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Tanto baccano per nulla sulle pensioni
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Tutti candidati a Roma 1. Poi dice che il centro non esiste.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Con il requisito anagrafico dei 67 anni (bloccato fino al 2024), l’Italia è ai primi posti della classifica europea per età legale richiesta per il pensionamento di vecchiaia. In effetti, come sottolinea un paper di Itinerari previdenziali firmato da Michaela Camilleri, le riforme messe in campo negli ultimi trent’anni, alzando l’età di pensionamento, hanno cercato sia di sanare alcune vistose anomalie (baby pensioni, prepensionamenti) che consentivano di andare in pensione con requisiti eccessivamente favorevoli (si pensi, per esempio, ai famosi 14 anni 6 mesi e 1 giorno dei dipendenti pubblici), sia di fronteggiare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione. Tanto che proprio l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita, unitamente alla revisione periodica dei coefficienti di trasformazione, rappresenta uno degli stabilizzatori automatici a garanzia della sostenibilità del sistema pensionistico. Posta l’asticella legale così in alto, a che età andiamo però effettivamente in pensione?
Spulciando tra i dati Ocse, scopriamo che, contrariamente a quello che sostengono i sindacati e la compagnia di giro di Salvini, il nostro paese non vanta alcun primato internazionale per età effettiva di pensionamento: tra il 2013 e il 2018 le lavoratrici italiane sono andate in pensione a un’età media effettiva di 61 anni e 5 mesi, contro una media Ocse di 63 anni e 7 mesi, posizionandosi alle spalle di Germania e Regno Unito (63,6); nello stesso periodo, gli uomini hanno registrato un’età media effettiva di 63 anni e 3 mesi, a fronte di una media Ocse pari a 65 anni e 4 mesi, spostando l’Italia ancora più in coda alla classifica. Questo perché, oltre alla vecchiaia, il nostro sistema prevede un secondo canale di accesso al pensionamento, ossia la pensione anticipata, i cui requisiti contributivi sono bloccati a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne fino al 2026. Senza considerare, inoltre, l’introduzione di una serie di misure ulteriori che consentono di anticipare la pensione rispetto all’età pensionabile: Opzione donna, Ape sociale, sospensione o assegno di esodo, grazie al quale il lavoratore può andare in pensione con sette anni di anticipo a spese dell’azienda di cui è dipendente. Insomma, tanto baccano per nulla (o quasi).
Michele Magno