Giuseppe Conte (LaPresse)

Lettere

La parabola di Conte, da avvocato del popolo ad avvocato dei lottizzatori

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - “Sono sinceramente grato a Paolo Cirino Pomicino per l’affascinante pagina letteraria che ha voluto dedicarmi sul Foglio di ieri. Egli è certamente in buona fede e quindi posso prevedere che a lui accadrà quanto accadde al presidente Cossiga. L’ex capo dello stato, dopo avermi ripetutamente qualificato come Il piccolo Viscinski ebbe a riconoscere: “Qualche scusa gli va fatta” (La Repubblica, 3 dicembre 2000). Molto cordialmente. 
Luciano Violante


Al direttore - Rai: ballando nelle stalle.
Guelfo Guelfi

A proposito di Rai. Deliziosa escalation del M5s ricordata da Pietro Salvatori su Twitter. Anno 2013: i 5 stelle protestano contro la lottizzazione della Rai. Anno 2021: i 5 stelle protestano per non essere stati coinvolti nella lottizzazione della Rai. Aggiungiamo. Anno 2018: Conte avvocato del popolo. Anno 2021: Conte avvocato dei lottizzatori. Slurp. 


Al direttore - Tanti anni fa, quando ero segretario generale di un’importante federazione dell’industria, uno dei miei partner mi comunicò di aver concordato con la controparte una quota di servizio straordinaria per un rinnovo contrattuale appena concluso. Io risposi che la mia organizzazione non avrebbe preso la sua quota perché non voleva avere rapporti di questo tipo con i datori. Alcuni mesi dopo ebbi il sentore che la parte riservata a noi se la fossero spartita le due federazioni consorelle. È più o meno ciò che è capitato a Conte con le direzioni dei tg.
Giuliano Cazzola


Al direttore - Arrivare a sostenere, come ha fatto un prelato che a favore di telecamera ha detto – testuale – “uccidevano deliberatamente i contagiati per farci accettare le mascherine, lockdown e coprifuoco” (naturalmente ben guardandosi dal fare nomi o produrre uno straccio di prova se no che complotto è, e ci fermiamo qua per carità cristiana), la dice lunga sul grado di impazzimento generale che la pandemia ha prodotto tra i suoi molteplici effetti collaterali. Ora qui nessuno si sogna neanche lontanamente di accendere ceri a sua maestà la Scienza o a pendere dalle labbra dell’Esperto. C’è però un “però”. Ed è che a furia di dibattere siamo arrivati alla follia per cui tutti si sentono in diritto di dire la loro su cose di cui non hanno la benché minima competenza. “Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere”, diceva Wittgenstein. Dice niente? E allora tu puoi pure avere la tua legittima e sacrosanta opinione sui vaccini sul virus sui tamponi ecc., ma la domanda resta: hai sì o no titoli per parlare? Sei sì o no competente in materia? O pensi che siccome hai un cervello più o meno funzionante e siamo in democrazia basta questo per sentirsi autorizzati ad aprire bocca e dargli fiato? O a ritenere che la tua opinione possa (e magari debba) valere tanto quanto quella di chi di mestiere si occupa di virologia ecc. o di chi di mestiere è tenuto a prendere decisioni? E piantatela con la solita manfrina sulla libertà di parola e di pensiero e di critica. Ma non pigliamoci per i fondelli. Se io mi trovassi a una mostra d’arte contemporanea e mi imbattessi con l’artista che espone, al massimo potrei dirgli che questo o quel quadro mi piace di più o di meno di altri, mai e poi mai mi sognerei di intavolare una discussione su come si dipinge. Per il semplice motivo che di pittura non ne so nulla. Né mi sognerei di dare lezioni di tennis a Federer o di canto a Bocelli o di guida a Hamilton. Eppure, non passa giorno che non ci tocchi di essere afflitti da un assordante chiacchiericcio, da un implacabile e fastidioso rumore di sottofondo che non serve ad altro che a produrre inquinamento acustico. Quando non si tratti, come hanno giustamente stigmatizzato i vescovi italiani, di “manifestazioni di egoismo, indifferenza e irresponsabilità, caratterizzate spesso da una malintesa affermazione di libertà e da una distorta concezione dei diritti”. Praticamente, una pandemia nella pandemia. Solo che per questa non c’è vaccino. Urge qualcos’altro. 
Luca Del Pozzo

Per non avere imbecilli in televisione chiamati ogni giorno a parlare di virologia non serve però un vaccino: sarebbe sufficiente smetterla di invitarli.

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