Lettere
I vaccini e il sensazionalismo di Report. Un botta e risposta
Ci scrivono Manuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale. La replica di Luciano Capone e Giovanni Rodriquez
Al direttore - È sempre interessante leggere i pezzi di Luciano Capone, che è senz’altro uno dei colleghi più informati della stampa italiana sulle questioni che riguardano la pandemia. Per questo ci fa piacere rispondere brevemente al suo articolo di ieri, in cui il Foglio si aggiunge al folto coro di accuse a “Report” (“No vax”, “antiscientifici”, “sensazionalisti”, “complottisti” e via insultando). Capone si concentra sulla notizia trasmessa nella puntata del 1° novembre: tra il 27 settembre e l’8 ottobre ad alcune migliaia di over 80 è stata iniettata come booster la dose intera del vaccino Moderna, invece che mezza dose, come la stessa casa farmaceutica aveva consigliato nelle sue application a Ema e Fda datate 3 settembre. Il motivo per cui Moderna consiglia di ridurre il dosaggio è duplice: così si risparmiano dosi e diminuiscono anche i rischi di eventi avversi. La decisione dell’Ema, favorevole alla mezza dose, arriverà solo il 25 ottobre. Nel frattempo l’Italia somministra la dose completa. Non solo agli over 80, anche a ospiti e personale delle Rsa per cui è senza dubbio indicato il dosaggio ridotto di Moderna. Si chiede Capone: “E quindi cosa avrebbe dovuto fare il governo? Decidere di somministrare agli anziani la mezza dose solo sulla base delle comunicazioni di Big Pharma, senza l’autorizzazione dell’Ema? Oppure aspettare un mesetto lasciando scoperta la popolazione fragile?”. La domanda è retorica: le autorità sanitarie italiane – sostiene Capone – non potevano dare la mezza dose solo sulla base di un comunicato stampa di Moderna. Premesso che non si trattava di un comunicato stampa, ma di un’application scientifica, qui Capone nella sua vis polemica si dimentica un particolare: l’Ema come booster non aveva autorizzato la mezza dose, certo, ma non aveva autorizzato neppure quella intera. Che si fa in questi casi, quando si ha fretta ma gli enti regolatori non hanno ancora avuto il tempo di esprimersi? Ci si basa sulle conoscenze disponibili. E quali conoscenze sono disponibili? Beh, c’è l’Fda americana, che resta un punto di riferimento mondiale, per autorevolezza e indipendenza. L’Fda aveva autorizzato la dose booster per gli over 65 il 22 settembre, ma solo col vaccino Pfizer, in attesa di vagliare il dosaggio di Moderna. Tornando alla domanda retorica di Capone, si può forse adesso tentare di dare una risposta: l’Aifa e il governo avrebbero potuto fare come gli Usa, somministrare come booster solo Pfizer – di cui non mi risulta ci sia carenza di dosi in Italia – attendendo appena 10 giorni per aggiungere al piano vaccinale le mezze dosi di Moderna. Ne sarebbe derivata un’eguale efficacia della campagna vaccinale, mantenendo la dovuta attenzione all’obiettivo di ridurre al minimo gli eventi avversi. Oltre a un risparmio considerevole per le casse pubbliche. Sensazionalismo? Non diremmo. Si chiama verifica del corretto esercizio della funzione pubblica. Ci si permetta un ultimo appunto. Scrive Capone: “Ma il paradosso di questa denuncia che allarma e delegittima la campagna vaccinale è che ‘Report’ riesce ad accusare il governo e le autorità di piegarsi agli interessi di Big Pharma sul business delle terze dosi e, al contempo, a puntare il dito contro Aifa e ministero della Salute per non aver modificato subito il dosaggio del vaccino”. Qui, voglia scusarci il collega, Capone si mette a fare giornalismo a tesi. Lui, non noi. Nessuno ha mai sostenuto che il governo si sia piegato agli interessi delle case farmaceutiche. Anzi, è vero il contrario. Mentre Pfizer propone agli enti regolatori di dare la terza dose a tutti, le autorità italiane, europee e americane hanno finora ritenuto utile somministrarla solo alla popolazione più fragile. E’ in corso, cioè, un normalissimo scontro tra gli interessi di un’azienda che vuole vendere le sue fiale al prezzo più alto possibile – interesse legittimo – e le verifiche scientifiche delle autorità – ancora più legittime. Negli Usa per questo scontro ci sono stati articoli in prima pagina, dimissioni (conoscete il caso dei professori Krause e Gruber?), un conflitto durissimo dentro al mondo scientifico e tra questo e il presidente Biden. Abbiamo provato a raccontare questo dibattito internazionale sulla terza dose. Ne è derivato un fiume in piena di inutili polemiche. Non ci stupisce più di tanto. Purtroppo, anche quelli bravi come Capone a volte non riescono a togliersi le lenti deformanti della politica italiana.
