Quanti punti ha perso il draghicidio nei sondaggi. Viva Giuliano!
Al direttore - Per una volta che bastava dare retta al Foglio.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - No Draghi, no party.
Michele Magno
E chissà nei sondaggi quanti punti in meno vale il draghicidio.
Al direttore - Draghi è solo. Una pagina amara della storia repubblicana. Molti i responsabili. Gli estremismi beceri di chi punta a presentare il governo guidato da Mario Draghi come una sospensione della democrazia, subordinato alla grande finanza internazionale. La paura di chi sostiene che eletto Draghi al Quirinale lo scioglimento delle Camere sia inevitabile. L’ipocrisia di chi dichiara la necessità assoluta per i prossimi dieci mesi di Draghi a Palazzo Chigi (che dovrà tuttavia lasciare tra un anno dopo le elezioni). La pretesa di alcuni per i quali Draghi dovrebbe impegnarsi nelle dispute sulla distribuzione dei ministeri del governo cui dare vita dopo la sua elezione al Quirinale. In realtà non si vuole presidente della Repubblica un leader politico competente ed estraneo alle tradizionali pratiche cui è aduso il ceto politico italiano da tempo. Il paese rischia di privarsi in un frangente difficile per gli italiani di una personalità come Mario Draghi. Voglia il cielo che le conseguenze di questa condotta non siano pagate dall’Italia.
Umberto Ranieri
Al direttore - Caro Cerasa, voglio esprimere il mio in bocca al lupo a Giuliano Ferrara, che stimo. Auguro ogni bene a lei e al Foglio che, per ricerca, rigore e varietà di voci, considero un faro. Cordiali saluti.
Clara Rodella
Grazie. Niente di grave, per fortuna. Viva Giuliano.
Al direttore - Caro direttore, è senz’altro condivisibile il commento del Foglio sull’inflazione quale fonte di un dilemma per le banche centrali. Bisogna comunque avere presente che, nel caso della Bce, l’unico mandato a essa conferito dal Trattato Ue è il mantenimento della stabilità dei prezzi definita secondo il target dell’inflazione del 2 per cento simmetrico, a differenza della Fed che, invece, ha anche la missione del sostegno all’occupazione. Allora vi è da ritenere che le ripetute affermazioni sul carattere transitorio dell’aumento dei prezzi, destinato al rientro (anche se un po’ spostato in avanti rispetto alle stime iniziali) impegnino decisamente il vertice della Bce: un errore nelle previsioni e nelle conseguenze che se ne traggono in termini operativi non sarebbe facilmente scusabile, innanzitutto da parte dei paesi cosiddetti frugali. Vi è una responsabilità pure del banchiere centrale, che bilancia la sua autonomia e indipendenza. A lui non è consentito pensare a lungo in maniera dilemmatica. Si ricorda sempre l’errore di Trichet, come ha fatto il Foglio, per la restrizione monetaria del 2011. Quella decisione, però, fu opera dell’intero consiglio direttivo, con il concorso, dunque, di tutti i governatori della banche centrali nazionali. In ogni caso, quell’errore costituisce un monito perché non siano commessi errori non solo con il “facere” (la restrizione), ma anche con il “non facere” (mantenere misure accomodanti se e quando si dovessero, invece, ridurre). Con i migliori saluti.
Angelo De Mattia