Lapo Elkann (foto LaPresse)

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Lapo contro i giornali del fratello. Il prefetto di Roma ci scrive

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - La pubblicità ad usum Salvini: “Che cosa vuoi di più?”. “Un Lucano!”.
Giuliano Cazzola

A proposito del caso Morisi. E’ interessante notare che, dopo aver sparato in prima pagina un’intervista raccapricciante all’escort di Morisi che alcuni giornali (non vi diremo quali) si sono rifiutati di pubblicare, Repubblica sia tornata sui suoi passi e abbia riempito ieri le sue pagine di dubbi sull’inchiesta. “I giornali che mettono la notizia come apertura sono pastori della discordia. E chi oggi grida vendetta non è diverso da chi disprezza. Esistono le leggi e poi esiste la pietà”, aveva twittato con lucidità due giorni fa Lapo Elkann, riferendosi anche ai giornali editi dal fratello John. Aveva ragione lui.


Al direttore - “Girando attorno a Roma si capisce meglio la lingua di questo popolo e la nessuna cura che mette nel piacere agli altri. Il paesaggio sembra duro, grezzo, troppo forte per essere amato e la toponomastica sorprende per la sua crudeltà. Eppure col tempo il paesaggio scopre nella sua apparente indolenza una severa bellezza, la stessa dei ruderi, degli alberi, delle rocce, dei fossi e del continuo ondulamento del terreno che rende profonde le distanze, improvvisi i colli, sospetti i campi, deserti i poggi, inaccostabili i casali. Si pensa che i nomi messi a certi luoghi siano già una difesa, un modo di allontanare il viaggiatore. Sull’Ostiense c’è una via di Malafede. Un Infernaccio c’è sulla Magliana. Un Casale della Pidocchiosa c’è sull’Aurelia. Verso Tivoli c’è un Canale Coccia di Morto […]. Nessun nome grazioso, nessun belvedere, nessun prato fiorito, nessuna concessione al forestiero o al viandante. Tutto parla di misfatti, di fughe, di cattivi incontri, di calamità, di vendetta […]” (Ennio Flaiano). Post scriptum: mi è apparso in sogno Flaiano. Mi ha detto che domani voterà Calenda.
Michele Magno



Al direttore - Questa mattina (ieri, ndr) ho avuto modo di leggere l’editoriale dal titolo “Il vero pull factor non è regolarizzare” nel quale, facendo riferimento allo stato delle procedure di emersione dal lavoro irregolare, si rilevava tra l’altro come a Roma, sulle migliaia di domande presentate, nessuna fosse stata definita positivamente. Invero tale dato, che fotografa una effettiva difficoltà che ha caratterizzato nei mesi scorsi l’attività della prefettura, è stato superato grazie a una decisa accelerazione che è stata impressa nella definizione delle istanze pervenute. In relazione alle migliaia di domande presentate alla prefettura, 17.370 per l’esattezza, l’ufficio, in una prima fase – anche a causa della rilevante carenza di personale e nell’attesa che fossero assegnati i lavoratori interinali assunti per supportare l’articolata istruttoria della procedura di emersione – si è dedicato a realizzare un complesso lavoro di back office e a gestire il flusso delle comunicazioni informatiche con gli enti competenti e con gli utenti, talvolta in ragione della necessità di richiedere integrazioni documentali. Lavoro che comunque era indispensabile per la definizione delle istruttorie in vista delle successive convocazioni dei richiedenti. A partire dall’ultima decade dello scorso mese di agosto, una volta avvenuto il rafforzamento dell’organico atteso, si è resa possibile la convocazione in presenza di migliaia di utenti, che a oggi ha portato a definire positivamente 901 istanze e a emettere 759 provvedimenti negativi, concludendo in poche settimane l’iter per circa il 10 per cento delle domande complessivamente pervenute. Altre 3.000 istruttorie sono inoltre già avviate a definizione, con una programmazione pianificata per il mese di ottobre di oltre 250 convocazioni a settimana, trend in ogni caso destinato ad aumentare nei prossimi mesi. Sono consapevole che molto deve essere ancora fatto ma, con tale riorganizzazione del lavoro, è possibile confidare in tempi finalmente adeguati.
Matteo Piantedosi, prefetto di Roma
 

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