Manuele Bonaccorsi, Lorenzo Vendemiale (Report, Rai3)
Rispondono Luciano Capone e Giovanni Rodriquez: La precisazione è in parte inesatta e in parte capziosa. Innanzitutto non è vero che, fino al 25 ottobre, era “senza dubbio indicato il dosaggio ridotto di Moderna” per il richiamo, proprio perché l’Ema si esprime in quella data, e infatti subito dopo – quando non ci sono più dubbi – le autorità italiane si adeguano. È invece capziosa la tesi secondo cui “l’Ema come booster non aveva autorizzato la mezza dose, certo, ma non aveva autorizzato neppure quella intera”. In primo luogo perché prima del 25 ottobre non ha mai parlato di metà dose, anzi il 2 settembre, quando suggerisce di valutare la possibilità di proteggere gli anziani fragili, parla esplicitamente di “somministrare una dose aggiuntiva” (non mezza). La tesi dei colleghi di “Report” però è che, nell’incertezza, in attesa cioè che l’Ema si esprimesse, Aifa e ministero della Salute avrebbero dovuto fare come la Fda in America: sospendere Moderna e “somministrare come booster solo Pfizer”. A parte il fatto che altre importanti autorità di paesi europei, come Francia e Germania, hanno autorizzato la terza dose completa di Moderna come l’Italia, ma nel ragionamento dei colleghi di “Report” c’è un salto logico. Perché, come per Moderna, anche nel caso di Pfizer “l’Ema non aveva autorizzato la mezza dose, certo, ma non aveva autorizzato neppure quella intera”. L’autorizzazione, per Pfizer, arriva solo il 4 ottobre. Quindi, seguendo la logica dei colleghi di “Report”, in Italia saremmo dovuti partire con la terza dose con un mese di ritardo, mettendo così a rischio la vita delle persone più fragili. Aifa e ministero, invece, hanno saggiamente deciso di non attendere e hanno autorizzato la terza dose off-label, secondo la legge 648/96, perché i rischi del mancato richiamo erano notevolmente superiori a quelli teorici dei potenziali effetti avversi di una mezza dose in più somministrata a chi, peraltro, ne ha già fatte due intere e ravvicinate senza problemi..
L’incoerenza alla base del servizio di “Report” è che da un lato si dice che le autorità sanitarie e i governi non debbano fidarsi più di tanto di ciò che dice Big Pharma sulla “terza dose” perché quello è il suo “business”, e dall’altro che avrebbero dovuto prendere una decisione esclusivamente sulla base di una comunicazione di Moderna, e prima dell’esame dell’Ema. Aifa e ministero della Salute hanno invece preso una decisione, in scienza e coscienza, che sulla base delle evidenze scientifiche allora disponibili era pienamente razionale e non ha messo a rischio la salute degli anziani, anzi l’ha protetta. Gli eventuali maggiori effetti avversi, che non sono emersi in misura anomala con il booster a dose intera, infatti riguardano l’emergere di miocarditi in casi molto rari nei giovanissimi e non negli anziani.
Purtroppo il messaggio che è passato è che a migliaia di pazienti anziani sia stato somministrato “per errore” un sovradosaggio di vaccino che avrebbe messo a rischio la loro salute. Non è così. È proprio questo tipo di sensazionalismo, su una questione tanto specifica quanto marginale, che rischia di alimentare una sfiducia del tutto ingiustificata nella campagna di vaccinazione.