La sfida della concorrenza per combattere il socialismo municipale
Le lettere al direttore Claudio Cerasa dell'11 settembre 2021
Al direttore - Conte stanco per le amministrative, pensa se avesse pure candidato qualcuno.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - “E’ ormai difficile incontrare un cretino che non sia intelligente e un intelligente che non sia cretino. Ma di intelligenti c’è stata sempre penuria; e dunque una certa malinconia, un certo rimpianto ci assalgono quando ci imbattiamo in cretini adulterati, sofisticati. Oh i bei cretini di una volta! Genuini, integrali. Come il pane di casa. Come l’olio e il vino dei contadini” (Leonardo Sciascia, “Nero su nero”).
Michele Magno
Al direttore - Caro Cerasa, Renato Brunetta ha molto da lavorare. Leggo, infatti, che una dipendente della azienda dei trasporti di Roma sia in malattia da oltre un anno e per questo non si è mai presentata al lavoro, ovviamente continuando a ricevere la stipendio. Poi un’indagine interna (dopo un anno?!) scopre che la signora in realtà non è malata anzi ha aperto e gestisce un B&B alle Canarie. Se i fatti sono questi non avrei dubbi: licenziare in tronco la dipendente con relativa richiesta di risarcimento. Però non mi fermerei lì perché c’è un medico che ha certificato che esiste una malattia che ti esenta dal lavoro ma non dal gestire una struttura di soggiorno (che è lavoro pure quello). Anche in questo caso, nessun dubbio: radiazione e risarcimento danni. Come detto, Renato Brunetta ha ancora molto, ma molto da lavorare.
Valerio Gironi
Ha molto da lavorare, certo. Ma in generale ha molto da lavorare anche il governo che lunedì – notizia! – potrebbe finalmente presentare una prima bozza di legge sulla concorrenza e potrebbe, anzi dovrebbe, fare quel passo in avanti necessario per combattere le patologie del socialismo municipale, che attraverso un uso disinvolto delle municipalizzate ha trasformato società potenzialmente efficienti in penosi ammortizzatori sociali. E una buona legge della concorrenza, su questo fronte, non dovrebbe fare altro che prendere alla lettera gli impegni assunti con l’Unione europea, costringendo i comuni a sottoscrivere servizi “in housing” solo nei casi in cui vi sia un effettivo risparmio e solo nei casi in cui il servizio offerto da una società partecipata dal comune sia più efficiente rispetto a un servizio offerto da una società non partecipata. Chi accetta la sfida?
Al direttore - Raimo e compagni direbbero che l’11/9 ha accelerato alcune tendenze della globalizzazione che, di fatto, hanno creato le condizioni per l’affermazione di un capitalismo delle piattaforme capace di estendere la logica produzione-consumo anche ad ambiti prima esterni alla sfera economica. Effettivamente negli ultimi 20 anni sono cambiate molte cose e, bisogna dirlo, la lettura appena accennata non è fuori luogo. Tuttavia, questa poderosa accelerazione favorita dall’11/9 non si può ridurre alla sfera economica. “Essere connessi” è in tutto e per tutto una condizione esistenziale che marca la vita di miliardi di persone. Uso il termine “condizione” proprio per marcare il senso di uno stato che ci riguarda non già, o solamente, come attori economici, soggetti sociali, politici, donne, uomini, froci, ecc. ma come persone calate nei luoghi e nei tempi del proprio esistere. Anni fa uno studioso americano un po’ nerd, Barry Wellman, tirò fuori una lettura interessante: reti, internet e dispositivi mobili connessi hanno modificato il nostro “sistema operativo sociale”, ponendo al centro della società l’individuo che fa network, e relegando le forme sociali collettive (famiglia, chiesa, partito, quartiere) in secondo piano. Ecco, questo significa che il tema della connessione è penetrato nelle nostre esistenze finendo per diventare una condizione, la condizione, in cui si vive nelle società globali del XXI secolo. E dunque, sì, i nati dopo l’11/9 sentono e si sentono dentro un mondo interconnesso, giacché, è bene ricordarlo, la connessione alle reti, dunque a uno spazio transnazionale, è ciò che ha marcato la loro esistenza sin da piccoli. Queste generazioni si proiettano nello spazio immateriale e globale delle reti con totale naturalezza, altro che reale vs virtuale. Vent’anni dopo dobbiamo ripartire anche da qui.
Federico Tarquini