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I numeri parlano chiaro: sfidare il partito unico della Dad è un dovere
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Giuseppe Conte fa marcia indietro: i Cinque stelle potranno tornare nei programmi Rai. Il quinto potere logora chi non ce l’ha.
Vincenzo Clemeno
Penultimatum fu.
Al direttore - Farebbero bene i sostenitori di Silvio Berlusconi a evitare di ricorrere all’argomento che, con Draghi al Quirinale, sarebbe inevitabile il voto anticipato. Evitarlo, considerato che allo scioglimento delle Camere si giungerebbe certamente se la candidatura del Cavaliere trovasse il sostegno politico e il conforto dei numeri. Insomma, per evitare la fine anticipata della legislatura occorre un’intesa perlomeno tra le forze della maggioranza che sostiene il governo Draghi. L’intesa che appare ancora possibile dovrebbe comportare l’elezione di Mario Draghi al Quirinale e insieme la disponibilità ad affidare la guida del governo, nell’anno che ci separa dalle elezioni del 2023, a una figura proposta dalle forze di centrodestra. Una figura che proseguisse il lavoro già avviato dal governo Draghi. Al punto cui sono giunte le cose mi pare questa l’unica strada per tentare di evitare il caos. Letta ha ragione: non è il tempo del muro contro muro per l’elezione del presidente della Repubblica. Non lo è nemmeno per la scelta, nella eventualità dell’elezione di Draghi al Quirinale, del presidente del Consiglio.
Umberto Ranieri
Affascinante ma cespuglioso. Per andare al Quirinale, Draghi deve dare garanzie di governabilità al Parlamento. E un governo guidato da un volto del centrodestra, in questo Parlamento, mi sembra tutto tranne che una garanzia di governabilità.
Al direttore - Spero che nei corsi universitari di Tomaso Montanari ad applicare la Dad siano gli studenti.
Giuliano Cazzola
A proposito di Dad. Dati sulla riapertura delle scuole. Assenti il 6 per cento dei docenti e il 4,5 per cento degli studenti. Con questi numeri, sfidare il partito unico della Dad, per il governo, non era un diritto: era semplicemente un dovere.
Al direttore - Caro Cerasa, a proposito della sua proposta di ieri di rivedere i criteri con cui il governo comunica l'evoluzione della pandemia credo ci sia un dato interessante che meriterebbe attenzione. Ho letto che, secondo uno studio realizzato dalla Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere, il 34 per cento dei pazienti positivi ricoverati non è malato Covid, nel senso che “non è in ospedale per sindromi respiratorie o polmonari e non ha sviluppato la malattia da Covid ma richiede assistenza sanitaria per altre patologie e al momento del tampone pre ricovero risulta positivo al Sars-Cov-2”. Uno su tre, dunque, sia pur con infezione accertata al virus Sars-Cov-2, leggo ancora dallo studio, viene ospedalizzato per curare tutt’altro: traumi, infarti, emorragie, scompensi, tumori. Mi chiedo allora: ha ancora senso il bollettino quotidiano dei contagi per capire la gravità o meno della pandemia?
Luca Martini
Non ha molto senso. Come dice il professor Matteo Bassetti, “oggi la cosa importante sarebbe sapere quanta gente entra in ospedale con la polmonite da Covid e quanta gente invece entra in ospedale per altre patologie e ha un tampone positivo”. Non è semplice, ma ci si può provare.