unico punto di forza della scuola e qui entra in campo anche la politica che a nostro modo di vedere sta sottovalutando una battaglia che sarà centrale: la riapertura degli asili, delle elementari e delle medie, ovverosia le scuole dove gli studenti non si sono potuti vaccinare. In Francia, due giorni fa, il ministro dell’Istruzione, consapevole del problema, ha detto che nelle scuole dove gli studenti non possono essere vaccinati il governo ha l’obiettivo di arrivare a 600.000 test salivari a settimana. E’ un piano già scritto. Servirebbe un piano simile anche in Italia. Ma l’impressione è che, sulle scuole dei più piccoli, ci sia la volontà, green pass a parte per il corpo docenti, di far entrare i ragazzi in aula nelle stesse condizioni di un anno fa. Anche no, grazie. 


 

Al direttore - Ho trovato di estremo interesse l’intervento del dott. Chicco Testa sul futuro del Superbonus 110 per cento pubblicato sulle vostre colonne lo scorso 17 agosto. In effetti, dalla stesura della norma del 110 per cento è servito un anno per portare il sistema a regime e vedere completati i primi grandi interventi di riqualificazione. Infatti, tutti i soggetti coinvolti (clienti e amministratori di condominio, operatori, imprese, professionisti, banche, Pa) prima di scaricare a terra gli interventi hanno dovuto affrontare (e risolvere) le difficoltà applicative inevitabilmente contenute nella norma primaria. Ma ora che la macchina è in moto, il tempo a disposizione per realizzare tutti i progetti elaborati non è sufficiente. A mio avviso per evitare di creare il cluster dei 110 per cento delusi è necessario definire da subito le regole del post 110 per cento, in particolare per i condomìni che, per complessità decisionale e tempi di realizzazione degli interventi, hanno avuto meno tempo utile per concretizzare i progetti. L’idea di un’aliquota di detrazione all’80 per cento auspicata dal dott. Testa per gli interventi di riqualificazione, con un orizzonte temporale di almeno 5 anni, è certamente una soluzione in grado di sostenere i progetti a elevato risparmio energetico che non riusciranno a essere avviati o conclusi con la normativa attuale. Credo però che da sola potrebbe non essere sufficiente. Il successo del decreto “Rilancio”, infatti, è stato determinato da due disposizioni sinergiche: l’aliquota 110 per cento (art. 119) e lo sconto in fattura/cessione del credito (art. 121). Senza quest’ultima previsione il successo dell’iniziativa sarebbe stato di gran lunga inferiore. Dunque, la giusta proposta del dott. Testa dovrebbe essere integrata con una misura che continui a consentire anche ai proprietari con minori disponibilità economiche di effettuare i lavori di efficientamento energetico.
Giorgio Golinelli 
Gruppo Hera 


 

Al direttore - Unico commento possibile… Spero solo che il cane goda di ottima salute nella sua cuccia e fuori.
Frank Cimini


 

Al direttore - Caro Cerasa, nel mercato delle droghe, sul lato dell’offerta, il principale produttore di oppio è l’Afghanistan, seguito dalla Birmania. I principali paesi produttori di coca sono la Colombia, il Perù, e la Bolivia. I principali produttori di marijuana sono il Messico seguito dalla Colombia. Per quanto riguarda l’hashish, il Libano insieme all’Afghanistan, il Pakistan e il Marocco. Dal lato della domanda, il mercato mondiale della cannabis e i suoi derivati è diviso quasi equamente fra Stati Uniti ed Europa. Se andiamo ad analizzare la geografia dei traffici in Italia, la provenienza degli stupefacenti segue le principali vie internazionali di traffico. La cocaina arriva dalla Colombia transitando da Messico, Spagna e Olanda. I principali punti d’ingresso nell’Unione europea sono Spagna, Portogallo e Paesi Bassi. L’eroina parte dall’Afghanistan passando per Grecia e Turchia. L’hashish parte dal Marocco e arriva nel nostro paese transitando per Francia e Spagna. Infine la marijuana e le droghe sintetiche arrivano direttamente dall’Olanda. Nei paesi produttori, dove l’instabilità regna sovrana, si sono creati gruppi sempre più forti, destinati a diventare cartelli, capaci di spartirsi il territorio. Questi cartelli iniziano a concorrere tra loro e la loro preoccupazione non è certo chi lotta contro il narcotraffico, ma la concorrenza. La presenza dei cartelli diventa sempre più invasiva. Sono interessati a partecipare al sostegno politico, alle campagne elettorali per fare avere uomini facilmente controllabili, a investire in politica per destabilizzare la situazione o anche diffondere il terrore fra l’elettorato. In Afghanistan è successo tutto questo: una guerra che dura da anni, spinta dal narcotraffico.
Andrea Zirilli


 

Al direttore - Perfetta, a mio parere, l’analisi di Tony Blair. Ma la domanda è: il mondo occidentale è consapevole che le libertà e il benessere non sono un pasto gratis? Mentre noi ci balocchiamo con gli asterischi in ossequio al fluid gender, cancelliamo la nostra cultura ritenendoci colpevoli di ogni nefandezza e non siamo disposti neanche ad assumerci il minimo rischio di vaccinarci, il mondo islamico è disposto a tutto, convinto a torto che la sua arretratezza sia colpa nostra (quando invece la loro condizione è diretta conseguenza dell’applicazione radicale delle regole islamiche dettate nel Settimo secolo d. C.). Sinceramente non sono molto ottimista sul futuro della nostra civiltà. Un affezionato lettore.
Giovanni Bardani