Vladimir Putin (LaPresse)

Lettere

Putin è terrorizzato dal “contagio” democratico. Leggere Applebaum

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - “L’Urss è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma”: così Winston Churchill, in un discorso radiotrasmesso il 1° ottobre 1939, definiva il regime staliniano dopo la spartizione militare della Polonia con la Germania di Hitler. In qualche misura, lo stesso si può dire della Russia di Vladimir Putin sullo scacchiere ucraino. Non è invece un rebus un punto su cui, nella sua ascesa al potere, l’ex ufficiale del Kgb è tornato più volte: la fine certificata dell’èra liberaldemocratica nel mondo contemporaneo (idea espressa con inusitata franchezza in una famosa intervista al Financial Times del luglio 2019). Riflettendo su questo punto, un volumetto di Vittorio Strada si chiude con un’illuminante osservazione di carattere storico, ma aperta sul presente (“Impero e rivoluzione”, il Mulino, 2017). Secondo l’eminente slavista, alla radice della “ideologia russa” c’è una formula triadica, elaborata per la prima volta nel 1832 dal ministro dell’Istruzione Sergej Uvarov: Trono (lo stato autocratico), Altare (la Chiesa ortodossa), Popolo (lo Spirito nazionale). Dopo l’Ottobre ne seguì un’altra: Marxismo-leninismo, Partito comunista, Popolo sovietico. Attualmente il posto per una nuova triade è vacante né può occuparlo il terzetto “autoritarismo, nazionalismo, militarismo”, con cui si è soliti designare il regime putiniano. Infatti oggi l’impero è nudo. L’unico vestito “è il retaggio glorioso degli imperi zarista e comunista, da Ivan il Terribile e Pietro il Grande a Stalin, che portò la potenza russa al suo apogeo in senso territoriale e ideale, e la cui opera va continuata rimediando al disastro provocato da ‘riformatori’ come Kruscev e Gorbaciov (e, peggio ancora, Eltsin)”. A foggiare il nuovo abito dell’imperatore sul modello dell’antico provvede attualmente un atelier di intellettuali che godono del monopolio dei mezzi d’informazione e dell’appoggio della Chiesa ortodossa, che tende a fare del cristianesimo orientale una religione nazionale di stato. La veste è però fatta, sostiene Strada, di un tessuto trasparente che “vela a stento la nudità, a differenza dei paludamenti dei grandi imperi del passato”. Insomma, Putin ha il gas ed è un abile pokerista, ma “se non vuoi problemi con l’orso russo, non mostrare né paura né aggressività” (proverbio inuit). L’occidente saprà fare tesoro dell’antica saggezza degli eschimesi? 
Michele Magno
 
Alla saggezza degli eschimesi andrebbe aggiunta anche quella di Anne Applebaum, che in una bellissima intervista  rilasciata ieri al Point ha offerto un altro elemento di riflessione per provare a capire qualcosa in più sul possibile conflitto tra Russia e Ucraina. Per Putin, dice Applebaum, l’Ucraina non è cruciale solo per i suoi possibili rapporti con la Nato, ma è cruciale anche perché l’Ucraina vuole essere qualcos’altro dalla Russia: una democrazia in stile occidentale, integrata nelle istituzioni occidentali. Per Putin, dice Applebaum, questa è una sfida ideologica del tutto inaccettabile. L’Ucraina, in quanto paese culturalmente vicino alla Russia, non può diventare una democrazia o uno stato di diritto completo. Se fosse così, il contagio rischierebbe di arrivare fino alla Russia. E’ la democrazia, bellezza.


Al direttore - Milena Gabanelli ha chiesto al ministro Roberto Cingolani: “Nel 2050 consumeremo 650 terawattora di energia (oggi ne consumiamo 300). Quindi più del doppio. Basteranno le rinnovabili?”. Domanda chiave. Replica del ministro: “Non dovremo avere alcuna preclusione tecnologica sull’energia”. Risposta chiave. Salvo un dettaglio. Il ministro coniuga il verbo al futuro e, infatti, aggiunge: “Fra 10 anni dovremo pensarci”. Eh, no, caro  ministro: nell’energia, quello che succede fra dieci anni va preparato adesso. Lasciare decisioni strategiche ai futuri governi non è prova di buon governo. In tv sul nucleare imperversa il futurologo Jacopo Fo che   dice: “Il nucleare è inutile perché per costruire una centrale occorrono… 10 anni”. Ecco, appunto, pensiamoci per tempo.
Umberto Minopoli

Di più su questi argomenti: