Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo (foto EPA)

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I buoni auspici del voto a Strasburgo in vista di quello per il Colle

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - La presidente Roberta Metsola è stata eletta al primo scrutinio con una larga maggioranza nonostante si dichiari antiabortista (un grave reato di opinione in Europa). L’Europarlamento è diventato meno settario. Rocco Buttiglione fu bocciato con disonore nel ruolo di commissario perché, a domanda specifica, aveva risposto di considerare peccatore un omosessuale.
Giuliano Cazzola 

A proposito di Metsola. Nel 2019 l’elezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea (con il sì a sorpresa del M5s) contribuì a favorire un rimescolamento della maggioranza in Italia. Nel 2022, l’elezione del nuovo presidente del Parlamento europeo, avvenuta con i voti di Lega e FdI, oltre a quelli di Pd, FI e Iv, potrebbe essere il preludio per la nascita di una maggioranza simile. Non per il governo, ma per il Quirinale. Indovinate con chi. 



Al direttore - Nel suo pezzo di ieri, Simone Canettieri afferma: “Bettini, per la cronaca, pare che abbia cambiato nuovamente posizione. Anche lui ora è per Draghi”. Non so per quale motivo Canettieri abbia avuto tale sensazione. Per me valgono i testi. Sulla presidenza della Repubblica ho scritto tre articoli (uno sul Foglio, uno su Tpi, uno sul Corriere della Sera) e ho rilasciato un’intervista televisiva a Barbara Palombelli. In tutte le occasioni ho ribadito le stesse convinzioni. Primo, che Draghi naturalmente dovrebbe rimanere a svolgere il suo ruolo di primo ministro, perché l’emergenza non è finita. Secondo, spetta dunque alla politica fare un passo in avanti e trovare una soluzione autorevolissima, democratica, europeista in grado di avere un’ampia maggioranza di consensi. La politica, cioè, deve avanzare una iniziativa coraggiosa. Terzo, se la politica non sarà in grado di fare ciò, resta la possibilità solo per due grandi personalità di garanzia che hanno testimoniato le loro qualità: nel corso di sette anni, il presidente Mattarella e di un anno e mezzo il capo del governo, Draghi. Un caro saluto.
Goffredo Bettini


 

Al direttore - La somma delle percentuali di chi vorrebbe Draghi al Quirinale e di chi lo vorrebbe a Palazzo Chigi è probabilmente 100: e ciò che secondo me li accomuna è che tutti considerano il prestigio e l’autorevolezza che ha accumulato nei vari incarichi ricoperti nella sua vita, come il valore che ci protegge dalle nostre debolezze, a partire dal debito. Ma allora dovrebbe essere evidente che questo lo si ottiene meglio dal Quirinale per sette anni piuttosto che da Palazzo Chigi in 14 mesi di prevedibile campagna elettorale. E poi, in un caso e nell’altro, a quali condizioni? Se si tratta della presidenza della Repubblica è chiaro che, se il fine è quello di proteggerci, è diverso se l’elezione avviene dopo una serie di votazioni andate a vuoto, oppure con un rapido e largo consenso. E allora perché non nominarlo alla prima votazione utile? Se invece, per qualche ragione a me incomprensibile, si trattasse di Palazzo Chigi, quale e di quali intendimenti sarà la maggioranza di governo? Già sarà difficile ricomporne una dopo i sospetti e le divisioni di questi giorni; e poi la proposta di Salvini che nel prossimo governo entrino i leader di tutti i partiti che lo sostengono, la dice lunga su che cosa si debba intendere per governo politico. Draghi ha dovuto fare sovente ricorso alla sua capacità di mediazione: a volte questo ha significato cedere, sul Superbonus, sui bagnini a vita, sulle quote 102-104, sul Reddito di cittadinanza, sul cashback, sul rosario dei bonus, e via mediando. Allora c’era l’assoluta necessità di evitare una crisi di governo in prossimità dell’elezione del presidente. Adesso invece le mediazioni al ribasso sarebbero un vulnus al patrimonio di prestigio e di autorevolezza che ci protegge e che dobbiamo proteggere. Che questo non accada nessuno può garantirlo, che accada sono invece in molti a temerlo. Una ragione in più per mandare Draghi al Quirinale: alla prima votazione.
Franco Debenedetti 

E’ quello che stanno provando a fare gli azionisti del PdD (Partito di Draghi) ed è quello che potrebbe accadere se entro lunedì (la prima chiamata per le votazioni è alle 15) i leader politici avranno trovato un accordo blindato per il governo del futuro. Non probabile, ma non impossibile.
 

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