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Non è il governo a imporre lo stato d'emergenza. E' la pandemia
Le lettere al direttore del 16 dicembre 2021
Al direttore - Allo sciopero generale di oggi non manca nulla. E’ arrivato anche il sostegno dei soliti intellettuali: quelli che – diceva Elio Vittorini – sono sempre pronti a suonare il piffero della rivoluzione.
Giuliano Cazzola
Sciopero assurdo, sì, ma è assurdo anche non capire che sono solo i paesi in salute, seppure in emergenza, che possono permettersi uno sciopero. Beati noi.
Al direttore - Non resisto, caro Cerasa. Ricordo questa frase di Salvini, circa un anno fa. “Chi vuole prorogare lo stato d’emergenza è un nemico dell’Italia e degli italiani, perché ammazza l’economia”. Era il 23 luglio 2020. Un anno e mezzo dopo, il partito di Salvini dirà di sì al prolungamento dello stato d’emergenza.
Luca Marroni
Direi bene così. Anche perché il punto mi sembra piuttosto chiaro: l’emergenza non è creata dallo stato, in modo artificioso, ma è creata dalla pandemia, e ad alimentare la paura non è lo stato d’emergenza: è, purtroppo, ancora il Covid. Viva i populisti che cambiano idea (chissà per quanto).
Al direttore - Domandona: se lo sciopero generale risultasse un clamoroso flop il Landini e il Bombardieri sarebbero tenuti a dimettersi prima o dopo il santo Natale?
Valerio Gironi
Al direttore - A un certo punto de “Il sale della terra”, libro-intervista del 1997 che l’allora card. Ratzinger realizzò con Peter Seewald, riflettendo sul distacco della cultura contemporanea dai valori cristiani, il futuro Papa parla di uno “strano consenso dell’esistenza moderna”. Richiesto di chiarire meglio il significato dell’espressione, Ratzinger dice che si tratta di questo: “Dio non conta nella vita degli uomini. Se c’è, in ogni caso non ha niente a che fare con noi – è questa, di fatto, la massima generale. Lui non si occupa di noi, noi non ci occupiamo di lui. Di conseguenza anche la domanda sulla vita eterna non conta nulla”. Come si vede, è il tema tanto caro all’allora prefetto dell’ex Sant’uffizio e su cui tornerà più volte durante gli anni del pontificato, dell’etsi Deus non daretur, del vivere cioè come se Dio non ci fosse. Ancor più interessante, anche in rapporto all’attualità, è però ciò che Ratzinger aggiunge subito dopo. La conseguenza del fatto che la domanda sulla vita eterna non conta più nulla è che “la responsabilità dinanzi a Dio e al suo giudizio è sostituita dalla responsabilità davanti alla storia, all’umanità. Ne derivano dei criteri morali che vengono portati avanti addirittura con un certo fanatismo, come, per esempio, la battaglia contro la sovrappopolazione, abbinata alla battaglia generale per il mantenimento dell’equilibrio biologico. Ma, allo stesso tempo, ciò significa che è permesso tutto quello che non è in concorrenza con questo”. Allora, riassumendo: a) laddove Dio scompare dall’orizzonte valoriale di una società, ecco che appare il fanatismo (e già qua siamo agli antipodi della tesi che associa il fanatismo alle credenze religiose, uno a zero e palla al centro); b) c’è un legame tra lotta contro la sovrappopolazione e il “mantenimento dell’equilibrio biologico”, ossia tutto ciò che oggi rientra nella vasta gamma delle politiche di salvaguardia del pianeta cosiddette; c) si può fare tutto purché non contrasti con questi “dogmi” laici (che è il ritratto esatto della dittatura del politically correct e sue varianti woke e cancel culture). Ora tenuto conto che Ratzinger rinveniva nell’abbandono di Dio l’origine di certo “fanatismo” etico-morale, e tenuto conto dello “strano consenso”, sempre per rifarci a Ratzinger, tra l’ecologismo mainstream che dire fanatico è dire poco (si legga in proposito “Il dio verde”, splendido saggio di Giulio Meotti) e la sensibilità ecclesiale odierna sulle tematiche ambientali, se tanto mi dà tanto tutto ciò cos’altro significa se non che Dio sta scomparendo anche dall’orizzonte ecclesiale?
Luca Del Pozzo